Sarà la Champions a un passo, sarà che nessuno di noi si è mai divertito così tanto a vedere l’Atalanta, resta che nella testa dei tifosi bergamaschi, persino di quelli che scrivono sui giornali locali, qualcosa è cambiato. Prima si salutava l’interessamento dell’Inter su Gagliardini, il Milan su Kessie, l’acquisto di Caldara da parte della Juventus, come qualcosa di bello perché in grado, a suon di milioni, di mettere al riparo la Dea da qualsiasi problema economico o finanziario. Il leitmotiv di questi anni percassiani, soprattutto dopo l’arrivo del Gasp in panchina, e proprio per la filosofia del mister piemontese di lanciare sempre e comunque i giovani di Zingonia, è stato sostanzialmente questo: i nerazzurri fanno esordire i baby fenomeni del vivaio, puntano su giocatori buoni, ma da rilanciare dopo qualche stagione così così e mettono al centro del progetto calciatori conosciuti solo dal ds Sartori che, improvvisamente, alla terza giornata si trasformano in cavalloni di razza senza eguali. A fine campionato i migliori di questi nuovi eroi finiscono sul mercato e il club monetizza. Senza che nessuno fiati, si opponga o dica bè, in una logica che qui a Bergamo dura da sempre e che l’attuale presidente ha portato al suo apice, facendola accettare come qualcosa di giusto, di saggio e di lungimirante, diversamente dal suo predecessore Ruggeri che veniva spesso contestato. Solo per citare gli addii più famosi, oltre ai tre già citati a inizio articolo, appunto Gagliardini, Kessie e Caldara, ecco il rossonero Conti, il giallorosso Cristante, Petagna finito a Ferrara, per plusvalenze che si aggirano intorno ai centoventi milioni, un guadagno netto mai visto in Italia, da record, il massimo dei massimi in tempi di fair play finanziario.

L’abbiamo già detto in un pezzo dell’estate scorsa, lo ripetiamo, trovavamo la piazza atalantina straordinaria e diversa da ogni altra perché, se a Roma, a Milano, a Genova, a Firenze o a Torino, si vendono i golden boy del momento, accade il finimondo. Qui, da quando c’è Percassi, non è mai successo, nessun vento di protesta, anzi l’orgoglio collettivo che i ragazzi andassero a giocare nelle big. Parecchio ha fatto il genio di Antonio, che persino alla cena annuale coi giornalisti, ci ripete che per arrivare lontano bisogna andare tutti dalla stessa parte, senza contestazioni, in una logica incredibilmente nuova, quella che l’Atalanta non è sua, ma il patrimonio dell’intera città, e, quindi, una cessione che porta soldi nelle casse, va salutata positivamente.

Ora come ora, dicevo all’inizio, qualcosa è cambiato. Me ne accorgo ogni volta che riporto qualche indiscrezione di mercato, l’astio incredibile che la notizia, pur con i mille condizionali del caso, mette addosso ai tifosi nerazzurri, news bollate dalla rete nerazzurra come bufale nonostante appaiano da giorni persino sulla Gazzetta dello Sport, una sorta di bibbia per chi, come me, fa il giornalista sportivo. C’è di più, ogni interesse di altri club per un atalantino è visto come una cattiveria fatta per turbare l’intero ambiente, un complotto ai danni dei bergamaschi. Così la vedono anche la gran parte dei cronisti locali, straordinariamente coinvolti emotivamente, i giovani che vanno in Nord o in Sud, i vecchi in tribuna, persino Percassi, che, sempre con l’equilibrio che lo contraddistingue, quando chiamato in causa, smentisce con forza che ci siano trattative aperte per i campioni dell’Atalanta in una sostanziale inversione di rotta della filosofia della sua felice e vincente presidenza.

Due giorni fa dicevo quanto la Champions, con i milionari introiti che porta ai club che ne fanno parte, possa far cambiare in un sol colpo i perimetri di un progetto, qui a Bergamo si sta passando velocemente dall’idea “è giusto cedere i migliori” al pensiero stupendo “i più forti restano qui a vita”. E’ una rivoluzione. 

Resta che, pur simpatizzando straordinariamente in questo momento per i colori nerazzurri perché questa squadra incanta, trovo normale che le big italiane tentino di portare via un pezzetto di una formazione che ha giocato il miglior calcio italiano edizione 2018-2019. Per questo la cosa non mi innervosisce, nel calcio il mercato si basa su questo, si va a caccia del meglio: Gasp fa miracoli, allora lo cerca la Roma facendogli una proposta da mille e una notte; Gollini le para tutte e finisce sul taccuino dei dirigenti capitolini; Castagne è imprendibile, quindi Ancelotti si interessa a lui; Ilicic pare lo Zico dell’Udinese, il Napoli ci prova per averlo subito al San Paolo. Non c’è da incazzarsi o gridare al complotto, ma allontanare le sirene con quello che Bergamo ha più di altre piazze, l’immenso affetto dei tifosi.

Matteo Bonfanti