di Matteo Bonfanti
C’è nella tragedia che ha colpito Gigi Parma tutto quello che stiamo vivendo oggi in Italia. Se le ipotesi degli inquirenti dovessero rivelarsi reali, un uomo da sempre impegnato in prima linea per la legalità avrebbe incendiato il proprio locale per frodare l’assicurazione. Il piano sarebbe andato storto. E le fiamme, da lui innescate, lo avrebbero ucciso.
Con Gigi, persona dalla grande passione politica, mi fermavo spesso a chiacchierare dell’amministrazione comunale. Era intelligente e informato, figlio della migliore cultura di destra, quella che non è ideologica e che ama dialogare con la sinistra, criticando o applaudendo una parte o l’altra non per partito preso, ma a seconda delle scelte portate avanti. Era piacevole passare al Maguire’s, un po’ perché c’era Gigi, un po’ perché s’incontrava la meglio gioventù bergamasca, i giornalisti affermati dell’Eco e di Bergamonews, gli esponenti di spicco sia di Forza Italia che del Partito Democratico che della Lega Nord. Pur in forma minore, il pub di Gigi era una sorta di Giuliana notturna. A farsi una birra chi conta a Bergamo: lì abbiamo conosciuto tanti giocatori dell’Atalanta, lì abbiamo visto parecchi agenti della Polizia rilassarsi dopo il turno di servizio.
Tutti, io compreso, avevamo un’idea di Gigi. Era il titolare di un bel posto, tra i pochi di successo nella nostra città, era un vincente che aveva fatto i soldi senza i mezzucci che le persone modeste devono fare, tipo farsi dare un sacco di euro dall’assicurazione perché non se hanno più.
Ed è proprio qui che i confini si confondono diventando una normale notte in Italia, dove una brava persona s’ammazza per sbaglio, provando a fare qualcosa di illegale, e quattro “cattivi”, gli extracomunitari, cercano disperatamente di salvarla filmando la morte in diretta, col telefonino. C’è nel dramma che si è consumato in via Previtali un Paese senza certezze, qualcosa che ci porta ad accettare ogni cosa, a sospendere qualsiasi giudizio, a giustificare. Perché siamo arrabbiati e, quindi, privi di lucidità. Per noi la colpa è del sistema, sempre.
Non di Gigi, la cui immagine resta buona, nitida, per nulla offuscata nonostante il suo tentativo maldestro abbia condannato alle lacrime l’inseparabile moglie e, probabilmente, abbia fatto perdere l’amato lavoro a Sergio, il barista che ha condiviso con lui gran parte delle sere della propria esistenza. E da domani, presumibilmente, dovranno cercarsi un’occupazione anche i cuochi e i camerieri, ragazzi che per la causa hanno sempre buttato il cuore oltre l’ostacolo. Vittime in un momento economico difficile e incasinato come questo. Sconcertante pure il capitolo delle minacce che gli arrivavano quasi puntuali. Dalle prime ricostruzioni, sembra che fossero opera sua. Fosse filato tutto liscio, qualcuno avrebbe passato dei guai per qualcosa che non aveva manco immaginato.
C’è di più, un’ombra lunga inquietante, che mette ansia a chi, come me, ha abitato lì sopra: l’altra notte in via Previtali si sarebbe potuta verificare una strage. Perché il Maguire’s non è un bar in un capannone isolato in aperta campagna, ma un locale in pieno centro. Nel palazzo del pub ci vivono venti famiglie, una di loro ha avuto l’appartamento distrutto. Solo la sorte ha voluto che ci siano stati dei feriti lievi.
Se è come ci dicono, Gigi ha sbagliato, profondamente. Ci mancherà, moltissimo. Ma non è un eroe. E l’errore è nostro, della stampa locale, che andiamo avanti a dipingerlo come un martire perché non riusciamo più a tracciare la linea che separa quel che è lecito da quello che non lo è. L’illecito è normale, spesso è la regola, quasi sempre merita applausi perché è da furbi. Anche quando provoca un immenso dolore, una serie di problemi a chi resta e il rischio di far male a persone che non c’entrano nulla.

NELLA FOTO DI BERGAMONEWS – Gigi Parma del Pub Maguire’s