di Evro Carosi (il Maestro)
La solita giornata di lavoro, la sera gli schiamazzi dei figli, le urla della moglie, le bollette da pagare e il rimpianto di un amore ormai lontano.  Giorgio, sfinito, si lascia cadere sulla poltrona. Il suo sguardo cade su un soldatino a cavallo dimenticato tra i libri: un cavaliere dell’esercito napoleonico, forse un ufficiale o addirittura un generale. Un regalo della nonna quando lui era ancora bambino che chissà come è ancora lì. Giorgio cercando di ricordare finisce per immaginare.
Il suo pensiero vola a molto tempo fa quando nel regno di Jolandia si svolgeva l’annuale corsa equestre riservata ai bambini. Chiunque poteva partecipare, anche il più povero, grazie alla bontà del Re Chimi e alla sua bellissima scuderia che, per l’occasione, apriva a tutti: magnifici destrieri sfilavano per la scelta e la gioia di quei piccini che non possedevano un proprio cavallo. Ciufy, figlio del giardiniere di corte, si aggiudicava tutte le corse staccando gli avversari di molte lunghezze. Udo, suo pari e figlio del re, tentò più volte di prevalere su di lui, facendosi assegnare il cavallo migliore, ma Ciufy avrebbe vinto anche in sella a un mulo ed i maldestri inganni di Udo risultarono vani. L’invincibile rivale era adorato da tutte le bambine del reame, compresa la bellissima e dolce Dalida, figlia del ricco stregone. La fama raggiunta dal bravo cavaliere finì per scatenare l’invidia di Udo, il quale oltre a mal sopportare di essere battuto da un bimbo del popolo, avrebbe voluto per sé l’amore di Dalida.
Re Chimi, invece, aveva una grande stima per Ciufy tanto che gli donò, con la sua terza vittoria, un bel cavallo bianco. In sella a quel dono Ciufy si recava ogni giorno a trovare Dalida che, nel frattempo, era diventata la sua fidanzatina.
Dopo la morte del vecchio re il piccolo Udo salì al trono e, nel disperato tentativo di essere amato dai piccoli sudditi più di Ciufy, promulgò una serie di leggi a favore dei bambini: le scuole furono vietate ed i genitori avrebbero dovuto spendere tutti i guadagni in giocattoli e divertimenti. Per i pochi adulti che osavano ribellarsi le pene erano severissime.
Il popolo di Jolandia era sempre stato rispettoso delle volontà del Re. Così la vita proseguì tranquillamente anche sotto questo strano regime, fino a quando Amina, la nonna di Ciufy, si ammalò. Il glorioso fantino, che pregava gli Dei affinché la sua amata nonnina guarisse, riuscì a convincere il padre ad utilizzare parte dei suoi pochi guadagni per comprare i costosi medicinali, anche se così facendo avrebbe trasgredito la legge reale. Scoperto dai gendarmi, l’uomo fu arrestato. Al piccolo re non parve vero di potersi liberare di Ciufy. Finalmente avrebbe potuto vincere tutte le corse e conquistare il cuore di Dalida. Cacciò quindi da corte il padre di Ciufy, condannandolo a trasferirsi con tutta la famiglia nella vicina Repubblica di Normalya. A nulla valsero le suppliche e le domande di grazia inviate al piccolo e crudele re. Così nonna Amina, rimasta priva di cure, morì durante il viaggio.
Per Ciufy e la sua famiglia l’esilio fu davvero duro. Non avendo né casa né lavoro, rischiarono di morire di fame e di stenti. Grazie al cielo, ogni mattina una mano sconosciuta lasciò fuori dalla loro tenda un sacchettino di seta rossa pieno di ceci secchi. Senza questo dono non avrebbero certo potuto sopravvivere.
Nel frattempo Udo cercò invano di conquistare Dalida. Il papà della bimba era un potente stregone e ogni volta che il perfido re si avvicinava alla loro casa, ricorreva alla magia per cacciarlo. A suon di ‘bacchetta’, uno dopo l’altro, Udo ed i suoi soldati cadevano da cavallo e le dolorose ferite li costringevano a rientrare a corte, allontanandoli così da quel luogo in cui erano indesiderati.
Il re, in assenza di Ciufy, iniziò almeno a vincere le corse e per festeggiare offriva ai suoi piccoli sudditi un mese di giochi e di festine. In quelle occasioni circhi e saltimbanchi arrivavano nella capitale da tutto il continente e ai bambini venivano distribuiti dolci, gelati e zucchero filato. Gli adulti, invece, erano costretti come servi a ramazzare la città cosparsa di rifiuti.
Un pomeriggio, durante i festeggiamenti, il Re Udo assisteva divertito a uno spettacolo di burattini. I bambini, che siano figli di re o di contadini, sono curiosi. Così, forte della sua autorità, Udo decise di andare dietro le quinte del teatrino per scoprirne i segreti. Infilatosi sotto il telone il piccolo malvagio si accorse meravigliato che a manovrare i burattini c’era, tra gli altri, la nonna di Ciufy e, non sapendo che quest’ultima fosse già morta, andò su tutte le furie. La condanna inflitta al padre di Ciufy parlava chiaro: tutta la famiglia non avrebbe più potuto tornare a Jolandia. Per compiacere il re, il capo burattinaio licenziò la nonnina, pagandola, come al solito, con un sacchettino di seta rossa pieno di ceci secchi.
Ma il piccolo e capriccioso dittatore, che tra i suoi molti difetti possedeva anche quello di serbare rancore, una volta concluso il mese delle festine, dichiarò guerra alla Normalya con l’intento di catturare nonna Amina.
Nonostante il divieto del padre, Ciufy s’arruolò volontario nell’esercito di Normalya e partì salutando solo la madre, la quale gli mise in tasca uno di quei sacchetti di seta rossa pieno di ceci secchi. Quando il padre scoprì la disobbedienza del figlio, si promise di non rivolgergli più la parola.
Animato da una volontà straordinaria, Ciufy si esercitava fino a notte fonda, per imparare l’arte del combattimento. Ripeteva ogni mossa per ore, fino a quando l’eseguiva in maniera tanto naturale da farla sembrare semplicissima ad un occhio non esperto. Solo quando l’ultima stellina appariva in cielo, il ragazzo le lanciava un bacio e andava a riposare.
Dai campi di battaglia il piccolo soldatino scriveva ogni sera all’amata Dalida e all’adorato papà, dal quale, però, non riceveva risposta.
La guerra proseguì per molti anni senza che nessuna fazione avesse la meglio, ma quando Ciufy fu nominato comandante e gli venne consegnata la Spada Luminosa riservata al capo dell’esercito, gli dei favorirono la Repubblica di Normalya. Il piccolo cavallerizzo era ormai cresciuto. Vestito della sua nera armatura metteva paura. Ciufy avrebbe tanto voluto che il padre lo vedesse tenere in pugno quella spada con le sue mille luci colorate. Le truppe comandate da quello che un tempo era considerato un piccolo e gracile soldatino, avanzarono velocemente in terra nemica vincendo ogni battaglia.
Quando Udo comprese che la guerra era perduta, si diresse con alcuni dei suoi fedeli verso il porto di Lawigna dove avrebbe voluto imbarcarsi per tentare la fuga. Ma una volta arrivato alla baia si trovò davanti l’esercito di Ciufy schierato sulla spiaggia. I cavalieri di Normalya erano talmente tanti, ma talmente tanti, da oscurare l’orizzonte.
Ciufy scese da cavallo e propose al suo rivale di duellare con lui per evitare di spargere altro sangue tra i soldati. Udo dapprima rifiutò, ma quando vide i suoi uomini arrendersi e consegnare le armi al nemico, fu costretto ad accettare la sfida.
Ciufy disarmò il re al primo colpo di spada, facendolo cadere con il volto nella sabbia. Ma proprio quando stava per colpirlo a morte, si sentì tenere il braccio da qualcuno molto più forte di lui. Ciufy voltò furiosamente il capo per vedere chi osasse tanto e riconobbe il volto della sua cara nonna morta tempo prima a causa della cattiveria di Udo. La vecchia signora gli accarezzò il viso sorridendo e poi scomparve avvolta da una nuvola di bianco fumo, ancor prima che il nipote potesse parlarle. Il malvagio Udo riconobbe la nonna di Ciufy e, sempre più terrorizzato, si mise a piangere supplicando pietà.
Ciufy si tolse l’elmo ornato di bianche piume e con la punta della spada fece cenno al vile re di dirigersi verso il mare.
A Udo fu così consentito di fuggire, ma a nuoto e, per evitare che il piccolo tiranno tornasse, mille soldati furono lasciati di guardia sulla spiaggia per mille giorni e mille notti.
Alcune leggende narrano che Udo il cattivo fu mangiato dai pescecani, altre che finì nel collegio della montagna nera. Poco importa. Quel che importa sapere è che il primo ad abbracciare Ciufy fu proprio il padre e che Normalya e Jolandia da quel giorno divennero un’unica grande Repubblica, dove per molti lustri ancora si svolsero le corse a cavallo dei bimbi e dove finalmente regnò la giustizia. Dalida diede a Ciufy due figli ai quali il valoroso comandante insegnò a cavalcare le difficoltà della vita.
E nonna Amina? La nonnina, dopo aver ricordato al valoroso Ciufy una delle tante cose che gli aveva insegnato da piccino, tornò in cielo a fare la stellina che appare per ultima ed è la più bella che c’è.
E’ tardi, domani Giorgio deve tornare sul campo di battaglia. Si alza, chiude la finestra e lascia correre lo sguardo sopra i palazzi di fronte. E’ una notte di stelle.