Grazie alle potenti telecamere dei mille e passa inviati che il nostro giornale ha ventiquattro ore su ventiquattro sui centinaia di campi della nostra provincia, Bergamo & Sport è il primo media in Italia in grado di ricostruire nel dettaglio le convulse giornate che hanno riportato alla rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica.
In ordine cronologico, lunedì 24 gennaio: Mattarella lascia il Quirinale a bordo della sua Alfa Romeo, una Giulietta decapottabile rosso fuoco dell’anno Sessantanove. Lo vedono sfrecciare con la sua bella maghina facendo il gesto dell’ombrello ai vari leader di partito, qualcuno lo sente addirittura gridare frasi ingiuriose all’indirizzo di Draghi, di Renzi e di Letta: “Minchioni, e mo son cazzi vostri, io vado a godermi la pensione”. Da lì, ed è una cosa certa, l’ormai ex capo di stato si prende un paio di giorni per fare quello che gli è mancato tanto negli ultimi sette anni. Così visita otto cantieri in costruzione, menando il torrone a tutti gli operai bengalesi che stanno lavorando, al motto di “voi non sapete chi sono io”. Poi lo vedono alticcio al Circolo Acli di Fiumicino mentre s’incazza come una biscia col vecchio socio della scopa all’asse, che, rimbambito dagli anni, non si ricorda se il tre bello è andato o no durante la prima mano. Quindi, forte dei suoi capelli ancora foltissimi, Sergio si iscrive a Meetic, a Facebook e a WhatsApp con l’obiettivo di trovare una coetanea in sagoma da portare a sue spese un mesetto sull’Adriatico, località Pinarella di Cervia, Hotel Kursaal, 34 euri secchi in due al giorno per dormire in una cameretta di qualità e per mangiare la sera al ricco buffet, respirando l’aria salubre che viene dal mare. C’è di più, copertina sulle gambe, il bell’anziano parte con la maratona cinematografica dei sogni, una notte intera a guardare i film della sua giovinezza, capolavori del calibro di “Via col vento”, “Ombre rosse” e “Tempi moderni”.
Ridendo e scherzando si arriva a giovedì, con i nostri leader che non sanno più chi minchia candidare e iniziano a sparare nomi a caso, presi, va detto, dal meglio della nostra società civile, come, ad esempio, il famoso e pluripremiato regista Rocco Siffredi, un uomo dotatissimo, che però non vuole lasciare l’occupazione di sempre ed è restio a buttarsi nella corsa per Palazzo Chigi. E declina: “Qui è un troiaio – dice ai membri della maggioranza –. Perdonatemi, ma non me la sento. Non ce l’ho abbastanza duro”. Si torna quindi su Mattarella, ma l’ex presidente ha il telefono sempre spento perché sta facendo un esaltante torneo di bridge al quartiere Testaccio. Provano a chiamarlo Salvini, Letta e Berlusconi e ogni volta parte la segreteria telefonica. Dice: “Sergio se la sta godendo e ha cambiato numero. Evitate di rompere i maroni”. Con l’aggiunta di un prot finale, una scoreggia molto probabilmente fatta con la bocca, vista l’altissima caratura internazionale, e non col sedere come si fa di solito quando si ha dell’aria nella pancia.
Venerdì: dopo il panico dei giorni precedenti, i leader dei partiti nazionali dimostrano il solito immenso senso di responsabilità e dopo la bellezza di sei ore di riunioni e contro riunioni, Salvini ha il colpo di genio: “Se Mattarella è scomparso, cerchiamone uno simile. Visitiamo le case di riposo della Bergamasca, sicuro che un anzianotto in gamba lo troviamo”. Così Berlusconi tira fuori dal garage di Arcore il “Rete Quattro Turbo”, l’elicottero di lusso usato qualche anno fa per la presentazione di Gullit e Van Basten, e si mette al comando delle operazioni. Tempo un paio d’ore e i due sono in Val Seriana. Don Orione, poi gli ospizi di Alzano, Nembro, Selvino, Gandino e Clusone, a caccia di un clone di Sergio. Che però è unico. Dopo una serie di selezioni in stile X Factor, ci si orienta su Peppino Morelli, novantunenne che ne dimostra almeno dieci in meno, quattro coppe vinte in carriera al torneo di bocce di Gavarno, appuntamento imperdibile per i tantissimi fan delle feste patronali.
Tutto risolto? Neppure per sogno, dopo quattro ore di trattative serratissime, ecco la domanda che fa crollare la candidatura: “Ma nel giardino del Quirinale crescono i funghi porcini?”, chiede Peppino. Con la consueta onestà intellettuale, Salvini e Berlusconi non se la sentono di mentire all’anziano orobico e, con le lagrime agli occhi, dicono in coro la verità: “Peppino, manco i rossini, neppure i prataioli…”. Salta tutto, il Parlamento è di nuovo bloccato, senatori e deputati rischiano una brutta depressione, tra i banchi c’è chi comincia a sentirsi come dentro un appartamento di Seriate senza porte e senza finestre mentre fuori piove a dirotto e ci sono sia i fulmini che le saette.
Ma, come da tradizione calcistica, in Italia, quando ogni cosa sembra perduta, arriva l’episodio che non t’aspetti, il famoso colpo di culo: il gol di Balotelli lasciato libero in mezzo all’area, la rete a giro di Insigne dimenticato dagli avversari, il rigore parato da Gigione anche perché tirato piano pianissimo dall’inglese di turno. Così in politica, quando sabato, intorno alle 16.30, Pierferdinando Casini, eliminato dalla corsa alla presidenza della Repubblica proprio per via del suo cognome, s’imbatte in Mattarella. Il vecchino canuto sta attraversando la strada nei pressi di Ponte Galeria, zona dell’Agro Romano famosa per aver ospitato un decennio fa la nuova stella della musica leggera Nico Marajà. Il politico centrista non ci pensa su due volte e non si fa alcuno scrupolo, del resto c’è di mezzo l’interesse nazionale. Scende dalla sua vettura deciso e risoluto, rovista tra i rifiuti che ci sono lungo la strada e trova una pala. Con quella dà una botta in testa all’ex capo dello Stato, che perde la memoria, dimentica i sogni di gloria e torna al Quirinale.
Per il Mattarella Bis che però Mattarella crede che sia ancora il Mattarella One.
Matteo Bonfanti