La legge è uguale per tutti. Cito per l’occasione l’estratto d’una famosa canzone che dice: se pesco chi un giorno ha detto… sta falsità… lo lego a un sasso stretto stretto e lo butto in fondo al mare.
Sono trascorsi molti anni dalla brutta esperienza personale avuta con la giustizia italiana ma il dolore della separazione è ancora vivo dentro di me. Lo dimostra il fatto che quando ripenso a quel periodo sento ancora una sensazione di nausea. Qualcuno che non ha provato tale esperienza suggerirebbe che “basta non pensarci” ma… non è possibile. La stessa cosa risponderebbero milioni di padri, amici, colleghi attuali e non che sono incappati in questa brutta storia che è la separazione. Ora, non voglio entrare nel merito della mia e nemmeno prenderla ad esempio perché ineluttabile che ogni realtà coniugale sia differente dall’altra, principalmente perché gli attori sono diversi come diverso è il contesto ambientale. Voglio porre l’accento invece su quanto accade quando di mezzo ci sono uno o più minori. A tal proposito riporto lo sfogo di un mio caro amico, da lui scritto su un social. Ho usato il termine “sfogo” ma invito chiunque a non interpretarlo come vaneggiamenti sminuendone il valore.
“Il genitore collocatario è potente. Detiene il potere affettivo ed economico a scapito dell’altro celando, dietro le necessità dei figli, la voglia di ripicca di un fallimento di un rapporto spesso attribuibile allo stesso genitore che ha deciso per la separazione. Il secondo passo è la denuncia, strumento utilizzato per allontanare il genitore non collocatario, già abbondantemente frustrato per la disparità di trattamento, di considerazione, il quale deve difendersi da accuse facilmente configurabili a seguito di provocazioni impossibili da dimostrare nei tribunali. Le istituzioni, tutte, nessuna esclusa, sono complici di questo sistema perverso, per diverse motivazioni: vuoi per le tempistiche bibliche, per l’applicazione delle normative non adeguata al singolo caso, per la salvaguardia delle caste che lavorano intorno a queste spiacevoli situazioni, per la mancanza di tribunali e professionisti seri dedicati alla materia specifica. Intanto i figli crescono, fisicamente, ma con una carenza affettiva di non poco conto. Mentre ero al tribunale dei minori di Brescia, dopo tutte le accuse rivolte dalla mia ex moglie, mi sono domandato se fossi veramente diventato un delinquente, guarda caso, dal periodo della gravidanza in poi. Possibile che nei sei anni precedenti fossi un marito esemplare e nelle accuse non compaiano riferimenti a quel periodo?”.
Adesso, letto ciò, a me viene da piangere perché facile immedesimarmi nei panni di questo mio amico che non vede il figlio da 11 mesi (lo scrivo in numero affinché sia più chiaro). Questo splendido bambino è rimasto undici mesi lontano dal padre. E perché? Semplice: perché a quest’uomo sono state notificate delle accuse di molestie e quindi, per il bene del piccolo, si è congelato il tutto in attesa di una rapidissima valutazione del “soggetto papà”. Ma (chiedo) non era qui, in Italia, nel nostro ordinamento giuridico definito garantista dai padri fondatori che si sventolava la frase “innocente fino a prova contraria”? A me, per come stanno le cose, pare l’esatto contrario: colpevole fino a prova contraria. Dimostrami che non sei un debosciato e nell’attesa, io giudice, ti impedisco di fare altri danni come molestare il bambino. Quindi, come dicevo, si dà per scontata la colpevolezza. E se non fosse vero? Se quell’uomo non fosse un mascalzone ma le accuse si rivelassero invenzioni dell’ex moglie per ripicca? Come aggiustiamo il danno psicologico dovuto all’assenza della figura paterna? Ah, per la cronaca, faccio notare che le loro vicissitudini giudiziarie non sono ancora finite: 11, 12, 13 mesi e chissà quando potrà rivedere il figlio perché nel frattempo, l’ex coniuge affidataria, non permette più al bimbo di vedere suo padre nemmeno in videochiamata perché, d’altronde, la sentenza parla chiaro: gli incontri saranno regolati dagli assistenti sociali. Ma cazz…arola, dico io: visite, non videochiamate. Confesso che ho fatto fatica a scrivere questo pezzo perché il coinvolgimento emotivo è gigantesco. Però non voglio che passi come una denuncia bensì come un appello alla giustizia italiana ed agli onesti professionisti che ci lavorano: non potete permettere il perpetrare di questo stato di cose. Voglio altresì rivolgere una richiesta a tutte quelle donne che sfruttano i figli come fossero un’arma: vi prego smettetela di usarli per far del male all’ex compagno perché il danno psicologico che i bambini subiscono è immenso e non quantificabile. Lo squarcio che subiscono nell’animo col tempo forse verrà ricucito ma l’enorme cicatrice resterà per sempre a segnare la loro vita. Donne, fate leva sull’amore verso le vostre creature per vedere oltre all’odio che provate per il compagno, sebbene giustificato. La frase tanto abusata “per il bene del bambino” deve rispecchiare la realtà dei fatti.
Marcus Joseph Bax