Sono settimane molto intense e pesanti, ma questo non mi ha impedito di rivedere in tarda serata alcuni vecchi film che ho amato. Uno di questi è in realtà una saga: Harry Potter, il famoso maghetto.
Sembra banale, ma ascoltando attentamente le parole pronunciate da alcuni personaggi si aprono delle “voragini” di idee e di spunti di riflessione.
In una puntata, per esempio, si racconta la storia dei tre doni della morte.
Essi sono la bacchetta di sambuco con poteri sovrannaturali, la pietra filosofale per riportare in vita i morti e il mantello dell’invisibilità!
Tutti e tre riuniti in una sola persona, renderebbe costei invincibile pure dalla Morte stessa.
La domanda che mi sono posta è questa: se dovessi o potessi sceglierne solo uno, quale prenderei? Ho pure posto la medesima domanda a quattro amici che hanno dato risposte differenti ad eccezione, ovviamente, di due.
Uno ha scelto la pietra filosofale: da un paio d’anni è morto un suo debitore e questo gli ha cagionato importanti danni economici. 
Due hanno scelto il mantello. Uno tra loro – burlescamente – con l’idea di spiare le belle ragazze, l’altro perché convinto dell’infedeltà della moglie e da tempo desideroso di andare in fondo alla questione. L’ultimo ha optato per la potente bacchetta magica con l’obiettivo di colpire chirurgicamente e in modo selettivo i suoi numerosi nemici. 
Insomma, al netto delle battute dettate dalla leggerezza dell’argomento, è in pratica emerso che tutti avrebbero sfruttato un dono di tal caratura per scopi che potrebbero essere definiti a dir poco “negativi”.
Ovviamente, trattasi di un campione molto ristretto per la statistica, ma sintomatico, avendo posto la domanda a persone che ritengo equilibrate, oneste e per bene.
Ho riflettuto molto su questo dettaglio e, come dicevo, ho poi rivolto la questione a me stessa; inizialmente ho pensato alla possibilità di riportare in vita delle persone a me care. Che bello il pensiero di poterle riabbracciare ancora una volta, di poter dire loro quanto le ho sempre amate e di scusarmi per le mie mancanze. Però, alla fine, ho considerato egoistico turbare il riposo eterno di anime per un mio temporaneo piacere personale.
Poi ho pensato alla bacchetta di sambuco! Che bello ferire chi mi ha ripetutamente fatto gratuitamente del male. Che bello poter veder crogiolare nel dolore coloro che hanno vissuto alimentandosi del dolore altrui. 
Però, in quel preciso istante, mi sono immaginata tale e quale a questa gente: la cattiveria non si può curare con altra cattiveria, perché sarebbe una contraddizione in termini che porterebbe solo distruzione.
Certo, una bacchetta così potente potrebbe rendermi padrona del mondo: ma che orgoglio potrebbe  mai realmente offrire un potere regalato e non conquistato?
Un mantello invisibile, però, sai che divertimento sarebbe?
Forse per un po’, ma prima o poi arriverei certamente al punto di comprendere che godere nello spiare gli altri mi trasformerebbe in un essere spregevole e inutile a me stessa e alla comunità tutta.
In pratica, ho dovuto concludere con la condivisione del noto principio per cui, a volte, non ottenere ciò che si desidera ardentemente può essere un incredibile colpo di fortuna. Con un banale gioco di ruolo ho compreso realmente la necessità di imparare ad apprezzare ciò che la vita ci offre, l’importanza di dare valore a ciò che ci circonda, ai traumi che l’ingordigia potrebbe recare allo spirito e, soprattutto, a quanto sottovalutiamo l’utilità di fiabe e racconti! Perché proprio  tra le righe di una fantasia, a volte, si cela il senso della vita. Buon tutto a voi…

Vanessa la Vane Bonaiti