Non capisco la politica italiana affidata in toto a Renzi, che ha il due per cento scarso. E’ come se nel calcio il Milan affidasse a Dalot la scelta dell’undici contro il Crotone o se l’Atalanta decidesse che spetta a Ruggeri la decisione di fare giocare o no dall’inizio Ilicic nel ritorno contro il Napoli o se nell’Inter fosse compito di Pinamonti trovare una collocazione dall’inizio a quel genio di Eriksen, o, ancora, per par condicio, è come se Agnelli si fosse messo in testa che il nuovo mestiere di Frabotta sia decretare se nella prossima sfida, accanto a Cristiano, debba venire impiegato Chiesa o Kulu, e ne seguisse i pensieri, imponendoli a Pirlo.
Detto questo, magari Mario Draghi è la soluzione di questo casino perché è un bravo tipo e ne sa un sacco. Resta che non è il modo. In Serie A nessuno si comporterebbe come in Parlamento. Il pallone sarà anche il peggiore esempio visto mai, ma ha molto più senno dei nostri partiti: un panchinaro non decide le magnifiche sorti e progressive di un club. Il giro del fumo è affidato ai mister, ma soprattutto ai titolarissimi, in questo caso (solo per i numeri di chi li seguono, non perché siano fenomeni come i campioni a cui li accostiamo…), Zingaretti, Di Maio, la Melona, Salvini e il Berlusca, rispettivamente Ibra, Lukaku, Cristiano Ronaldo, Zapata e Milinkovic Savic. Non Dalot, Ruggeri, Pinamonti, Frabotta e… Renzi, con tutto il rispetto, ovviamente, per i giovani calciatori che ancora devono farsi le ossa.
Matteo Bonfanti