Sto sognando ed è uno di quei sogni bellissimi, impossibili, ma in tecnicolor, che sembrano reali. Sono tra il pubblico a vedere il concerto di Nicola, un mio caro amico che fa il cantautore e che ieri ha compiuto gli anni. La musica è bella e siamo in uno stadio vicino al mare. Ne sento il profumo. Ad un certo punto avverto addosso un cazzettino, fastidioso perché duretto, appoggiato in mezzo alle mie chiappe, mentre dalla sala suona il mio cellulare.
Mi sveglio, e sarebbe già questa la notizia, mi libero dalla morsa di Zeno, mio figlio piccolo, che, come sempre da quando è nato, è passato dal suo lettino al lettone per starmi appiccicato. Faccio lo slalom tra i nostri vestiti, riesco a prendere il telefono, che in quell’attimo smette di suonare. Mia mamma, la richiamo: “Ciao, mami”, “Ciao, popino bello… State tenendo pulita la casa?”, “Sì, dai, abbastanza. Bevo il caffè e ti dico un po’. Ci risentiamo tra una mezzoretta”.
Di fronte a me appare l’inferno della casalinga in tutta la sua drammaticità. In ordine di importanza, il tavolo. Ci sono un succo Centrifuga Misura vuoto, delle forchette, forse cinque, magari di più, tre cartoni con residui di pizza dove volano delle mosche affamate e incazzate, due bottiglie di Tennets ormai bevute, della farina, del prosciutto crudo, nove fragole, il computer dove sto scrivendo macchiato di pomodoro ai suoi bordi e su un tasto, quello della m, una scatola di pastelli Giotto Nature a cui mancano il nero, il verde e il rosso, un pezzo di Mc Chiken, due crocchette di pollo magnate ai lati, un termometro, lo scotch, un tagliere su cui riposa, forse da giorni, un pezzo di focaccia, una tazza mezza piena di latte Granarolo, una bolletta Vodafone non pagata, uno shampoo Pantene Pro-V Ricci Perfetti, un sasso bello grosso, gli appunti dell’intervista fatta ieri sera al Vava, un barattolo aperto che contiene la crema Lindt Nocciole, una confezione di Nutella Biscuits, un Choco Fresh sciolto, due maionesine, una mascherina bucata, un orsetto di peluche marrone, gli airpod, il mio portafoglio, vuoto, le chiavi di casa, quelle della macchina, le sigarette, ma soprattutto un impasto al cioccolato per biscotti. Manca giusto un topo morto, ma so che se mi metto a cercarlo, sicuro che lo trovo.
Tralasciando di parlare del lavandino, che pare il Golgota, della vestaglietta che vedo stesa sul nostro zoppicante stendi panni, di un calzino Replay, solo e malinconico sul tappeto, di un altro di marca Fila che puzza da matti, e dello scaldino acceso, che rende la sala un dolce forno, mi concentro su come sia stato possibile questo scempio nel giro di poche ore.
Bene, ricostruisco, senza toccare niente per paura di contaminare la scena del delitto. Costi è andata ieri mattina verso le dieci a sanificare casa di suo babbo, ex figlio dei fiori, vedovo, altro caso difficilissimo. E ha lasciato l’appartamento perfetto. All’una ho preso la pizza dal Fassi che a Vinicio e a Zeno piace di brutto. Alle sette e mezza di sera sono tornato e pure loro due che erano in bicicletta al parco di Monterosso. E gli ho preso la pizza, ce l’ha portata il ragazzo dello Sturi, gentile, me lo ricordo. Poi hanno giocato a Fortnite, quindi abbiamo messo un film, Avatar. E mi sono addormentato sul divano.
Ecco è lì che si è creato il casino. Che abbiano fatto un party coi loro soci approfittando del mio sonno pesante? Sarebbe assembramento… Che l’abbiano fatto senza mascherina? E perché, se mi sono addormentato sul divano, mi sono svegliato nel lettone? Che mi abbiano spostato loro due, uno tenendomi le mani, l’altro i piedi? E con quale motivazione? Chiarirò, che i due ancora dormono, eventualmente denunciandoli alle autorità competenti, la loro mamma, che s’incazza assai, se li magna, non all’Ats, la ex Asl, altrimenti portano via me.
Va beh, intanto chiamo la mia di mamma, la Vale: “Qui tutto bene, i ragazzi stanno facendo i compiti, noi ti amiamo tanto”, “me li passi?”, “no, sono impegnatissimi”, “state tenendo in ordine?”, “certo, mami, ci conosci”, “già, mi immagino… bravo, tesorino, un padre straordinario… ”. E c’è tutto lì, che una mamma lo sa, perché ti ama da sempre, ma per amore ogni volta fa finta di niente.

Matteo Bonfanti

Nella foto: dettaglio dell’inferno della casalinga