La pipì di Robin Gosens rinviata a dopo l’allenamento. Oppure, versione più approfondita in rosa, lasciata a metà e completata a favore di provetta dopo scazzi pesantissimi tra il mister e uno degli ispettori della NADA. L’Eco di Bergamo e Gazzetta dello Sport stamani hanno svelato l’arcano legato alla storiaccia dell’antidoping in cui è rimasto invischiato Gian Piero Gasperini. Il giocatore coinvolto nel quarto controllo a sorpresa lo scorso 7 febbraio a Zingonia è Robin Gosens, negativo come tutti gli altri, rimasti anonimi: il club non ha emesso comunicati al riguardo rinunciando a una presa di posizione esplicita. Diritto legittimo e sacrosanto, anche per non rinfocolare la ridda di polemiche. Che però sono piovute lo stesso.

Il problema numero uno è il rischio che l’allenatore dell’Atalanta, causa deferimento e possibile condanna il 10 maggio davanti al Tribunale Nazionale Antidoping, salti gli ultimi 4 impegni stagionali ove squalificato: Benevento, Genoa, Juventus nella finalissima di Coppa Italia il 19 maggio a Reggio Emilia e infine Milan. La squadra dovrebbe rimanere isolata dal proprio tecnico anche durante la preparazione sul campo, perfino allo stadio, non potendo il sanzionato avere rapporti con altri tesserati. Il secondo, forse non meno grave, è l’ombra insopportabile del drogaggio chimico che si staglia sulla più bella realtà del calcio italiano ed europeo degli ultimi anni. In rete gli insulti e la caccia alle streghe, pardon al “Gatorade speciale dell’Atalanta”, sono ben oltre la rampa di lancio.

Inutile, davanti alla vox populi, anche se di un popolino bue e cornuto, sottolineare che i test “out of competition” hanno dato esito negativo, perché al Centro Sportivo Bortolotti nessuno penserebbe mai di dopare i giocatori. Il terzo guaio grosso dell’intera vicenda sono le dietrologie sulle tempistiche della giustizia sportiva, anche se va sottolineato che l’organizzazione nazionale antidoping (la NADA, appunto) è indipendente sia da Lega Calcio che da FIGC. Non dipende nemmeno dal Coni. A casa nostra s’è scomodata anche la politica, con Daniele Belotti, deputato della Lega, a contestare più il metodo che il merito, parlando di giustizia a orologeria. Bisogna sempre sfogliare la Rosea per trovare le risposte a dubbi e interrogativi, senza che ne vengano completamente fugati. Balla ben più d’un mese tra il mancato accordo fra le parti e la convocazione de quo.

La notifica del deferimento del procuratore Pierfilippo Laviani risale ai primi di marzo, Gasp ha mandato una memoria scritta per difendersi respingendo poi la proposta di patteggiamento a 10 giorni, ovvero alla metà: l’articolo 3 comma 3 del codice, che parla di condotta offensiva e non come il comma 2 di mancata collaborazione, irroga sanzioni dalla nota di biasimo fino ai 6 mesi di stop. La sospensione sarebbe decorsa dal 23 marzo, esaurendosi di fatto durante la sosta per le Nazionali. C’è da chiedersi se valesse davvero la pena sbroccare, sempre che la verità sia questa, per le insistenze dell’ispettore, dato che rimandare l’esame a dopo l’allenamento è consentito, e di contestarne (idem) la presenza a bordocampo con la squadra al lavoro. La domanda di tutti è la seguente: con quale tono dei perfetti sconosciuti si saranno rivolti a Gasperini per fargli perdere il self control? Al bando le teorie del complotto e i facili vittimismi del caso, ma nelle relazioni interpersonali, visto che le regole del gioco sono comunque state rispettate dalle parti, una parola di troppo viene umanamente vissuta come provocazione. Insopportabile almeno quanto l’ombra del doping.
Simone Fornoni