Ma quanto tempo è passato da quando ho scritto l’ultimo articolo per Bergamo & Sport? Forse due mesi, non che ci fossero problemi con la direzione, anzi mi hanno assegnato compiti speciali e mi hanno regalato un viaggio premio in Oriente, tutto pagato, tutto in prima classe, grazie MMM (Matteo, Monica e Marco), grazie, mi piace un casino che mi mandate in giro per il mondo.
Nel settore della produzione dell’abbigliamento sportivo, novembre è un mese particolare, si viaggia per visitare le fiere internazionali e si valuta cosa proporre tra dieci mesi al mercato nazionale. Vi sembreranno tempi lunghi ma se chiedete al vostro negoziante sportivo di fiducia (se è la ONIS andate sul sicuro e mi fate contento) vi confermerà che ad esempio le scarpe da calcio dei grandi marchi che producono in Oriente, che trovate in negozio a luglio, sono state ordinate sette mesi prima.
La partenza è come al solito incasinata: abito a Zanica, lavoro in 4 sedi diverse: alla Onis a Spirano, alla Onis Swiss nel Canton Grigioni a Grono in Svizzera, alla Onis Martigny nel Canton Wallis, sempre in Svizzera, e nella nuova filiale della Onis Istanbul in Turchia. Prima di partire devo fare il giro degli uffici e magari dare anche un bacio a mia moglie Monica, salutare mio figlio umano Andrea e i miei due figli adottivi pelosi: Aldo e Pinny (home labrador).
L’aereo per Hong Kong via Istanbul parte domenica mattina ma io esco di casa il mercoledì, faccio il giro dei tre uffici tra Bergamo e la Svizzera e domenica mattina sono pronto: prima tappa Istanbul.
Quando viaggio con la famiglia per le vacanze (siamo in 9 persone) non ci penso un attimo: economy class, poi tanto ci si fa un paio di settimane di pieno relax, invece quando viaggio per lavoro non mi faccio mancare niente: business class, hotel a 5 stelle, taxi e via dicendo.
Il viaggio di lavoro è frenetico, stressante, ti manca sempre il tempo e, se poi viaggi solo come faccio io, ti girano le balle che non puoi nemmeno condividere le emozioni della giornata con nessuno, certo puoi socializzare con i locali ma «laga pert che l’è mei».
Il volo Milano-Istanbul dura circa tre ore, partendo alle 8 e calcolando l’ora di fuso si arriva nella vecchia Costantinopoli alle 12. Colgo l’occasione per incontrare i miei collaboratori e verificare a che punto sono le nostre produzioni. Alle 16 ho già definito il tutto e sono libero per circa otto ore, mi faccio accompagnare in centro a Sultanhamet e passeggio per la vecchia città. Ho bisogno di radermi e tagliare i capelli, mi infilo nella prima traversa e subito trovo un barbiere. Il servizio è impeccabile, è un viaggio nel tempo, rasoio affilato, pettine e forbici ma prima di tutto il rito della pulizia dei peli del naso e delle orecchie. Murat Alagoz Yakin Abdullah Mahhallesi (il mio parrucchiere di fiducia) imbeve dei coton fioc nella benzina e me li infila nello stesso tempo nel naso e nelle orecchie e gli dà fuoco. Poi procede al taglio di barba e capelli. Massaggio del viso, creme e oli bizantini e sono pronto per tornare in aeroporto.
Sono le 20 di domenica sera, il mio volo per Hong Kong parte alle 24 nella Business Lodge della Turkish Airlines. Prenoto un massaggio (gratuito), mi doccio e ceno. E senza accorgermi è arrivata l’ora dell’imbarco.

La Cina è vicina
Il volo dura dodici ore ma la poltrona letto ha fatto il suo dovere, arrivo a Hong Kong che sono le 16 del pomeriggio ora locale (7 ore avanti all’Italia), fresco e riposato. Mi devo ambientare, in taxi raggiungo il mio hotel in pieno centro e subito mi accorgo che la città è fantastica e caotica. Ho già visitato grandi città in oltre 30 nazioni ma ogni volta che arrivo in un posto nuovo provo un’emozione particolare. Poi mentre conosci la città ti accorgi che ha tante caratteristiche in comune con altre località a migliaia di chilometri, sotto certi aspetti Hong Kong è simile a Rio De Janeiro, a Mosca o a Buenos Aires. Ti accorgi che Bergamo è paragonabile a un piccolo quartiere, ti rendi conto di quanto sia bella e intima Bergamo ma di quanto ti possa offrire e far crescere mentalmente una metropoli, beh è un bel casino.
Arrivo in hotel ed è una piacevole sorpresa, la camera è al 49° piano con una bellissima vista sulla città, misura oltre 40 metri quadri e il bagno dotato di vasca idromassaggio ha una vetrata verso l’interno della camera e una verso la città, forse ci hanno girato qualche film porno ma che spettacolo. Il prezzo poi non è assolutamente paragonabile alle topaie che ci rifilano in certe località italiane, ho pagato l’equivalente di 80 euro colazione compresa.
La prima sera cerco subito di capire come raggiungere le sedi dei miei appuntamenti del giorno dopo: la fiera del merchandising e la sede delle due fabbriche che devo visitare. Individuato e definito il percorso per l’indomani organizzo il tempo libero e mi informo sugli orari di apertura di quello che mi piace più di tutto quando viaggio: i mercati di strada.
Per cena scelgo di farmi portare in taxi al mercato del pesce, di solito i mercati alimentari sono aperti 24 ore tutti i giorni dell’anno e se selezioni un attimo i locali trovi di certo quello giusto, magari quello che ti serve un’aragosta alla griglia e una birra a canna per 2 euro.
La cucina italiana? Buona ma a casa nostra, in viaggio rispetto e amo la cucina e la cultura locale, a volte mangio bene a volte male, ma ho sempre ricordi indelebili, un mix di fascino e scenografia indescrivibili.
Dopo cena scelgo di fare due passi a piedi (poi si sono rivelati circa 5 km) attraverso vari quartieri e in mezzo ai grattacieli scopro diversi impianti sportivi, in pochi giocano a calcio. Mi fermo nel quartiere di Wan Chai dove si stanno affrontando a basket una decina di squadre giovanili, è suggestivo vedere il rettangolo di gioco contornato da enormi palazzi con la tribuna piena, le cheerleaders, il deejay, i banchetti che propongono ogni tipo di cibo, le famiglie intere con i rappresentanti di 4 generazioni.
Posso andare a dormire, chiamata a mia moglie con Viber, Skype, What’s Up e poi a letto.
Ci sono 27 gradi (a casa invece mi dicono che siamo vicini allo zero), il mio bagaglio è ridotto, un trolley da imbarco e stop, poi qui mi comprerò due mega valigioni e li riempirò di tutto un po’.
Qui a Hong Kong mi fermo solo 4 giorni, la sveglia è alle 6.30, colazione che sembra un pranzo di Natale (salmone, orata, ostriche, uova, bacon, marmellate e frutta fresca, centrifughe varie) faccio schifo, lo so ma devo arrivare a sera dato che non ho tempo per la pausa di mezzogiorno, meglio infognarmi all’alba.
Sono pronto ad affrontare la giornata che prevede circa dieci km a piedi tra fiera, fabbriche e tour della città.
Vado in fiera, visito due fabbriche e alle 16.30 sono di ritorno in città, libero da impegni mi dedico a fare il turista.
La metro la uso per i trasferimenti brevi in città, utilizzare il taxi è da suicidio, il traffico è impressionante tanto che ti può capitare di stare in macchina un’ora per percorrere 700 metri, il modo migliore per visitare la città è camminare, basta organizzarsi: bermuda, t-shirt, felpa, sneakers e un bello zainetto porta tutto.
Sono indeciso se fare acquisti ad Hong kong o se aspettare qualche giorno e farli poi a Guangzhou in China, l’istinto mi dice: «Cazzo aspetti, prendi adesso, chi ti dice che poi trovi le stesse cose??».
Visito tre mercati e sono attratto da tutto, alcune cose sono delle painate pazzesche (come lo scoreggiometro: è una sorta di impianto radio con diffusore di fumo per simulare scoreggie dei tuoi ospiti sul divano: una stronzata incredibile) altre invece sono delle chicche che vuoi avere assolutamente. Il mio shopping parte con una decina di chiavette USB, borse in pelle, qualche felpa, un pigiama. Per farvi capire i prezzi: compro un paio di guanti in pelle, chiedo il prezzo: 2,50 euro, me ne dia 6 paia (a qualcuno li regalerò, alla Onis siamo più di 20). Di bancarella in bancarella riempio una decina di sacchetti e non sono riuscito a spendere 100 euro, che bel campà. Si torna in hotel.
Altro giorno in fiera e fabbriche, giro per la città e mercati. Vengo invitato a cena da un amico, Roberto un ragazzo italiano sposato con una polacca con due figli hongkoniani. Lui è direttore di una multinazionale con sede principale a Milano, ha l’ufficio a Hong Kong e dirige una fabbrica a Shenzhen (distante circa 40 km da HK). Immaginavo vivesse in una villetta a schiera stile americano invece il tassista mi porta in un quartiere residenziale dove ci sono una ventina di megacondomini. Salgo al 26° piano (circa a metà palazzo), i primi quattro piani sono attivi al 100%: banche, posta, negozi, palestra, scuola, centro benessere, piscina ecc.
Roberto vive in un appartamento di 75mq pagato 1.200.000,00 euro. Nel palazzo vivono circa 11.000 persone. Praticamente il suo quartiere composto da venti palazzi conta oltre 200.000 abitanti. Pazzesco.
La cena la ordiniamo alla reception del palazzo e ci arriva dopo circa 15 minuti, tre camerieri del ristorante sotto di 22 piani ci apparecchiano la tavola e uno di loro si ferma per il servizio. Ho offerto io, un po’ spaventato perché rapportavo il prezzo dell’appartamento al costo della cena per 5 persone, invece poi ho speso l’equivalente di 42,00 euro tutto compreso. A saperlo prima gli pagavo anche la cena della sera dopo.
L’ultimo giorno a HK mi faccio portare in taxi sulla collina che domina la città, scatto qualche foto, faccio la comparsa per un film del posto (gli serviva un faccione europeo, ho il filmato che testimonia la mia presenza nel film), scendo in funicolare fino in centro, mi faccio un ultimo giro e poi mi dirigo in stazione per un viaggio in treno da HK a Guangzhou, vado da Marcello Lippi.
La Cina, Guangzhou oppure Canton oppure Guangiù oppure Gangiò, sta città ognuno la chiama a modo suo è nessuno la riconosce con il nome che la chiamano gli altri, bona, ho capito che qui è un’altra storia.
Il primo tassista non si scorda mai, non parla nessuna lingua, nemmeno la sua, per raggiungere l’hotel ci abbiamo messo due ore, sto sfigato mi ha anche inserito una tappa in un hotel chiuso da almeno dieci anni e abitato da abusivi.
Appena arrivo in hotel (fantastico anche questo) mi organizzo subito: in reception mi faccio dare una ventina di biglietti da visita dell’hotel, su alcuni gli faccio scrivere in cinese «portami in hotel a questo indirizzo», su altri sempre in cinese gli faccio scrivere «portami al mercato di…», «portami al Pearl River» ecc. Così facendo ho risparmiato ore che sicuramente avrei perso girando a vuoto. È pomeriggio e decido di comprarmi un telefono cinese con una ricaricabile, memorizzo il numero dell’hotel per evenienze e lo uso più che altro per le guide in internet. È una bellissima giornata ma per vedere il sole devo salire all’ultimo piano dell’hotel, il 68°, in strada la mascherina è di moda, gli occhiali scuri non servono a niente. Per la cena mi faccio portare nel ristorante preferito di Lippi, me lo ha consigliato Conca, l’idolo argentino e capitano del Guangzhou Evergrande. Con due amici spagnoli conosciuti in hotel ci mettiamo circa mezz’ora per capire come funziona la cena: siamo in riva al fiume su una terrazza spettacolare, vista sui ponti che si illuminano cambiando colore ogni 30 secondi, sul fiume passano in continuazione battelli e velieri illuminati carichi di turisti da sbarco.

Una cena incredibile
La prassi per mangiare è questa, un mix tra self service e dalla Giuliana: ti siedi al tavolo e dopo qualche minuto arriva la cameriera vestita in stile Ming, ti consegna una lista foglio che sa di lista con delle caselle da compilare, il tutto scritto in cinese. A questo punto devi entrare nel ristorante che è grande come l’Oriocenter, ci sono circa trenta banconi con vasche di pesci, crostacei, rettili, scarafaggi, insetti ecc, un altro settore con animali vivi: polli, anatre, maialini, dei toponi mai visti, scimmie ecc. Tu giri allibito con il tuo foglio in mano e i vari commessi ti sgridano se non ti dai una mossa, devi scegliere cosa vuoi, come lo vuoi cucinato e il tutto senza aver capito quanto ti costa. Gli spagnoli sono in tilt e mi dicono: «Amigo pensaci tu, noi ordiniamo 3 cervezas», così decido io per tutti, ecco il menù che ho selezionato: un cazzone di mare cotto alla griglia e servito a fette, un set di 6 gamberoni giganti alla griglia, tre bistecchine di alligatore di Shanghai saltate in padella nel sake, una decina di scarabei fritti, capesante gratinate al forno, ostriche e tartufi di mare crudi, serpentello di risaia bollito, zuppa di tartaruga per tre. Contorno riso alla cantonese e ravioli al vapore.
Che dire, abbiamo mangiato tutto e bevuto un paio di birre a testa, abbiamo speso circa 10 euro a persona. Nel rientrare in hotel, sarà stata la birra o lo scarabeo fritto, fatto sta che ho dimenticato sul taxi il mio nuovo supertelefono cinese.
Non vi racconto della fiera, sarebbe palloso e non ve ne frega niente, vi racconto della serata successiva quando chiedo al tassista di turno di portarmi nel quartiere del porto, voglio vedere il mercato del pesce di Guangzhou, uno dei più grandi al mondo e quando il taxi parcheggia sono allibito: il mercato è più grande di Bergamo, ci vorrebbero 5 giorni per visitarlo tutto. Qui come in altre parti del mondo le vie commerciali sono divise per merceologie, mi capita spesso di vedere questa similitudine; via dei commercianti di ferramenta, trenta, quaranta, cinquanta negozi infilati uno vicino all’altro sui due lati della via. Nairobi, Istanbul, Buenos Aires, Mosca, Kingston, Port au Prince, Rio: tutti allo stesso modo, e la stessa cosa si ripete per le varie merceologie, dopo la via che vende articoli per merceria (bottoni e stoffe) inizia la via che vende macchine da cucire, poi quella dei pezzi di ricambio delle macchine da cucire e poi quella degli elettrodomestici ecc. ecc.
Quindi, nel mio caso al mercato del pesce di Guangzhou entro dalla via che vende principalmente cazzoni di mare, crostacei e granchi di mangrovia, percorro un paio di isolati e arrivo in una via dove vendono blocchi di ghiaccio, la via successiva è raccapricciante: pinne di squalo, fresche, essicate, lavorate, sottovuoto, solo pinne di squalo e del resto dell’animale nemmeno l’ombra. Proseguo fino alla via delle tarantole e insetti vari, una dedicata ai rettili dove gli alligatori e i serpenti vengono venduti sia vivi che a tranci. Scatto un po’ di foto ma noto che non sono gradite, quindi mi incammino e stanco decido di dare una mano a una famiglia che gestisce un ingrosso per la vendita di gamberetti. Il mio lavoro consiste nel dividere i gamberetti piccoli da quelli grandi, saranno due milioni di gamberi e qui li separano uno a uno, a mano. Saluto e dopo cinque minuti chiamo Conca, è in ritiro con la squadra per la finale di Champions League asiatica, mi dice che mister Lippi è teso, facciamo appuntamento io e lui per il giorno dopo.
Pranzo con Conca che mi racconta un po’ del calcio asiatico, prende una barca di soldi, abbiamo un amico in comune, Emiliano Dudar del Sion, e ha buoni ricordi di Denis, Maxi Moralez e Scaloni.
Mi invita a vedere l’allenamento ma io ho un volo interno da prendere, devo andare a Hangzhou oppure Hangiò oppure Hagiù o come cazzo la chiamano, è la città delle calze, sì perché se nel mondo ci sono le vie merceologiche, in Cina ci sono le regioni merceologiche, ad esempio Ningbo è la città degli ombrelli e Jingbo è la città delle pentole, Dongguan è la città dell’elettronica e così via.
Faccio due giorni a Hangzhou, anche qui visito un paio di fabbriche, mi infilo come abusivo in un matrimonio dove faccio la foto con gli sposi e la sera mi immergo nel traffico pedonale dei ristorantini di strada, qui mi faccio una scorpacciata di spiedini di granchi fritti, bevo sakè e finisco la serata con spiedini di frutta caramellata.

Il quartiere a luci rosse
Mi manca la visita al quartiere a luci rosse e poi ho visto tutto, e così sia. Ultima notte di ritorno a Guangzhou, mi faccio portare nel quartiere più squallido e pericoloso della città, ho lasciato tutto in hotel tranne qualche centinaio di yuan che mi servono per pagare taxi e cena. Quando visito quartieri del genere preferisco in caso di problemi consegnare tutto quello che ho e tornare in hotel in mutande. Per come l’ho visto io è bellissimo, ho immaginato di essere l’attore di un film degli anni 60, saluto le battone inguardabili posizionate sia sul marciapiede che alle finestre dei piani alti che ti chiamano invitandoti a provare le loro specialità, ti propongono il massaggio dai piedi alle orecchie. Cerco di intravedere l’interno dei locali malfamati, mi guardo spesso le spalle, non sono preoccupato ma essendo solo ho comunque un po’ di insicurezza che cerca di prendere il sopravvento ma poi penso che sono esperienze e luoghi da vivere. Continuo a camminare per le vie, poi trovo un locale con i tavoli all’aperto, tavoli per modo di dire, sgabelli con un pianale, mi fermo qui, ceno e bevo mentre osservo la gente che passeggia e tratta il piacere a pagamento.
Chissà se come premio partita per aver vinto la Champions asiatica Mister Lippi ha portato qui i suoi ragazzi, chiamerò Conca per saperne di più.
Un abbraccio
Sersao Rovesciato

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