Bergamo e l’abbraccio delle mura veneziane allo skyline di città alta: immagini che per settimane hanno rimbalzato in tutte le case del Paese, associate alla città dove il virus si è manifestato con più violenza. Simone Bonzanni, 27enne di Madone, cicloamatore appassionato di imprese estreme in sella alla sua bici da corsa, ha deciso di sollevare per un giorno la nostra città e il suo morale sul tetto del mondo, agli 8848 metri di altitudine dell’Everest.
Come? Ripetendo per 36 volte le rampe che portano dai piedi di via Vittorio Emanuele II fino alla Rocca di San Vigilio (a via del Sole, per l’esattezza), realizzando, scalata dopo scalata, 8880 metri di dislivello complessivo. Il tutto in 20 ore, dalle 6 di venerdì alle 2 di stanotte (sabato), per un totale di 320 chilometri.
«A darmi forza è stato il desiderio di poter tornare ad associare la nostra città alla bellezza che l’ha fatta conoscere nel mondo – racconta Simone – e alla caparbietà di noi bergamaschi, che abbiamo dimostrato di non mollare mai. La speranza è che la potenza comunicativa dello sport aiuti a riscattare un’immagine, quella di Bergamo, per molte settimane associata al lutto».
La partenza poco prima delle 6 di mattina, ritardata di quasi tre ore per via della pioggia che ha bagnato la notte tra giovedì e venerdì. Dalle prime ore dopo l’alba, la pioggia s’è abbattuta comunque sul giovane Simone ma sotto forma di appassionati delle due ruote, di amici e di professionisti del pedale (tra cui il brembillese Fausto Masnada, in forza alla World Tour polacca CCC Team) che hanno tifato per lui lungo il tracciato. Una dose di caloroso sostegno è giunta anche dai social, testimoniata con numerose storie e dirette. La fine delle fatiche arriva dopo le 2 di notte, in una città alta semideserta e colorata dai lampioni accesi. Tutto questo ripetendo per tutto il giorno il micidiale «muro» in ciottolato di via San Vigilio, che tocca pendenze intorno al 17%.
Simone, in compagnia dell’instancabile partner in crime Marco Rocca (stavolta non ha potuto unirsi all’amico), non è nuovo ad imprese simili. Negli scorsi mesi i due hanno realizzato svariati Everesting sulle salite più iconiche delle Prealpi Bergamasche (Roncola e Valcava) e della storia del Giro d’Italia (Montecampione e Zoncolan), ricevendo l’attenzione, l’affetto e gli applausi di moltissimi appassionati, tra cui l’ideatore australiano della disciplina dell’Everesting.
Oltre ad appiattire le salite, Simone, che nella vita fa il ricercatore chimico, ha il potere di zittire il diabete, di cui soffre da quando ha 10 anni. Ha corso a livello agonistico fino ai 18 anni e da sempre sostiene che un limite non debba mai diventare una giustificazione per lasciar perdere i propri sogni.
«Portare a termine questa impresa è stato super emozionante – commenta Bonzanni –. Ho cullato a lungo l’idea di fare un Everesting a Bergamo e dopo l’esperienza traumatica che ha colpito la nostra città non potevo tirarmi indietro, era il momento giusto per farlo».
CP