La notizia, forse sottaciuta, dà il la a un nuovo ricambio generazionale, chiudendo una fase, quella vissuta a cavallo degli Anni Duemila, che per tanti motivi appare già un lontano ricordo. Giampaolo Pazzini, ex attaccante delle due squadre milanesi, ma anche, se non soprattutto, di Atalanta, Fiorentina, Sampdoria ed Hellas Verona, ha ufficializzato lo scorso fine-settimana l’addio al calcio giocato. Il bomber nativo di Pescia era rimasto senza contratto la scorsa estate, dopo aver formalizzato la chiusura del rapporto con gli scaligeri, al termine di quattro stagioni e mezzo dagli indubbi successi. Le cinquanta reti in 135 gare, realizzate con la fascia di capitano al braccio e valse ben due salti dalla Serie B alla Serie A, lo hanno posto all’attenzione in qualità di elemento tutto carisma ed esperienza, a mo’ di contraltare per gli esordi in maglia atalantina. Corrono i primi anni Duemila e il “Pazzo” guadagna la ribalta da giovane di prospettiva, scovato in Toscana da Mino Favini e pronto per essere inserito negli ingranaggi di una squadra che, agli ordini di Andrea Mandorlini, raggiunge la massima serie. Il salto di categoria, insomma, come specialità della casa, ma con gli anni prende corpo un rapporto tutto speciale con un altro elemento lanciato dal vivaio della “Dea”, ritiratosi anch’egli in tempi recenti e che ha condiviso con Pazzini anche le tappe di Firenze e della Milano rossonera: Riccardo Montolivo. Per entrambi, i presupposti per sfondare non mancano di certo, ma, se possibile, le prospettive per il “Pazzo” sono anche più incoraggianti, dall’alto della performance esibita ai tempi delle Nazionali giovanili e, in particolare, dell’Under 21. Il 24 marzo 2007 il talento di Pescia, già in forza alla Fiorentina del primo Cesare Prandelli, al fianco di attaccanti ultra-celebrati come Luca Toni e Adrian Mutu, sfodera un’incredibile tripletta in azzurro, in occasione dell’amichevole Inghilterra-Italia, organizzata per la prima storica partita nell’impianto di Wembley dopo la ristrutturazione. Spiccano le doti da opportunista dell’area di rigore ma non può essere tralasciata la sua capacità di andare a segno, spesso e volentieri, dalla distanza, grazie a un tiro secco e potente che sembra non conciliare con una mole tutt’altro che imponente. Ne sa qualcosa, a stretto giro, la Juventus di Fabio Capello, tramortita da un destro dal limite spedito alle spalle di Buffon, valso uno dei gol più belli della carriera. Una stagione particolarmente zoppicante dà il la a una nuova avventura: nel gennaio del 2009, passa alla Sampdoria, trovando, agli ordini di Gigi Delneri, un funambolo del calibro di Antonio Cassano. La finale di Coppa Italia, persa ai rigori contro la Lazio; il momentaneo primato in classifica, evento che in casa doriana non accadeva dalla stagione dello Scudetto e dei “Gemelli del Gol” Vialli e Mancini; il quarto posto finale in campionato valso l’accesso ai preliminari di Champions League: esperienza effimera ma quanto mai esaltante, tanto che il “Pazzo” entra nelle mire delle due squadre milanesi. Prima tocca all’Inter post-Triplete. E nel giorno del debutto son subito doppietta e rigore guadagnato, da subentrato, nella sfida contro il Palermo. Se è vero che il calcio è fatto di corsi e ricorsi, spicca la coabitazione con Gian Piero Gasperini, nella stagione che vede ruotare sulla panchina nerazzurra ben tre allenatori, ma soprattutto per Pazzini giunge finalmente il momento del primo trofeo, la Coppa Italia, conquistata a spese proprio dei rosanero. Poi è il turno del Milan – la trattativa rientrò in un più ampio affare che portò Cassano all’Inter – in un’esperienza che, per quanto condizionata dagli infortuni, concede la soddisfazione del centesimo gol in carriera. Complice forse la definitiva maturazione, l’ultimo capitolo diventa particolarmente scintillante, oltre che prolifico. Passati i trent’anni, Pazzini si trasferisce al Verona, ritrovando Luca Toni e conoscendo l’ebbrezza del saliscendi. A fronte di due retrocessioni, sono altrettante le repentine risalite, occorse nel segno delle sue caterve di reti. Spiccano i 23 gol in 35 partite, della stagione 2016-’17: suo personalissimo high career. A dispetto di un fugace esilio in Spagna, indossando la maglia del Levante e andando a bersaglio una sola volta, in coincidenza del debutto contro i mostri sacri del Real Madrid, con gli scaligeri è di fatto amore incondizionato, suggellato dal rigore, valso il 2-1 finale, che l’08 febbraio 2020 consegna il successo gialloblu a spese della Juventus. Il resto è storia di oggi, con un ritiro meditato fin dai giorni che scandirono la chiusura del rapporto con l’Hellas e che ha dato il la a una nuova fase affascinante tappa: in vista, per il “Pazzo” da Pescia, c’è il corso per diventare Direttore Sportivo.
Nik