In questo mio strano momento pop io non capisco il tipo che passa il suo prezioso tempo a leggermi, persino se scrivo che ho un’unghia incarnita, per poi insultarmi, senza che io gli abbia fatto del male, che ne so, che sia finito per sbaglio a scopargli la moglie o a menargli la mamma o a sgridare il suo bambino in culla, tre cose che, comunque, e posso giurarlo sui miei figli, non ho fatto mai. Prima i fatti evitando di fare il nome e il cognome in questione, quindi l’analisi che ne faccio, in ultimo la richiesta di risolvermela a ognuno di voi anche per capire se è un problema solo mio oppure è dell’intera specie umana e bisogna trovare al più presto una soluzione, magari chiamando un esperto.
Inizio. Intanto non sono di primo pelo, faccio il giornalista da vent’anni, se scrivo che mi manca il Papu, so benissimo che me ne sentirò addosso di ogni, e ci sta, fa parte del gioco in cui amo mettermi. Se dico che sono nella poligamia calcistica, un po’ milanista e un po’ atalantino, mi aspetto succeda il cinema. E’ normale, sono a Bergamo, scrivo soprattutto della Dea, mi piace dire quello che sento, libero e senza appartenenza, i commenti, persino quelli al vetriolo, non mi fanno male. C’è una fede, io la infrango, dividendo gli animi e infilandomi nel tunnel della polemica calcistica infinita, solo proponendo a chi commenta che non si passino mai i limiti arrivando all’insulto personale.
Ma quando mi metto sulla mia vita è impossibile che qualcuno me la meni anche perché sembro Madre Teresa di Calcutta, come disse tempo fa un mio carissimo collega. Se racconto dei sofficini, la sola cosa che sono capace di mettere in tavola ai miei figli, se dico perché sono arrivato a Bergamo, in quale viaggio lavorativo, non esprimo delle opinioni, ma un’esistenza. E lui è lì, che mi aspetta: “Sei come la Durso (ovviamente scrivendo il cognome sbagliato), sei una pallas. L’importante che non fai un altro libro. Evita”.
Ma lui, che io forse ho conosciuto da bimbino all’oratorio, è costantemente ad aspettare i miei post. Metto la prima pagina di Bergamo & Sport, il giornale che dirigo, nell’idea che magari qualcuno la veda e ci si ritrovi correndo in edicola ed eccolo che rispunta: “Un po va bene….dopo diventi pesante (ovviamente scritto sbagliato)”.
Ora io, non so voi, e qui parto con l’analisi, uso facebook in questo modo, come tanti miei soci, perché non è che sia una pop star, ma un semplice giornalista di provincia, un po’ mi ci metto ogni sera per lavoro, quel minimo di pubblicità al settimanale che dirigo, un altro po’ come diario, un sacco per svago, per leggere chi amo e chi mi fa schiattare. Non è il mio materasso delle botte. Se uno o una non mi dà particolari emozioni o non mi piace per quello che pensa, passo semplicemente a un’altra pagina. Non sento il bisogno di scrivergli: “Vergogna, cambia lavoro”. Amo interagire con chi mi sembra possa arricchirmi personalmente, magari diventare un amico reale, bevendoci una birra dopo aver letto un suo post particolarmente divertente, magari illuminante.
Forse mi sbaglio, ma io credo sia questo. Non ho mai insultato nessuno tra le mie frasi, neppure l’onorevole Razzi, che ogni tanto sbigno perché mi scappella, sempre alle prese con balli diversi.
Torno al mio eroe, a cui oggi ho scritto in messenger, chiedendogli di smettere di insultarmi sotto ogni post, piuttosto di dirmi cosa non va nella prima pagina di Bergamo & Sport, magari un errore o un salto di riga o lo Scanzo che domenica non ha giocato una partita perfetta come diciamo invece nel titolo, chiedendogli cosa lo faccia tanto soffrire se io a vent’anni sono venuto a Bergamo a lavorare. Gli ho consigliato, ovviamente dolcemente, di legarsi ad altre pagine, piuttosto che rimarcarmi ogni volta, anche via messenger, che io non sono degno di scrivere o che faccio pena. L’ho fatto per aiutarlo, perché penso che la vita sia una e che l’obiettivo sia il piacere. Ti piace leggermi? Perfetto. Resta. Scrivimi le tue emozioni. Passo la notte a rispondere a chi lo fa perché credo che le parole siano un dono. Incontrarsi e sostenersi, scambiarsi pensieri, è il bello dei social. Ti fanno schifo le mie frasi? Ci sta, non sono Feltri e manco Gianni Brera. Cambia canale, senza sprecare il tuo tempo. La sua risposta, salvata, reclama la libertà di menarmela su ogni cosa. Secondo lui è la democrazia, ovviamente nel dramma dell’ortografia. Volevo metterla come foto, poi ho pensato sarebbe stato un errore, che, magari, ha moglie e figli e l’odio social per me stasera gli crea casini in serie. E ho tolto i suoi commenti sotto i miei post, la prima volta che lo faccio nella mia vita, per difenderlo dalla sua ossessione, evitando che la gente vicina lo pensi con qualche rotella in meno. Che dire? L’ho prontamente eliminato dagli amici, lui mi ha immediatamente richiesto l’amicizia.
Io penso che tanto tanto faccia il covid, che siamo tutti qui collegati, mai a tirare due menate al bar o a farci una cenetta al ristorante con la nostra bella, concentrati sul video, a sfogare per sere intere le nostre frustrazioni, a prendere di mira uno che ritieni ce la stia facendo. Ma credo sia anche la mia storia personale, essere diventato famosino per via di quattro articoli letti tantissimissimo. C’è un immenso volermi bene, l’ultimo quello di Sara, che merita di avere il nome in questo articolo, in oncologia con suo babbo ridendo del Vestaglietta, ringraziandomi, e c’è l’innominabile, che riuscirà a trovare il modo di menarmela anche per questo articoletto.
Vi invito a pensarci, a darmi un’idea, e, soprattutto, se siete come il mio eroe di questi giorni, a pensare a cosa sia per voi facebook, per me un diario con cui ridersela con amici vecchi e nuovi, ridendo e scherzando, facendo gli scemi sull’Atalanta, sul Milan, su Ibra, su Lukaku, sul Gasp, sui sofficini, sul mio dramma di essere stato chiamato a Bergamo per sostituire un genio come Serpellini (facendo disastri in serie), sentendosi tutti uguali, nella stessa grandezza, ma pure nell’identica miseria, mettendo la mia foto, in redazione, ora che è quasi sera e che devo tornare a casa a fare i bastoncini ai miei figli, Vinicio e Zeno, qualcosa che manderà in bestia il mio ex amico su facebook a cui sto sulle balle, senza che io mi ricordi bene bene chi sia.
Matteo Bonfanti