Consigli 6: prende quattro pere. Su tiri più o meni imparabili, ma comunque sono tante. Ha il merito di tenere vivi gli ultimi minuti con una gran parata su Sansone. Lui in A ci sta mentre i compagni di reparto, se sono quelli di Parma, no. Perché ballano… sul tango argentino del Triste Solitario y Final.
Stendardo 5: la difesa non c’è, lui naufraga nella disastrosa giornata dell’altro centrale. Non arriva a concludere in gol,  da due passi, nella ripresa. L’avesse messa sarebbe stata la terza rete in cinque gare e avremmo scritto un’altra storia.
Yepes 5: lento, impacciato, spaesato, a tratti persino spaventato da Amauri che è tutto tranne che un fulmine di guerra. Ha il merito, casuale, di far espellere il centravanti brasiliano a inizio ripresa, evitando il cappotto. Nel secondo tempo poco lavoro e tanti lanci lunghi. Colantuono gli ricordi che per l’impostazione c’è un certo Cigarini che ha altri piedi e un’altra visione di gioco.
Canini 5: altro centrale in barca. Tra i tre non è neppure il peggiore, Colantuono, forse, lo sostituisce perché è il più giovane (1’ st Marilungo 5,5: entra e non incide e non è neppure colpa sua. Nella ripresa nella metà campo del Parma mancano solo il nano da giardino, la donna cannone e l’uomo che cammina sui pezzi di vetro. Lui è un contropiedista, in spazi tanto stretti cosa può fare?).
Raimondi 4: ha soprattutto colpe tattiche. Gioca troppo avanti  mettendo l’Atalanta sempre in inferiorità numerica. Due dei quattro gol del Parma nascono per sue leggerezze. Prova da piangere (22’ st Livaja 6,5: facciamolo giocare. Ha i colpi per salvare la baracca, chissenefrega se è indisciplinato. Il calcio non è il Rotary Club).
Carmona 6: fa quel che può in un centrocampo che più lento non si può. Finisce, nella ripresa, a fare il terzino. Non ci fossero stati gli scellerati cambi di Colantuono, nella ripresa avrebbe inciso perché è tra i pochi nerazzurri a non avere la lingua a terra.
Cigarini 6: quando il pallone passa dai suoi piedi qualcosa – in attacco – succede. Ma capita di raro perché l’Atalanta edizione 2013-2014 preferisce i lanci lunghi, spesso a casaccio, dei difensori centrali a saltare il centrocampo. A che serve il Ciga se si gioca così?
Brienza 5: qualcosa fa giocando fuori ruolo, alla Migliaccio. Dovrebbe mordere le gambe, ma è un fantasista e finisce per pesare nell’economia di una squadra già un po’ a terra (16’ st Moralez 5: poco o nulla nella confusionaria ripresa nerazzurra).
Del Grosso 4: vedasi Raimondi e non è colpa sua. Stavolta fa l’età, uno a trent’anni suonati la fascia su e giù non la fa più. Se si gioca con il 3-5-1-1 meglio un bravo ragazzo del vivaio nerazzurro. Colantuono si faccia consigliare da Favini (quello di Montolivo e Pazzini, ndr), di indiavolati terzini nella Primavera di Bonacina ce ne sono diversi. E anche Percassi farebbe i salti di gioia.
Bonaventura 6,5: predica nel deserto ed è commovente quando, al 43’ del primo tempo, recupera la sfera in mediana, parte palla al piede per servire Denis che segna, e, di fatto, tiene accesa la speranza. In questa Atalanta assai tristina è un lusso. Perché ha il piede fatato e parla un altro calcio, quello che piace a noi.
Denis 6,5: imprescindibile. Sforna assist, segna, si batte come un leone. Ampia sufficienza nel giorno più nero della Dea. Un vero capitano.
All. Colantuono 5: sembra il Mou confusionario del Real Madrid costretto a vincere: attaccanti alla rinfusa con l’idea che qualcosa in area capiterà. Nella ripresa, infatti, gioca al lascia o raddoppia inserendo punte e mezze punte, annullando, così, la superiorità numerica a centrocampo, costringendo Carmona, l’unico con un po’ di gamba, a fare il terzino. E’ in evidente stato di difficoltà. Sbaglia la formazione iniziale, canna i cambi, punta su due terzini in ritardo di condizione, inserisce Livaja quando è tardi. L’impressione è che sia un mister stanco.

Matteo Bonfanti