Lei è Lisa Ventricelli, 17 anni di Mapello. Frequenta l’istituto tecnico di chimica presso la scuola Giulio Natta di Bergamo. Da grande vuole fare il medico o la farmacista, per aiutare le persone. Due anni fa, seguendo il consiglio dei genitori che la spronavano a buttarsi in una nuova esperienza, ha iniziato a giocare a calcio nella società Accademia Isola Bergamasca.

Come hai maturato l’idea di diventare arbitro? «Il secondo anno in Aib sono entrata nella prima squadra che gioca nel campionato di Promozione. Ma ero la più giovane, le mie compagne e le avversarie erano anche molto più esperte perché giocavano da più tempo e io facevo quindi molta fatica. Nel frattempo sono venuta a conoscenza, tramite la mia scuola, dell’avvio di un corso di arbitri per calcio. Ci ho fatto un pensiero. I miei genitori, ai quali avevo chiesto consiglio, mi hanno sostenuta nella decisione e così mi sono iscritta, lasciando il calcio giocato».

Raccontaci del corso. «Il corso arbitro è un’esperienza davvero bella e molto coinvolgente. Io ho frequentato il corso presso la sede arbitri di Bergamo, la seconda più grande in Italia dopo Roma e l’organizzazione è molto curata. Il corso si è svolto nei mesi di ottobre /novembre 2019, 2 lezioni a settimana per un totale di 14 incontri, esame finale ed esordio in campo. Eravamo in circa 80 ragazzi, di cui solo 5/6 ragazze».

La tua prima partita come arbitro… «A Longuelo. L’esordio in campo è un mix di emozioni uniche e indimenticabili. Appena prima dell’inizio della partita ero tesa e agitata, ma con il fischio d’inizio l’agitazione ha lasciato il posto alla concentrazione».

Ti sei mai trovata in difficoltà in campo? «Per le prime tre partite ti viene affidato un tutor che al termine di ciascuna ti aiuta a capire eventuali errori. Ho avuto diversi momenti di ansia, in particolare quando si verificavano delle azioni particolari ed io, essendo all’inizio facevo fatica a prendere decisioni. Ho imparato che è fondamentale prendere rapidamente le decisioni, senza pensarci troppo, altrimenti si possono perdere azioni determinanti per la partita». 

Hai subito discriminazioni per il fatto di essere donna? «Sì, molti hanno ancora pregiudizi sulla figura femminile come arbitro nel calcio. Ho dovuto fronteggiare atteggiamenti poco educati anche da un allenatore (che poi ho espulso…). Poi ci sono i genitori, che sono forse la parte più ostile di questo fantastico ruolo. Sono capaci di dire frasi che ti fanno realmente pensare di mollare tutto… Mi sono sentita dire “tornatene in cucina e a lavare i pavimenti” oppure “vai a lavorare nei campi che è meglio”. All’inizio ci rimanevo molto male. Ora mi sono rassegnata. Ho capito che non devo ascoltare gli insulti. Io sono in campo per fare il mio lavoro nel miglior modo possibile».

Che messaggio vuoi dare a chi ci sta leggendo? «Che bisogna fare ciò che il cuore comanda, anche se amici e genitori non sono d’accordo con te sulla scelta da compiere. E poi mai arrendersi, anche se è difficile. Ma più di ogni cosa voglio dire, e mi rivolgo soprattutto ai giovani, che non bisogna permettere mai a nessuno di rendere vani tutti gli sforzi che facciamo. Quando ti deridono e ti dicono che non sai fare nulla, è proprio quello il momento in cui tu ti devi allacciare gli scarpini, entrare in campo e zittire tutti mostrando con i fatti chi sei».
E noi aggiungiamo, nel campo così come nella vita.
Grazie Lisa. Sei un esempio di tenacia e determinazione
La tua storia è una lezione di vita.

Alessandra Mazzoleni