Dire che nell’ultima mezza stagione di Luis Muriel sono stati più i cambi di posizione che i gol rasenterebbe l’assurdo, ma non si andrebbe mica tanto lontano dalla realtà. Perché il colombiano, gemello diverso di Duvan Zapata con cui condivide mese e anno di nascita (aprile ’91, il Ternero il primo, lui il 16, e a Santo Tomas, non a Cali), è comunque partito ben 4 volte su 23 largo in un tridente. Preferibilmente a sinistra. Nell’ultima occasione, guarda caso, proprio contro l’Atalanta, da oggi il suo nuovo club. Era il 3 marzo, non la preistoria. Giovanni Simeone, El Cholito, punta centrale. Federico Chiesa a destra. Una lunga fuga verso la quarta marcatura su nove da ala pura come prestito viola del Siviglia, dopo la doppietta alla Samp e l’acuto col Chievo, prima del tris da rimonta Ilicic-Gomez-Gosens. E soprattutto, col senno di poi, un viatico fondamentale alla voce duttilità per stabilirne l’importanza nelle alchimie tattiche di Gian Piero Gasperini.   

Perché El Ronaldito non è solo la controfigura del superbomber bergamasco, in realtà del centravanti, che comunque negli schemi dell’uomo di Grugliasco sostanzialmente non esiste, utilizzando un attaccante per vertice dell’area. Con lui in campo sono possibili più soluzioni. Se Josip Ilicic e Duvan partono da lati opposti, con lo sloveno deputato a cucire le azioni da dietro, a volte allineato al Papu Gomez, il bambolotto velocissimo di piede e di pensiero può a maggior ragione fare altrettanto, abituato com’è a fare l’elastico tra la riga laterale e il centro dell’area, dove se non lo aiuta il fisico normolineo e compatto (1,78 per 80, per approssimazione) ci pensano le toste doti tecniche e caratteriali. Perché Luis è uno che non molla mai l’osso, si fa trovare in mischia e in contropiede, è ossessivo nell’uno contro uno e nella ricerca della profondità. Riassunto in parole semplici semplici, è adatto a giocare insieme al connazionale, come faceva a Firenze col figlio d’arte in sospetto di tuffo negli ultimi 16 metri però a supporto e non il contrario, ma anche al suo posto. E pazienza se il metro e novanta di San Giuseppe non è mai usato per colpirla di testa, fondamentale che non è esattamente nelle corde nemmeno del nuovo acquisto nerazzurro. Che colpisce bene anche di sinistro, nonostante sia un destripede naturale, e non ha affatto le stimmate dell’avanti egoista, proiettato soltanto verso la porta. Prova ne sia la sua per lo più felice e proficua convivenza con l’intoccabile o gli intoccabili di turno: David Di Michele a Lecce, otto anni fa; il mito inossidabile Antonio Di Natale, il fuoriclasse-bomber dei poveri, a Udine; Eder, Okaka e Quagliarella (anche Eto’o e Gabbiadini, a momenti) alla Samp, trovandosi benissimo con quest’ultimo con cui tre stagioni or sono si apriva reciprocamente spazi scambiandosi posizione e occasioni. Dal 4-2-3-1 di Mihajlovic-Zenga-Montella al rombo di Giampaolo ci aveva guadagnato, ma è questione soprattutto di feeling. Volete che non lo trovi con l’altro cafetero atalantino, dopo aver annusato insieme la Copa America?

Simone Fornoni

Nella foto atalanta.it Luis Muriel con la maglia dell’Atalanta