La mia angoscia è che tornino marce e svastiche in un mondo diventato improvvisamente piccolo, pieno zeppo di steccati. Leggo quello che la gente sente nel cuore, molti dicono di essere già in guerra, c’è l’odio nelle loro parole. Si trasmette, passa da una persona all’altra. E io temo prenda anche me, confondendomi, rinchiudendomi, offuscando i ricordi che amo. Parigi è da sempre i baci di Costanza, bellissima, al secondo giorno del nostro viaggio di nozze, immersi in un’interminabile notte a Saint Germain. Liberi, innamorati, ubriachi e coccolati dalle luci di una città lucente, noi due in mezzo alla gente, senza sonno e senza paura. Voglio che la Francia resti quello, un lungo attimo di felicità, per questo non guardo gli inquietanti filmati dei terroristi in azione al Bataclan. Non gli farò cambiare la cartolina che ho nell’anima.
L’angoscia che sento è che i miei figli non abbiano un treno da prendere per Lione o un pullman scalcinato verso Praga o un aereo in ritardo diretto a Barcellona. Mi preoccupa che non abbiano i colori della sala d’aspetto dei miei vent’anni: io e Katharina che ci mettiamo a parlare in una lingua che è un po’ inglese, un po’ francese e un po’ italiano e andiamo insieme a fumare, raccontandoci i nostri sogni, dandoci appuntamento a metà luglio in un pub di Dublino. Se passa l’idea che l’Europa è pericolosa, la diffidenza prenderà il sopravvento, rendendoci tristi perché immobili. E i miei ragazzi si perderanno due cose bellissime collegate tra loro: l’avventura e la libertà.
La mia angoscia è che non abbia più voglia di parlare di Mohammed, per evitare di alzare la voce con mio cugino o con mio cognato nelle rare cene di famiglia a cui prendo parte. Nel loro immaginario tutti gli stranieri diventeranno assassini e a ogni attentato sarà più difficile raccontargli una mattina di sole che conservo tra l’universo e il cuore: io e mio padre che ci alziamo tardi perché è domenica e Mohammed, che è uno dei primi musulmani arrivati nel nostro paese e che da qualche giorno vive con noi, ci ha cucinato il pollo arrosto per colazione. E ci mettiamo a ridere a crepapelle, convinti di vivere in un mondo incomprensibile, libero e meraviglioso.
Matteo Bonfanti