Nicolò. Sino ad oggi il mio nome mi era sempre piaciuto. Sino ad oggi…
Mai avrei immaginato che in un soleggiato giorno di settembre il mio nome si sarebbe rivelato un problema.
Ma partiamo dall’inizio: sono un ragazzo di 26 anni laureato in comunicazione che lavora in un’agenzia mass media della nostra città e, come tanti di voi, ho accolto con immensa gioia il ritorno dell’Atalanta in Europa (bando a stereotipi di spalti affollati da tifosi delinquenti e violenti, la passione per il calcio non ha sesso, età e status sociale).
Nella mattina di venerdì 8 settembre mi reco all’Atalanta Store con un amico per ottenere la Dea Card, la tessera nominale che ti permette di poter acquistare in anticipo e ad un prezzo vantaggioso l’abbonamento alle tre partite casalinghe dell’Atalanta in Europa League.
Il mio amico in 5 minuti esce dal punto vendita soddisfatto, tra le sue mani la Dea Card e l’abbonamento alle tre gare, felice di poter seguire la sua squadra del cuore in un’impresa così ardua, al limite dell’impossibile.
Quando arriva il mio turno tutto pare andare per il meglio sino a quando l’addetto al di là del desk con sguardo afflitto mi comunica che vi sono problemi nella registrazione del mio nome per via dell’accento e che la mia tessera avrebbe dovuto essere attivata direttamente da Roma.
L’unica soluzione possibile è che io attenda sino al giorno successivo per ritirare l’agognata tessera.
L’addetto, vista la situazione creatasi, mi rassicura dicendo che nel peggiore dei casi un abbonamento per me lo avrebbero trovato anche dopo il termine prestabilito.
Risentito e corrucciato, torno sul posto di lavoro, ironizzando sul fatto che aver avuto un nome senza l’accento non avrebbe di certo causato alcun problema.
Il giorno successivo, sabato 9 settembre, attendo con ansia la chiamata che, purtroppo, non arriva.
E dato che la pazienza è la virtù dei forti, sempre più preoccupato, decido di passare al piano B: il contatto telefonico.
Sabato 9 e domenica 10 tento in ogni modo di mettermi in contatto con lo Store, ma riuscire a parlarci è più improbabile di un passaggio sbagliato del Papu o di un intervento fuori tempo di Toloi.
Dopo infiniti tentativi, una ragazza di buon cuore mi risponde, si dice dispiaciuta della mia triste vicenda e si prende l’incarico di andare a fondo della questione per capire come venirne a capo.
Nuovamente mi viene richiesto il numero di telefono, comunicandomi che a stretto giro, mi avrebbe fatto chiamare.
Silenzio…
E’ tempo di passare all’ultimo definitivo piano C: questa mattina, martedì 12 settembre, mi sono recato all’Atalanta Store e ho ritrovato di nuovo lo sguardo afflitto del medesimo addetto.
Purtroppo le sue rassicurazioni si sono trasformate in commiserazione ed empatia, inerme di fronte al mio sottolineare di quanto un disservizio di questo tipo sia inammissibile nel 2017.
Ho perso ulteriore tempo e sono tornato a casa con un pugno di mosche.
La partita si avvicina ed io difficilmente la vedrò dagli spalti: la disponibilità è ormai limitata e i prezzi sono molto alti.
Sin da piccoli ci hanno insegnato che sognare non costa nulla, ma da oggi ho imparato che sognare dal divano di casa ha tutto un altro amaro sapore.
Nicolò