C’è come stavamo bene ieri sera davanti alla tv, a ridere stretti stretti sul divano, io in versione sardina, con Vini seduto tra la mia crapa e il mio collo, e Ze, anche lui ormai altone, steso lungo le mie gambe per arrivare coi suoi piedi sudati esattamente in mezzo alla mia schiena. In televisione uno strano youtuber, vecchio, lampadato, coi capelli lunghi e sovrappeso, insultava la madre di un altro youtuber grassone, e io, in tutta questa ciccia catodica, riflettevo che per fortuna i miei due figli sono magretti, altrimenti morirei ogni notte stritolato. Poi abbiamo cacciato Zeno nella sua stanza, ho fatto due respiri belli grossi, quindi con Vinicio ci siamo messi a ripassare matematica per l’interrogazione del giorno dopo. Lui sapeva, io un cazzo, che alla sua età mi fumavo un sacco di canne e dei miei anni al liceo ricordo davvero poco.
Forse anche per via dell’erba consumata allora nei bagni del Grassi di Lecco durante l’intervallo, oggi pensavo fosse il 18 marzo, ne ero certo, pronto a festeggiare i miei due padri, Marco ed Ernesto, nella giornata di domani. Invece è il 19, me l’hanno ricordato Vini e Ze coi loro abbracci tornando da scuola. “A sorpresa, ma sei anche un bravo padre, tanti auguri, Matti”: così Zeno intorno alle 13 e 35 circa. “Ho preso sei e mezzo, ti voglio tanto bene, sei il papà che vorrei se non fossi mio papà”: la frase di Vinicio alle 14 e 20 mettendosi a tavola per i sedici sofficini e i dodici bastoncini che avevo messo in forno per sfamarli, uguale a dieci anni fa, quando erano piccoli piccoli.
E abbiamo magnato e chiacchierato, come sempre, liberi e fino in fondo, e io stavo bene bene senza che ci fosse nulla di speciale. E li guardavo belli, forti e sani, intelligenti e simpatici, insomma fighi che più fighi non si può, e mi dicevo che non dovrebbe essere la festa del papà, ma la festa dei figli, che non è che io sia stato un padre dei migliori, preso com’ero a cercare di diventare grande tra le pagine di un giornale. Il grosso l’hanno fatto loro due.
E mi è venuta questa immagine riguardo alla mia personale avventura da genitore: è come quando una squadra fa pena per novanta e passa minuti, difendendosi, con gli altri che prendono due pali e tre traverse, ma poi allo scadere segna l’1-0 con un gollonzo in mischia del terzino destro e vince. Noi giornalisti ci mettiamo a celebrarla, perché nel calcio, che è lo specchio della vita, conta il risultato. E io ho due figli straordinari, semplicemente stupendi, e va bene così, quindi buona festa del papà a tutti i padri modesti come me, sperando che abbiano avuto il mio stesso enorme culo.
Matteo Bonfanti