GIUSTAdi Matteo Bonfanti
Voglio fare il presidente di una squadra che milita in Eccellenza.  Quanto mi costa in una stagione? Un bilocale in centro a Bergamo. Ovviamente ipotizzando che il mio club non abbia nessuna formazione nelle giovanili. Altrimenti la spesa lievita diventando quella per una villetta nel quartiere dei vip. Confrontando quanto ci hanno raccontato un presidente, un direttore sportivo e un calciatore che si sono fatti più o meno tutte le categorie, ecco che sappiamo dirvi i soldi che girano in D, in Eccellenza, in Promozione, in Prima, in Seconda e in Terza. Tanti, anzi tantissimi quelli che vanno investiti nelle prime tre categorie, pochini se si è a metà del guado, quasi niente nell’ultima serie della Figc.
Qualcosa, va detto, anche riguardo la legislazione vigente. In Serie D si parla di contratti depositati in Federazione e quindi di normali stipendi che hanno un esborso lordo per il club e una busta paga netta per il calciatore. Dall’Eccellenza in giù gli ingaggi vanno a finire nella voce rimborsi, esentasse se si dà a un giocatore una cifra annua fino ai 7500 euro. Se si sfora ecco la tassazione, piccola piccola e solo per la società: poniamo che diamo al nostro top player 25800 euro a stagione, il massimo che si può dare a un calciatore che non vuole mettere il compenso nella sua dichiarazione dei redditi, all’erario verseremo appena 5160 euro, il 20%. Oltre ci sono le tasse normali.
Ma oltre non si va: un po’ perché sono un sacco di soldi (tra quelli da dare al giocatore e quelli da versare allo Stato), un po’ perché il ragazzo in questione andrebbe contrattualizzato che comporta, quantomeno, una scrittura tra le parti, cosa che ai dirigenti non piace perché da lì non si scappa: l’atleta va pagato fino alla fine. Anche se è infortunato da tre mesi, anche se continua a litigare col mister, anche se la squadra è già salva, anche se è già promossa. Al contrario, se non c’è niente di scritto, si può cacciare il tesserato quando si vuole. E, purtroppo, capita.
Dopo le doverose premesse, parliamo di calciomercato. Che colpisce perché dalla Federazione di Bergamo ci dicono che “non esistono ingaggi tra i dilettanti, ma solo piccoli rimborsi a chi gioca per passione e va in auto agli allenamenti e alla partita”. Eppure le tre persone dell’ambiente ci spiegano il contrario e concordano sul prezzo di questo e di quel calciatore e dell’altro ancora. Allucinazione collettiva? Pensiamo proprio di no. Piuttosto crediamo che alla Figc orobica convenga il comportamento delle tre scimmiette giapponesi (“non vedo, non sento, non parlo”).
Noi non siamo così, quindi il primo paragrafo della nostra inchiesta lo dedichiamo all’Eccellenza. Voglio un bomberone, uno dei migliori, uno che arriva in doppia cifra? Devo dargli almeno 1500 euro al mese oppure va da un’altra parte. E un mister bravo bravo? Mille euro se mi fa anche la scuola calcio, altrimenti magari gli tiro il prezzo e si accontenta di 800 euro. Il medianaccio e lo stopperone? Rispettivamente 700 euro e 600 euro. I giovani? Dipende dall’annata: al classe 1996 appena 100 euro, al 1993 trecento se è normale (e gioca in fascia), 400 se è un fenomeno (e ci sta anche schierato in mezzo al campo).
Avanti con la Promozione. Che è un po’ la Serie B del calcio dilettanti. C’è l’Atalanta del primo Percassi che spende e spande per salire sicuramente nell’olimpo del pallone orobico e pesca il meglio dall’Eccellenza, ma c’è anche il Latina che va al risparmio: rosa striminzita, senza giovani e senza nomi di grido. E non è detto che non arrivi prima delle altre (vedasi il Brembate Sopra 2013-2014). Con realtà tanto diverse i costi dei rimborsi variano tantissimo: le big di Promozione hanno un budget per la prima squadra che supera i 100mila euro annui e si possono permettere fenomeni che scendono di una o due categorie, le piccole riescono a competere con l’esatta metà: 50mila euro e pedalare (la bicicletta tocca ai diesse che gestiscono il denaro).
Dalla Prima cambia tutto. I mille euro al mese non si vedono più. Tutto (o quasi) gira sui 300: li prende il mister, il diesse e il giocatore più rappresentativo. Il calciatore medio ne prende la metà, il giovane spesso non piglia nulla, qualche volta i simbolici 50 euro. E la pizza magari gliela paga l’ex campione che ha deciso di fare l’ultima stagione nella squadra del suo paese. Capite bene che è da qui in poi che si può parlare di calcio dilettanti senza venire smentiti, senza sentire qualcuno che alle spalle fa una rumorosa pernacchia. In Prima si gioca più che altro per divertimento. I soldi diventano pochissimi sia per la rosa allestita dai dirigenti che puntano al salto in Promozione che da chi, invece, sogna ad agosto una tranquilla salvezza.
Così in Seconda. Che cambia perché i rimborsi non sono per tutti, ma per una decina di calciatori su venti. Prendono qualcosa gli esperti, il mister, quelli dello staff tecnico, i giovani, ma solo se fenomenali. Agli altri vengono pagate le spese: il costo del cartellino, la visita medica, la tuta, le braghette d’allenamento, la t-shirt, a volte le scarpe.
In Terza più nulla. Si parla solo di un centinaio di euro al mese all’allenatore che si è dannato l’anima per fare il patentino (che serve e da quest’anno non ci sono più scuse), altrettanti all’attaccante e al regista di centrocampo. Niente al difensore centrale, nulla al terzino fluidificante che magari farebbe la sua porca figura anche in Seconda. Il presidente brillante, quando c’è, oltre all’iscrizione paga la pizzeria la domenica sera. Il più delle volte la visita medica (60 euro) è a carico del ragazzo che suda in campo. Così le scarpe. E se si perde la tuta d’allenamento, il magazziniere, che è un volontario, ti fa un culo grande come una casa e magari te la fa comperare. E partono altri cinquanta euro.
Che differenza. Oscuri i motivi per noi di Bergamo & Sport che andiamo a vedere tutte le partite. E scopriamo che al big match del Monterosso (Terza, girone E) ci sono cento persone. E cento persone, non una di più, sono presenti a Seriate quando va in campo l’Aurora (Serie D, girone B). L’incasso (che non c’è) al botteghino non incide sulle differenze tra quel che guadagni se sei il numero sette del Pontisola e quello che non prendi se fai lo stesso ruolo nel Ponte Calcio. Ma la diversità dei compensi non è giustificata neppure dal merchandising. Avete mai visto un tifoso dell’AlzanoCene andare alla Onis o al Freetime per avere la replica della divisa dei bianconeri? C’è una fidanzata una di un giocatore che si è fatta regalare per Natale la maglia del centravanti del Brusaporto? Non c’è. Cambiano gli sponsor. Ma questa è un’altra storia, il tema del nostro prossimo approfondimento.