C’è questa piccola favola, minuscola come le manine di Anna, nascosta tra due giorni tra i messaggi del mio telefono. C’è questa bambina di cui so poco poco, di lei conosco solo l’immensa voglia di vivere in questo mondo, qualcosa di bellissimo, ma pure di troppo grande e che l’ha fatta nascere piccina piccina, con gambe, braccia, ossa e cuore di appena sei mesi. All’ospedale della città dove sono nato c’è chi si sta prendendo cura di lei, che ha sempre accanto i suoi genitori, due persone bellissime, rapite dalla felicità, anche quando arriva la preoccupazione tutta intorno per la propria bambina, Anna, la loro cosa più bella.  

Spesso l’ansia se ne va tra gli abbracci, qualche volta la si manda via pure con le parole e io sono grato che la mamma di Anna abbia scelto le mie. Mi hanno detto che i racconti del mio libro le fanno compagnia durante le veglie, le mettono addosso l’allegria e la speranza, fanno ridere le infermiere e i dottori che la stanno aiutando ad allevare la sua meravigliosa creatura.

E allora ecco la favola, la mia prima, che non ne ho scritte mai, piccola e di poco conto, come ogni mia frase, grande e forte, come le margherite che stanno nel prato del mio cuore. Sogno che le mie parole, non tutte, solo le migliori, quelle rosa, azzurre e gialle, si trasformino d’un colpo in una medicina fortissima, ma senza controindicazioni, in grado di fare crescere in un istante Anna, che da adesso e per sempre è anche un po’ la mia bambina.

Matteo Bonfanti