Giovanni Capoferri, delegato della Federcalcio per Bergamo, dà subito i numeri: nella nostra provincia scendono in campo ogni settimana ben 978 squadre, dalla serie D fino al settore giovanile: “Sono cifre impressionanti – esordisce – che confermano lo stato di salute del nostro calcio. E la delegazione ha il compito di far funzionare al meglio lo svolgimento di tutte queste partite”. Non è un’ossessione giornalistica, ma l’argomento principale della nostra conversazione con Capoferri comincia con le domande su quella che è stata definita la “rivoluzione tecnica” del nostro calcio, vale a dire l’obbligo per tutte le società di dotarsi di tecnici col patentino. “Sono in programma all’inizio del 2019 almeno una decina di corsi per permettere alle società di mettersi a regime. Da una prima sommaria indagine ho verificato che ad oggi sono circa 110 gli allenatori abilitati”. Inevitabile chiedere se ai corsi si verrà ammessi con un punteggio o con l’indicazione delle società: “Spero che si possa accedere su indicazione delle società almeno in un paio di corsi. Tra l’altro abbiamo richiesto che vengano coinvolte solo i club di Bergamo perché prima i corsi si istruivano insieme a Brescia. Vale a dire le due provincie più grosse della Lombardia. Aspettiamo risposte”. Educazione, tecnica, organizzazione, eppure sembra il gioco del gioco dell’oca. Perché si arriva sempre al punto di partenza benché il viaggio sia lungo e magari periglioso. Capoferri mette subito dei paletti: “L’educazione di un ragazzino deve avere come base le fondamenta del viver civile: rispetto e correttezza. Il calcio non vive fuori dal mondo. Quindi bisogna cominciare dai primi calci ad inculcare i sani principi. Magari mi ripeto ma sono concetti importanti. E’ chiaro che l’apporto degli adulti, soprattutto dei genitori è decisivo. E’ peraltro un loro dovere”. E a tal proposito Il Panathlon di Bergamo in collaborazione con Ubi Banca e il Comune ha dato vita ad un’iniziativa che si chiama il “Decalogo del Genitore”, a cui hanno aderito l’Atalanta e alcune società cittadine, volta all’”educazione sportiva” di genitori e parenti dei giovani calciatori. A quanto pare il mondo del calcio bergamasco è sensibile a questi temi: “C’è una gran voglia di approfondire la cultura sportiva con nuove conoscenze e maggior sensibilizzazione. Si avverte un forte bisogno di affidarsi a persone qualificate. Anche perché, tanto per chiarire, educazione significa che tutti i ragazzini devono giocare”. Ma non è sempre così, anzi spesso succede il contrario: “Gli allenatori devono essere educatori. Spesso è il risultato quello che conta, così come l’aspetto tecnico. Mentre sfugge quello psicologico. E allenare allievi e juniores non è un compito facile, ecco perché l’allenatore deve curare la persona (i ragazzi a sua disposizione) attraverso l’educazione”. Soldi, soldi, soldi e i club che spendono e spandano per allestire squadroni? “A me sembra che da un po’ di tempo i dirigenti siano decisamente attenti e parsimoniosi anche perché molti presidenti sono imprenditori e quindi non hanno intenzione di dilapidare patrimoni. Del resto se abbiamo sei club in serie D significa che i dirigenti sono oculati nel guardare l’aspetto economico della loro società. Diciamo che sono virtuosi, anche per quanto riguarda l’organizzazione tecnica”. La delegazione di Bergamo ha organizzato nella scorsa primavera corsi di aggiornamento su regolamenti e sviluppo societario che hanno avuto un successone: “Sì, siamo stato sorpresi anche noi della folta partecipazione. Mi ricollego a quanto sostenevo prima: c’è una forte volontà di aggiornarsi. C’era il tema della dematerializzazione che è stato recepito da parte di tutti i dirigenti. E ce ne siamo accorti anche in Delegazione. Perché sono diminuite le problematiche e non ci sono stati intoppi particolari. Abbiamo intenzione di organizzare ancora altri corsi”. E a proposito della Delegazione, Capoferri spiega i motivi del cambiamento di orari: “E’ dipeso dal nuovo contatto nazionale dei dipendenti Figc a livello nazionale. Ma abbiamo sempre dato la massima disponibilità. Anche perché la Delegazione ha sempre le porte aperte”.
Giacomo Mayer