Bergamo – Un compleanno è sempre un momento speciale nella vita di una persona e lo è anche quando si tratta di una Istituzione. Sta passando nel silenzio più totale un anniversario storico, particolarmente importante se pensiamo che si tratta della nostra stazione ferroviaria. Il 12 ottobre 1857, quindi 165 anni fa, la città di Bergamo veniva finalmente unita a Milano attraverso la strada ferrata. Avveniva mentre ancora questo territorio faceva parte del Regno Lombardo-Veneto (gli Austriaci avrebbero perso la Lombardia due anni più tardi), quindi prima dell’Unità d’Italia. In una prima fase, Bergamo fu “dimenticata” dalle Autorità dell’epoca che avevano a cuore il collegamento Milano-Venezia più veloce e diretto attraverso la pianura (privilegiando quindi Treviglio). Nel tempo però i collegamenti con Brescia, Lecco (1863) e Milano – Via Carnate (1889), hanno ampliato l’offerta di servizi con l’obiettivo (non sempre riuscito) di togliere dall’isolamento ferroviario la Città dei Mille. La collocazione dell’edificio al termine dell’ex Strada Ferdinandea disegnava di fatto un nuovo assetto viario che introduceva al cuore della città. All’epoca la scelta di porre le stazioni nel centro dei centri urbani rispondeva alla necessità di collegamenti comodi e fruibili dal maggior numero di utenti e questa scelta si è poi diffusa nel secolo successivo, lasciandoci ora un patrimonio di edifici ancora oggi funzionali e fulcro della mobilità. Venendo ai giorni nostri, il raddoppio della relazione con Treviglio ha quanto meno aumentato le opzioni di collegamento con la pianura bergamasca, lasciando ancora limitato lo sviluppo verso Brescia. Nel futuro prossimo, la relazione con l’Aeroporto “Caravaggio” – non esente da polemiche circa la scelta del percorso in territorio cittadino – darà ulteriore linfa ad una struttura che, alla luce delle recenti politiche di sostenibilità del trasporto pubblico, non potrà che trovare ulteriore sviluppo ed utilità. Non si esime la stazione di Bergamo che, al di là dell’ormai dismesso e ridotto scalo merci, continua a rappresentare un punto di riferimento per chi arriva e per chi parte dalla città. Anche dal punto di vista paesaggistico, uscire dall’atrio della nostra stazione pone il viaggiatore davanti allo scenario di Città Alta, cui fanno da contorno le folte chiome degli alberi che impreziosiscono Viale Papa Giovanni. Possiamo dunque affermare che la collocazione della nostra stazione appare ben inserita in tutti i contesti. Il relativamente recente restyling della piazza antistante ha fornito una maggiore fruibilità ed ariosità. Da sottolineare la presenza della vicina tranvia Bergamo-Albino che riversa in Bergamo giornalmente migliaia di abitanti della valle, creando un’interconnessione ed un’offerta su ferro che già i nostri avi avevano sperimentato (con successo) con le ex Ferrovie Val Brembana e Val Seriana.
In tutto questo, senza addentrarci sugli eventi storici che hanno portato alla progettazione, costruzione e sviluppo della nostra stazione, oggi, nel silenzio generale questo edificio, seppur più volte rivisitato, compie 165 anni. Non diamo mai per scontato il lavoro dei nostri avi, soprattutto oggi che ne usufruiamo in maniera automatica e spesso senza rendercene conto, in un gesto apparente solo meccanico come viaggiare in treno. Forse la frammentazione delle Società che oggi gestiscono le nostre ferrovie non ha permesso di sottolineare adeguatamente questo anniversario (una piccola cerimonia, la presenza delle autorità, un viaggio da Milano con un treno storico come quello che periodicamente tocca la nostra stazione per proseguire verso Paratico, il coinvolgimento delle scuole cittadine, ecc.). Se si può considerare un’occasione perduta, che almeno chi ne usufruisce quotidianamente o saltuariamente sappia oggi che questa struttura ha una sua storia ed una sua dignità nel libro di Bergamo, non limitandosi a commentare i disservizi che spesso colpiscono anche le nostre ferrovie, a cui dobbiamo almeno riconoscere lo sforzo per migliorare il servizio (anche attraverso i fondi del PNRR) dopo anni di mancati investimenti.
Giuseppe De Carli

(Foto Bergamodascoprire.it)