La lettura che propongo oggi non fa parte del filone sulla crescita personale – come faccio di solito. E non è nemmeno una recensione in senso stretto. Quindi Max, cosa hai combinato questa volta?
Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Elisa Sgubin e di fare con lei una “chiacchierata” a proposito del suo libro Alla Fermata.
Pertanto ho deciso di mettere insieme le due cose: recensione e chiacchierata, in fondo è un’opportunità che non capita tutti i giorni, giusto?
Elisa è friulana ma trapiantata a Londra da diversi anni ormai e l’esperienza internazionale le ha permesso di sviluppare una bella sensibilità nei confronti del “diverso”, nel senso mindful di accettare senza giudizio (che non è lo stesso di non avere una propria opinione).
Ha potuto così creare un network di conoscenze molto ampio e globale che è servito come spunto per l’idea di “Alla Fermata, diciotto racconti dell’Aprile 2020, il mese del Covid, quello che ci ha cambiato la vita”.
Diciotto persone, dall’Europa all’Australia, dall’America Latina all’Africa al Nord America, tanto diverse per cultura, lingua, religione e stile di vita quanto accomunate da una condizione unica e – mi auguro – irripetibile: in lockdown a causa di un virus che mieteva (e continua purtroppo a mietere) vittime, creando grande disagio globale.
Leggendo il libro, la prima cosa che si nota è il distacco narrativo dell’autrice, confermato dalla stessa Elisa: “è una scelta precisa, volevo che lo spazio del racconto e delle emozioni fosse tutto e solo per le persone intervistate. Non che io non provassi emozioni, ma Alla Fermata è scritto rispettando la realtà delle persone così com’erano nel momento in cui mi sono collegata con loro”.
Nonostante il distacco della narrazione, il libro è davvero molto coinvolgente: abbiamo vissuto questa limitazione forzata della nostra libertà pensando unicamente a noi stessi e ai nostri cari, il nostro intorno più immediato. Ma gli altri?
Com’è stato vissuto il lockdown dagli altri nel Mondo? Cosa facevano? Come si informavano? Cosa è cambiato maggiormente nella loro vita?
Una cosa era il racconto dei vari TG, altra cosa era (e continua ad essere) la narrazione sui social media; ma cosa ben diversa è toccare con mano la quotidianità delle persone nel Mondo entrando in punta di piedi nelle loro case, con il loro permesso e con il tatto e la sensibilità di Elisa.
Riusciamo così a farci un’idea più precisa e reale.
Scopri per esempio che nel Far East raccontano dell’incredulità occidentale con comprensibile disappunto.
Realizzi come si sopperisce alla perdita del lavoro imparando a sfruttare le potenzialità di internet, come da noi del resto, ma con meno lagne.
La sofferenza, quella sì è comune a tutti, viene vissuta sempre con grande dignità; la gratitudine verso il personale ospedaliero è anch’essa comune e tutti e manifestata apertamente.
Da una casa di Londra senza balconi, Elisa cerca nelle immagini che le arrivano spazi aperti, giardini, cieli tersi, quasi a voler respirare quella stessa aria e così aumentare l’empatia verso le persone con cui è collegata.
Eppure colpisce come per molte immagini sembra sia tutto fermo: non c’è scorrere di vita quotidiana, ma cartoline di attimi congelati “come quando nel mezzo di un film l’immagine si blocca all’improvviso e lo sguardo rimane fisso in attesa che lo stallo svanisca e che la scena riparta”.
Sono incuriosito da tanta varietà umana e credo sia un dono – quello di sapersi relazionare con genti così diverse – che noi italiani sappiamo esaltare quando viviamo all’estero. Elisa in questo è una vera campionessa!
Scelte di vita: qui ne emergono tante. Quotidianità da reinventare, convivenze forzose, solitudini improvvise, bei ricordi, brutti ricordi. Ecco le emozioni a cui Elisa ha voluto lasciar spazio; emergono sempre, con la timida dignità che solo un lockdown globale poteva generare: senza rabbia ma con tanta consapevolezza.
Poi una provocazione (la mia) causata – lo confesso – da un pregiudizio: “non è che in Cina il rispetto delle regole e indicazioni governative fatto “per amore” sia una forzatura per non incorrere nella censura”? Elisa: “La persona con cui ero collegata in Cina è un avvocato italiano sposato con una ragazza cinese. Lui ha compreso e fatto sua la filosofia locale per cui il bene comune è più importante di quello del singolo. Non c’è forzatura nel dire che le regole vengono rispettate da tutti per amore della comunità in cui si vive”. Altra cultura, altra mentalità, altra attitudine e altra lezione imparata da Massimiliano! Grazie Elisa.
E poi venne il 2021: per ogni intervista Elisa ha voluto fare una chiamata di “follow up” un anno dopo. Ne emerge tutta la resilienza di cui, come razza umana, siamo capaci.
Dopo la notte, per quanto buia, c’è sempre una nuova alba!
Cosa dicevo? Alla Fermata non è un libro di crescita personale, giusto? Beh, fate voi! Io lo consiglio a prescindere!

Elisa Sgubin, “Alla Fermata, diciotto racconti dell’Aprile 2020, il mese del Covid, quello che ci ha cambiato la vita.” Edizioni Bergamo & Sport

Massimiliano Bravin
Consulenza e Formazione
Mindful Coaching ©
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