E così mi è successo un’altra volta, le melanzane alla parmigiana dimenticate nel forno, bruciate che parevano pezzi di carbone della Ruhr.
Era ieri, era notte, sarà stata l’una e trentacinque circa, dormivo già da un bel po’ mentre su Netflix si sparavano come ossessi. Incurante di tutta quella violenza in televisione, sognavo. Prima qualcosa di bellissimo: mi pappavo un pollo arrosto con le patate in una casa settecentesca con il ds della Cisanese, Beppe Nervi, uno che è fighissimo, ai fornelli vestito da doge. Poi l’incubo: ero da Mc Donalds, c’era la Meloni, faceva gli spaghetti al pesto, buonissimi come li fa Erni, il marito di mia mamma, ma non li dava a tutti, solo a quelli della fila che stavano col braccio destro alzato. E quando è arrivato il mio turno, Giorgia mi ha detto: “Ti do un bel piattone, ma solo se mi dici che Mussolini ha fatto tante cose buone e che quando c’era lui i treni arrivavano in orario. Non lo fai, salti la cena, che noi di Fratelli d’Italia siamo persone serie…”.
E lì mi sono svegliato. Con addosso una fame boia, tipo che mi sarei magnato mio figlio Zeno se fosse stato sul divano con me, ho trovato la forza e il coraggio di alzarmi. E ho aperto il frigo, il solito deserto dei tartari creato da due figlioli adolescenti che si nutrono peggio di due cinghiali. Devono crescere, va bene, ma così esagerano. Spazzolano ogni cosa, una spesa di cento euri tondi tondi polverizzata in quattro ore.
Nel frigo, preso tre mesi fa a Mediaworld grazie ai soldi della mia povera mamma, c’erano una carota, tre cipolle e sette pomodorini. Ci ho anche pensato, ma ho desistito perché sono da sempre contro la violenza sulle verdure e non mi va di iniziare ora a essere il loro carnefice, che magari sono lì che sperano di vedere i loro semi colonizzare il mondo e invece finiscono nella mia panza, delusi e senza speranza, come in una stanza priva di porte e di finestre. Quindi ho notato la solita mezza mozzarella di bufala che è tanto che ci conosciamo. Sarà di due estati fa, dell’agosto del 2019, le parlo spesso quando sono un po’ giù e ormai ci guardiamo con una certa complicità e non è giusto dirle addio con quello che si è creato tra noi. In ultimo, non certo per importanza, il dado vegetale di Ernesto e una ventina di sottilette belle grosse, strachimiche, probabilmente della Kraft.
Rassegnato, mi sono detto “mi do al bere che qualche calorie le ha”, visto il recente acquisto al Carrefour di una bottigliozza di Amaro del Capo, che però non stava al suo posto. Cercandola, eccole, loro, bellissime e incartate, gagliarde e gradasse, sensuali e sicure di sé, le melanzane alla parmigiana dell’Esselunga nel posto che non ti aspetti, la tasca del frigo riservata al pesce fresco.
Esaltato, le ho messe immediatamente in forno. Dieci minuti, il giusto pisolo sul divano prima di mangiarle, dormitina che però si è allungata quell’attimino ed è durata la bellezza di sei ore. Alle sette Zeno si è svegliato che doveva ripassare e si è incuriosito: “Papà, cos’è sta cosa carbonizzata che stai scaldando? Pare merda”.
E ho pensato che non è un bel momento, insomma che in me c’è qualcosa che non va, la fame insoddisfatta o il sonno arretrato oppure tutti e due, probabilmente perché da un paio di settimane mi sono dato al pilates.
Matteo Bonfanti
La foto è tratta da internet, le melanzane le ha buttate oggi pomeriggio mia mamma, dicendomi “Matti, ti devi un po’ riprendere”