Ora e sempre Gigi Foppa, molto per le parole, tantissimissimo per il sorriso, che gli viene all’improvviso e riempie tutto intorno. Così perdonate chi scrive, che non ho neppure iniziato questo articolo e sto già esagerando con i complimenti, ma capitemi, del resto sto raccontando una delle persone più belle incontrate in questo mio ventennio a Bergamo, tra i pochissimi che vado a trovare almeno una volta la settimana col pretesto di vendergli qualche pagina pubblicitaria sul nostro giornale, il Bergamo & Sport. In realtà corro all’Ottica Foppa di Grassobbio per altro, il bisogno che ho di ridere, di raccontarmi senza filtro, di avere un pomeriggio nella cura dei consigli di un uomo vero, di quelli che non ti tradiscono mai, di cui ci si può fidare persino quando si viaggia in macchina ad occhi chiusi o si sta addormentati sulla prua di una barca vela tra le stelle del mare di Sardegna. E non sono il solo che ha questa fortuna, altri due Gigi vanno da Gigi per chiacchierarsela nel sole, nel vento e nell’allegria dei giorni, il primo di cognome fa Del Neri ed è stato uno degli allenatori più vincenti nella recente storia dell’Atalanta, il secondo, invece, è un cantautore napoletano, proprio lui, il famosissimo D’Alessio, un big della canzone italiana.
Succede così che questo strambo pezzo, che nelle mie intenzioni iniziali doveva essere un’intervista a tutto tondo, diventi un racconto a più voci, la prima è appunto quella dell’ex tecnico nerazzurro, al telefono con me e Gigi mentre sono più o meno le due del pomeriggio e siamo a berci una birra nel giardino di casa Foppa, a Zanica. “Gigio, avevo voglia di sentirti… Come va? Che dici di questo 4-1 al Valencia? Ce la facciamo ad andare ai quarti?”. “Sì, mister, siamo una squadra fortissima e qui ci crediamo tutti”. “E Andrea e Luca? Come vanno i tuoi ragazzotti?”. “Gigione, benissimo. E’ appena nato Achille, il primo foppino maschio dopo Ginevra e Camilla…”. “Camilla, Camilla, che bei ricordi. Come sta la tua adorata nipotina?”. “Bene, in forma, dipingiamo come sempre”. E i due Gigi vanno avanti così dieci minuti, e se la ridono, e io li ascolto in viva voce e mi ricordo le volte che li ho visti insieme, un Del Neri felice, sempre pronto alla battuta, ma anche dolcissimo, attento, opposto a quello teso come una corda conosciuto in sala stampa quando per lavoro seguivo le mirabili vicende atalantine.
Ci mettiamo a tavola, perché è pomeriggio, ma io non ho ancora mangiato. E allora Gigi vede che sono affamato come un lupo, uguale al suo Lapo, che ci guarda e viene a farsi fare due carezze. E il signor Foppa mi fa le crespelle, che mi sento coccolato e a casa manco fossi da mia mamma, e riparto a chiedergli della sua vita. “La cosa più bella che ti è successa?”, “Andrea e Luca, i miei figli, che ho avuto la fortuna di crescere e mi hanno dato moltissimo. E ora i miei nipoti, Ginevra, Camilla e Achille, che è appena nato”. “La tua squadra?”, “E c’è da dirlo? Ho una passione smisurata per l’Atalanta, ce l’ho da quando avevo cinque anni. Mio babbo è stato tra i fondatori del club dei tifosi di Zanica, io ero sempre con lui, nella vita e alla partita. Legati alla Dea ci sono tre dei miei amici più cari: Massimo Carrera, che è un timido e per questo a volte sembra un po’ scontroso, invece è una persona dal cuore straordinario, che si fa in quattro per chi ama, Gigi Del Neri e…”.
Manco a mettersi d’accordo per un mese ogni mattina ed ecco che arriva la seconda chiamata del nostro pomeriggio, dall’altro lato Claudio Paul Caniggia, il figlio del vento… “Gisci, Gisci, mi senti?”, “Sì, Claudio, dimmi tutto…”, “Ho voglia di venirti a trovare… Il mese prossimo sicuramente vengo a Bergamo…”, “Lo sai che casa mia è casa tua”, “Hai visto, Gisci? La mia ex moglie, problemi, brutte, bruttissime parole”, “Capita Claudio, ma ti ho visto in televisione e mi sei sembrato in gran forma e che bella la tua ragazza…”, “Gisci, ora sto andando in Brasile ad allenarmi, ti mando subito la foto poi stasera ti richiamo perché Gisci sei un fratello e ti devo raccontare mille cose”.
La telefonata finisce e riparto con le domande, “Il posto del tuo cuore?”, “Matte, sono due, Bergamo e Porto Rotondo, gli inverni e le mie estati. Amo il luogo dove sono nato, ma anche la Sardegna, la Gallura, il mare e la sua gente, vera, che se deve mandarti affanculo non ci pensa due volte, ma che se gli entri nel cuore, ti riempie di attenzioni facendoti vivere benissimo, coccolandoti”.
“Il colore preferito?”, “Il nerazzurro”, “Il tuo pregio?”, “Al momento non ne vedo”, “Il tuo difetto?”, “M’incazzo facile”, “Tu e la politica…”, “Lasciamo perdere”, “Il problema dell’Italia”, “Il sistema fiscale che fa scappare gli imprenditori”, “La partita che ricordi…”, “Atalanta-Malines, infinita, centinaia di emozioni in una sola sera, una roba da rimanere senza fiato”, “Tre bergamaschi che stimi”, “Sicuramente la Giuly (Giuliana D’Ambrosio, ndr), poi Caldara, un grandissimo atleta, il terzo è uno svizzero che col tempo è diventato bergamasco perché ne ha tutte le caratteristiche ed è Remo Freuler”, “Un consiglio ai giovani”, “Siate determinati, ma anche umili”, “Il tuo elemento”, “L’acqua”, “La tua canzone”, “Nessuno vuole essere Robin (di Cesare Cremonini, ndr)”, “Il fumetto”, “Diabolik che per me è quasi un vizio”.
Andiamo avanti tra splendidi racconti, l’incontro con Gigi D’Alessio e l’amicizia nata per via di un posto barca a Porto Rotondo, quello con la pittura, mille quadri stupendi in giro per la casa, “un modo semplice e divertente per scaricare la tensione”, “l’amore? Fammi un’altra domanda, sono uno scorpione…”. E poi la passione fortissima di tutti e due, quella che dieci anni fa ci ha fatto incontrare, il pallone al catino di Orio al Serio. “Amo giocare, ma ammetto non tanto per la partita, ma per il dopo, trovarsi a tavola con nuovi e vecchi amici, raccontarsi nel buonumore, con un paio di birre e qualche sambuca. E in questi anni al campo di Orio sono venuti “a darci lezioni” tanti amici, su tutti Massimo (Carrera, ndr), ma anche il Berna (Bernardini, ndr), Fabio Gallo, Gigione (che è Del Neri, ndr), il Garla (Oliviero Garlini, ndr), Conti e De Bellis, ed è sempre stato uno splendido modo per conoscersi un po’ di più. Così come l’avventura fatta col Berghem Soccer Team, le partite che facevamo per raccogliere fondi per i bergamaschi che avevano bisogno di aiuto, sempre col sorriso, impegnandomi al massimo, ma giocando in modo pessimo perché ammetto che a calcio sono parecchio scarso”.
Ogni parola una risata, che vorrei che chi sta leggendo questo articolo sentisse in sottofondo, perché è davvero una parte bellissima di Gigi, un misto tra un’incredibile voglia di vivere, un’ironia senza limiti e il bisogno di fare stare bene bene chi si ha di fronte. “Ma non dovevi parlarmi anche del tuo lavoro, l’Ottica Foppa, il tuo marchio, i negozi che vedo ormai dappertutto?”, “Sono pronto a dirti qualsiasi cosa, soprattutto che per me è un bellissimo viaggio. Siamo partiti da un buco a Grassobbio, un localino sgangherato di quaranta metri, e adesso siamo anche fuori dai confini bergamaschi, a Palazzolo, ad Alassio e a Porto Cervo. A volte stare dietro a tutto è faticoso, ma io posso sempre contare sui miei figli, Andrea e Luca, e poi stare in mezzo alla gente è qualcosa che mi diverte, mi rigenera”.
E io che scrivo giuro che è così, aggiungendo che vale anche il viceversa, ossia che Gigi Foppa rigenera chi ha vicino, con la sua splendida allegria dei giorni, con la sua voglia di raccontarsi, ma pure di ascoltare chi gli parla, ridendo e sdrammatizzando, qualcosa di rarissimo, un pregio meraviglioso.
Matteo Bonfanti