Solo, ma ancora un’altra volta, dirvi di non ascoltare il suono del mare d’odio in cui da un po’ in Italia ci tocca navigare a vista, solo spiegarvi quanto già sapete, andare avanti, ostinati, contrari e controvento, scegliendo ogni volta l’amore, identici a come stavamo in tana ieri sera tra gli hamburgher del Fodbox, io e voi due ormai grandi, ma sempre e per sempre come siete in questa foto di dodici anni fa, i miei gioielli, Vini e Ze, Ze e Vini, un intero pomeriggio nell’anno 2013 ad aiutarmi a distribuire il giornale allo stadio, il Gewiss, la seconda casina del vostro babbo che di lavoro fa il direttore di un giornale che parla di Atalanta, di pallone e dei suoi mirabili misteri. I nostri baci e le carezze, la cura delle domande e delle parole, l’accorgersi, “papà, cosa c’è?”, i miei baci e le mie carezze, l’accogliersi, “venite qui che siete belli come il sole, di nuovo, un secondo, anzi fino al trenta o al quarantacinque e poi al cinquanta, magari un minuto o due, un’ora o un decennio, insomma fin che ci va, che passa e passerà o insieme la faremo passare”. Era ieri, era tardi, era in questa città dove è sempre Capodanno, era nel nostro borgo, Santa Cate, due ragazzi si sono ammazzati, l’uno perché ha ucciso l’altro. E ci erano accanto, il primo andava a scuola con voi, il secondo giocava a pallone, tifava per la Dea e leggeva il mio giornale. Ed ho sentito il pericolo, la mia paura più grossa, la sola, di non vedervi più, magari per sbaglio, di fronte a una frase sbagliata, messa in fila all’alba, senza averne più, nel sentiero terribile degli irrisolti, nella schiuma dei giorni, tra le botte, ormai così di moda nelle note dei cantanti, nei programmi dei politici, sulle strade, sui social, tra chi si è amato. E ne abbiamo parlato e mi avete rassicurato che per voi la vita è importante. Questo vorrei non dimenticaste mai, l’altro, il suo valore, pure da ubriachi, se vi capiterà, persino se siete a fare una gara di cuoricini su instagram, anche se gli state sparando su Fortnite, l’altro, l’altro che è sacro, perché, come voi e come me, per stare bene ha bisogno di baci, di carezze, di parole e di sorrisi. Di comprensione, tutta. Di risate, fino a scappellarsi. Mai d’altro. Mai di una coltellata.
Matteo Bonfanti
Nella foto: Ze e Vini, ora 16 e 18 anni, nel 2013, al Gewiss Stadium