Arrivavo da casa e sono passato per le vie del centro. Erano le otto, era buio e non c’era in giro nessuno, ma c’erano tutte le lucine già sistemate, le stelline e le comete elettriche del mese di Natale. Mi mettono addosso i brividini e un sacco di desideri, di speranza e di pace. Mi fanno sempre sentire in sottofondo la voce di John Lennon, che è bellissima e poi ripete “war is over if you want”, che è un concentrato di psicologia, una frase piccola piccola, ma che ha davvero dentro tutto, l’intero segreto per viverla meglio.
Al semaforo di Porta Nuova, in ritardo come al solito, non ci ho pensato, ho parcheggiato la Pandona e sono sceso. Avevo bisogno di respirare a pieni polmoni e per almeno dieci minuti quel freddo illuminato, che a me piace un casino perché sa di caldo, di vin brulé, di alpini e di regali ai miei figli da mettere sotto l’albero, in silenzio e in punta di piedi perché non se ne accorgano. Le luminarie hanno quell’immenso calore, uguale identico alla musica che gira intorno negli interminabili cenoni da mia sorella Chiara, con mio babbo, Marco, che si mette a farci ridere da matti perché fa il mazziere a “Mercante in fiera” e ci prende ogni volta per il culo. “Due carte a cinque euro, ma solo per quel barbone di mio figlio Matteo. Se le compera quel genio di Riccardo, ovviamente costano il doppio…”. E giù risate.
Farò quello che ci diranno perché non voglio che la mia gente stia di nuovo male, ma io non sono come Cesare, non sogno un Natale sobrio, non m’immagino tra gli spaghetti in bianco, il pollo, l’insalatina e l’acqua frizzante sul tavolino della cucina col tempo contato, una misera oretta da passare velocemente in tre. Mi piacerebbe fosse come al solito, come le lucine di questa sera a Bergamo, con quel caldino che avvolge un lunghissimo giorno a casa dei miei cari, passato nel casino con appena cinque cose da fare, quelle che mi piacciono di più, mangiare, bere, chiacchierare, coccolarsi e giocare. E sono un uomo fortunato, che ho finito le mie mani per contare chi mi ama, e vorrei che il 25 dicembre fossero tutti lì con me, a cantare che questa guerra è finita (se lo vogliamo).
Matteo Bonfanti