Un ammollo per rompere il ghiaccio, anche se in realtà pareva un colpo di vanga diretto in porta, e il tiro mancino del trionfo. Della serie, cosa chiedere di più a un professionista della pedata? A dispetto dei voti stitici del santuario di carta dei fantacalciofili, che come media non gli assegna nemmeno la sufficienza, Marten de Roon sta recitando la parte del primattore. Facile scrollarsi di dosso la fama del raccomandato di ferro – da Marco van Basten, mica pizza e fichi -, per l’olandese da diga, smistamento, rilancio e inserimento assassino (vedi chiusura della pratica col Palermo). Perché la variante che scompagina i piani del nemico, nell’Atalanta del tridente argentino, è proprio lui. Che affronta i compiti come il più diligente degli scolaretti, impreziosendoli con una semplicità disarmante. E qualunque undici titolare proposto da Edy Reja ha il denominatore comune nell’anima Oranje.
Il film dell’ultimo impegno domenicale, assolto egregiamente nonostante un tris di sbavature dietro – Chochev sull’uno a zero, annichilito da uno Sportiello mostruoso, e la coppia del ciapa-no Gilardino-Trajkovski -, ha confermato che a Bergamo si danza un calcio da tango tenendo un tulipano tra i denti. Magari poco sgargiante, ma profumatissimo a dispetto delle leggi della botanica. E la conquista del bottino pieno non è mai stata così facile come in questo caliente giro di pista. Impossibile tagliare l’erba sotto i piedi a un’interpretazione corale semiperfetta, anche se al Vecio di Lucinico lo spettacolo è piaciuto di più altre volte. Sarà che non gli va giù la settima espulsione in quindici giornate per quel presunto colpo da karate di Migliaccio. Le sequenze da applausi sono comunque più di quelle buie. Denis che la mette al secondo tentativo, roba che non gli riusciva da un paio di vite. Gomez che svaria, sforna aperture illuminanti e cambia fronte per i tagli di chicchessia, premunendosi nel frattempo di pennellare dalla bandierina per il raddoppio di Cherubin, uno Yepes più giovane al sapore di polenta e baccalà. Infine, il radente nell’angolino del nostro, un lampo nei movimenti senza palla. Capace di numeri mica male, anche nel confronto diretto col portatore di palla avversario, Jajalo: un tiro in porta a zero, due tiri totali a uno, l’assist per l’uno a zero, cinquantasei passaggi a quarantasette.
Le nude statistiche dipingono Marten, che risponde in inglese alle domande in italiano in zona mista, come il genio del momento. I bonus da fantacalcio lo ribadiscono collante ideale in un 4-3-3 sul filo perenne dell’equilibrio tra le invenzioni dell’artiglieria leggera Maxi-Papu e le escursioni dei due interni. Il disciplinare, infine, dice che da due domeniche gli pende sul capo la spada di Damocle della diffida, quindi prima o poi bisognerà farne a meno. Per non smettere di sognare troppo in fretta, c’è da sperare in qualche altro regalo di Natale dall’accento neerlandese. Risparmiargli il Chievo per averlo sotto l’albero nel focolare domestico (il 20) contro il Napoli? Si può.
Simone Fornoni