Tra le tante frasi che ci accompagnano in questo periodo (alcune delle quali veramente odiose come immunità di gregge, corona bond, auto isolamento, zona rossa, paziente zero) e i tanti singoli vocaboli saliti agli onori della ribalta causa utilizzo smodato degli stessi (asintomatico, focolaio, pandemia), la parola quarantena è sicuramente tra quelle più usate / abusate.
In tempi di vita normale, in epoca di realtà spensierata e di egoistica esistenza, si è soliti adoperare la parola quarantena per definire metaforicamente la condizione di una persona che ha voglia di starsene un po’ per i fatti suoi (non ha voglia di vedere nessuno si è messo in quarantena). Pur consapevoli che il significato letterale è certamente differente. E allora ci si chiede: da dove nasce la parola quarantena? Dopo una prima e ormai dimenticata genesi proveniente dalla lingua veneta (quarantina o quarantena) cui era attribuita l’espressione religiosa del periodo d’indulgenza e di digiuno, è ormai pressoché assodato che il significato dato al vocabolo è da assegnare al periodo d’isolamento imposto agli immigrati (italiani e non) che a cavallo tra il 1800 e il 1900 arrivavano negli Stati Uniti a bordo di scomodissime navi detti bastimenti.
Gli antichi migranti, una volta sbarcati al porto di New York, precisamente a Ellis Island che è un’isola alla foce del fiume Hudson di fronte alla Statua della Libertà, venivano forzatamente tenuti per quaranta giorni in un immenso salone pieno di letti, tavoli e panche. I soggiornanti erano controllati a vista in ogni loro singola condotta per tutto l’intero periodo di permanenza. Il lasso di tempo era ritenuto necessario / congruo per verificare l’esistenza e lo svilupparsi di eventuali malattie contagiose quali lebbra, scabbia, scorbuto, difterite, poliomielite, tubercolosi, ecc… che erano patologie molto diffuse in quel tempo. Capitava spesso che uno solo degli occupanti il mezzo di trasporto contagiasse tutti quelli che gli stavano intorno, poiché questi viaggi erano interminabili. E non era raro che intere comitive di passeggeri venissero decimate a causa delle infermità di cui erano inconsapevoli portatrici. C’è da tenere presente che i viaggi nelle grandi imbarcazioni a vela non consentivano di stabilire la data d’arrivo poiché la durata dipendeva dai venti e dalle correnti marittime, questo causava a volte l’esaurirsi dei viveri e la conseguente morte per stenti dei viaggiatori. Poi con l’avvento del motore a vapore i tempi si ridussero di molto fino a stabilire con certezza la durata del viaggio in 14 / 15 giorni, intervallo comunque sufficiente per un eventuale propagarsi di un qualsivoglia contagio.
Questa, in colpevole sintesi, l’origine della parola quarantena.
Punto iniziale di quei famigerati quaranta giorni imposti a chi era già ampiamente debilitato dopo una lunga traversata oceanica.
I quali quaranta giorni hanno col tempo assunto una valenza storica tale da conferire al vocabolo il significato d’isolamento forzato d’individui ammalati e contagiosi che per nessun motivo devono entrare in contatto con altri.
E fa niente se di questi tempi la quarantena dura quindici giorni e la si sconta in comode abitazioni dotate di tutti i possibili comfort.
Noi tutti ne faremmo volentieri a meno.
E alzi la mano chi in tempi non equivoci si sarebbe aspettato di ritrovarsi un giorno in quarantena?
effe

(nella foto di copertina, Ellis Island)