di Simone Fornoni
Rieccoci con l’assalto ai gioielli di famiglia. Se poi uno a soli 23 anni ha vinto la Copa America dopo una stagione monstre, e come sostiene l’amministratore delegato Luca Percassi “una piccola società come la nostra a certe cifre non può competere con la capacità di spesa delle grandi d’Europa”, provare a trattenerlo davanti a certe cifre è una chimera. Quando l’Atalanta nella sessione estiva torna ad assomigliare un po’ al supermarket dove le superbig multimilionarie fanno acquisti rimpinguandone le casse non certo esangui, è normale e umanissimo che tra i tifosi si levino voci o piuttosto mormorii in senso contrario. Ne è una riprova lo striscione firmato “Animal Kingdom”, anonimi che certamente non siedono in tribuna d’onore né nella Rinascimento, anche perché sono chiuse da mo’ per la pandemia come il resto dello stadio, appeso fuori da Zingonia sabato pomeriggio, con l’invito esplicito al presidente Antonio (scritto Perca$$i; nel mirino anche gli abbonamenti 2020 non ancora rimborsati, poiché spendibili in eventi mai aperti al pubblico) “a non sbagliare”, perché “c’è una città da rispettare”.

Dopo Pierluigi Gollini anche Cristian Romero è dunque abbondantemente instradato sulla via della Perfida Albione, pardon del Tottenham, squadrone e club di Londra fuori dalla Champions League che il Gollo (scaricato, di fatto) e il Cuti qui avrebbero fatto, ma sempre con ambizioni ad asticella alzata come le spese faraoniche che si può permettere. Nel caso del portiere, staff tecnico e società avevano già il colpaccio Juan Musso virtualmente in casa, in attesa che finisca le vacanze, quindi una scelta tecnica precisa. Nel secondo, quello del perno difensivo, una sessantina di milioni complessivi vorrebbero dire una quarantina di plusvalenza, anche se prima bisognerà riscattare (a venti, appunto) l’argentino dalla Juventus. Che può offrire, nella propria natura di fornace del ruolo l’incerto turco Merih Demiral, comunque un pari età (’98) dal costo forse sproporzionato (una trentina) alle abitudini non troppo spenderecce del front office nerazzurro. Non è il solo. Perché se è vero, vedi mantra recitato dall’AD martedì alla Gewiss in sede di presentazione delle nuove tre maglie, che ogni cessione è nell’ottica del rafforzamento, e che la capacità attrattiva di una provinciale assurta a grande rimane tale dopo due gironi europei varcati e due terzi posti di fila, prospettive e orizzonti in entrata si allargano.

Dei nomi che si fanno, compresi Martin Erlic (’98, Spezia), Sven Botman (’00, Lilla), Takehiro Tomiyasu (’98, Bologna, su cui ci sono anche gli Spurs) e buon ultimo German Pezzella, ’91 della Fiorentina nella Selecciòn di Lionel Scaloni fresca campionessa sudamericana proprio come l’illustre partente, al netto dell’uscita sicura per l’esubero Bosko Sutalo, possono arrivarne tranquillamente un paio. Oltre a uno tra Gianluca Frabotta e Giuseppe Pezzella (’98 e ’97, Juve e Parma) da backup di Robin Gosens a sinistra. Tanto più che il giapponesone può fare il vice-Rafael Toloi, per chi non vive sulla Luna il prossimo ex intoccabile per ragioni anagrafiche, e perfino il pendolino nella fascia dove Hans Hateboer potrebbe cedere il passo causa problemi annosi al quinto metatarso sinistro. Un Romero non si sostituisce con uno schiocco di dita, ma anche prima di lui era stato podio. Anzi, nella coppa dalle grandi orecchie era stato quarto secco, a Lisbona contro il PSG, a un paio di minuti dalle semifinali. Guai a sopravvalutare i singoli, pur bravissimi o ineccepibili, nell’idea di calcio rigorosamente perequata e collettiva di Gian Piero Gasperini.

L’allenatore non potrà mai avallare tecnicamente la scelta del club di privarlo dell’ex genoano, ma la sua partenza gli garantirà la copertura per i suoi desiderata anche negli altri reparti. Leggi Teun Koopmeiners, annata magica ’98, il mediano-bomber dell’Az Alkmaar, olandese come l’altro mancino Botman che rischierebbe da par suo di far invecchiare precocemente José Palomino, e Jeremie Boga, ivoriano del ’97 notevolmente deprezzato rispetto alle 30-40 cocuzze dell’estate 2020 dopo un’annata a singhiozzo. Quest’ultimo, che avrà comunque l’effetto di sospingere Josip Ilicic fuori dal progetto, e scusate se è poco, è quanto di più lontano si possa immaginare da una chimera di luglio. In sintesi, la dolorosa quanto ripagatissima rinuncia a uno ne apre la strada a quattro. Forse è vero che Perca$$i, come hanno voluto ironizzare gli autori del drappo, comunque contestatissimo dalla schiacciante maggioranza del pubblico atalantino, conosce l’odore dei soldi e gli piace pure: mica siamo alla fiera dell’idealismo. Il pallone è passione e anche business, la formula pane & salame non va più bene nemmeno in serie C. Di assodato c’è che le sue fortune e i suoi interessi corrispondono non da ieri con le fortune e gli interessi dell’Atalanta Bergamasca Calcio. Che sappia comprare bene almeno quanto sa vendere è sotto gli occhi di tutti. Un poker di toppe per tamponare uno sbrego è qualcosa di più che accettabile. E poi c’è quel genio in panchina, volete mettere?