Arzago piange un’altra vittima. Si tratta di Luca Gerosa, 52 anni, ex presidente della squadra di calcio del paese, testimone al comando di una società capace, anni fa, di compiere un’impresa davvero straordinaria, una cavalcata memorabile. Merito di un gruppo fantastico, fatto di uomini prima che di atleti o di addetti ai lavori, un gruppo che resterà nella memoria di un piccolo paese della Bassa Bergamasca. Un team che annoverava, tra gli altri, appunto, il “Gero”, che, raccolta l’eredità da numero uno, ha rappresentato il magico mondo gialloblù con il suo eterno sorriso, con la sua pacatezza d’animo, con il suo equilibrio e con la sua intelligenza. Un capo vero, una guida, una persona su cui sapervi di poter contare sempre, fin da quando ha risposto “presente” alla chiamata dell’amico Marco Rossetti, il deus ex machina dell’Arzago dei tempi d’oro: “Era un grande, una persona buona, sono molto provato per questa scomparsa, davvero. Non me l’aspettavo, pensavo che riuscisse a vincere il virus e a uscirne. Purtroppo non è stato così. Ora il mio pensiero va alla moglie Marta e ai figli Mattia e Simone“. Lo storico dirigente della società calcistica “Usd Arzago” ha camminato davvero a fianco di Gerosa per un lungo pezzo di vita, ben 10 anni; insieme hanno vissuto sia la vita degli sportivi che la vita comune, uniti dalla passione per il calcio, ma anche e soprattutto da una grande amicizia. Ed è per quello che sapere della scomparsa di un amico a soli 52 anni, fa ancora più male. Gerosa aveva cominciato ad avere la febbre già da qualche tempo ed era stato ricoverato all’ospedale di Treviglio. Poi, da lì portato al Sacco di Milano dove, intubato, è rimasto stabile per qualche tempo; questo fino a martedì quando, purtroppo, è venuto a mancare. Il sodalizio tra Rossetti e Gerosa nasce nel 2009, quando Luca diventa presidente e terrà questa carica fino al 2019: “Luca era davvero una persona buona, non l’ho mai visto alterato, mai una parola fuori luogo – prosegue Rossetti -. Già seguiva i figli che giocavano a calcio qui ad Arzago, Marta era la segretaria della società, e quando gli ho chiesto di diventare presidente ha accettato. Con lui, Ivan Aloardi e Gianluca Leo, l’Arzago in pochi anni è passato dalla Seconda categoria sino alla Promozione”. Rossetti aveva un rapporto stretto con tutta la famiglia, complice anche il fatto che i figli sono cresciuti calcisticamente proprio nell’Arzago: “Sia Mattia che Simone, entrambi portieri, hanno fatto la trafila del settore giovanile qui da noi, fino ad esordire anche in prima squadra. Poi entrambi hanno preso la loro strada: Simone gioca nel Fornovo, mentre Mattia fa l’allenatore dell’attività di base dell’Acos. Luca e la moglie venivano sempre al campo, sia durante la settimana che la domenica, anche se molto spesso andavano a veder giocare i loro figli, dividendosi sui campi”. Rossetti ha un ricordo molto chiaro, nitido e soprattutto speciale dell’amico: “Era un amante della vita, gli piaceva viverla fino in fondo. Era un grande appassionato della tavola, del buon cibo e del vino. Queste, insieme alla famiglia, erano le sue grandi passioni. Luca era un animo gentile, non l’ho mai visto arrabbiato una volta, usava sempre le parole giuste, era una persona che amava stare in compagnia e che girava anche molto, soprattutto per lavoro. Aveva un’azienda informatica che gestiva insieme alla moglie ed essendo molto pratico di computer, lui e Marta si facevano sempre carico di sbrigare tutte le attività di segretariato della società, dalla compilazione dei cartellini, a mandare le mail, alla gestione dei conti. Era una persona estremamente gentile e disponibile, sempre pronta a prodigarsi per aiutare gli altri. Non diceva mai di no a nessuno, era proprio una uomo perbene”. Grande lavoratore, staccava poco durante l’anno e quando lo faceva gli piaceva trascorrere il tempo in compagnia: “Mi ricordo che era sempre presente quando organizzavano i tornei internazionali in montagna – continua Rossetti -, era sempre il primo a mettersi in gioco per organizzare, partecipare ed esserci. Ci teneva molto. Era anche molto conosciuto in paese per via dell’attività politica della moglie che aveva assunto la carica di vice sindaco e assessore ai servizi sociali nello scorso mandato del sindaco Riva che, peraltro, è stato un nostro ex giocatore e ex allenatore. Sicuramente, per come era Luca, sono certo che saranno in moltissimi a piangere la sua scomparsa. Mancherà davvero a tutti”. E infatti il ricordo di lui è vivo in moltissimi, a partire da Pinuccio Redaelli, storico patron del Memorial Mazza, compagno di tante cene all’allora Taverna Colleoni: “L’ho conosciuto bene durante questi tanti anni di organizzazione del torneo e devo dire che Luca era davvero un uomo speciale, gentile e buono. Era un generoso, nelle parole e nei fatti”. Sulla stessa linea anche Paolo Taddeo, mente del Memorial: “Eravamo amici da sempre. Ci siamo conosciuti quando i nostri figli hanno cominciato a giocare insieme alla Trevigliese, andavamo sempre in macchina insieme a vederli in trasferta. Mi raccontava del suo lavoro e della sua passione per la buona cucina e per il vino, era davvero un appassionato, tanto che io l’ho sempre definito una “guida Michelin umana”. Sapeva tutto dei ristoranti, anche di alto livello, di dove andare a mangiare e di dove andare a bere. Pensa che una volta ero andato a vedere l’AlbinoLeffe a Mantova, era la stagione 2006/2007. Appena arrivato in città, non sapevo dove andare a mangiare, così l’ho chiamato e lui mi ha indicato immediatamente dove andare a mettere le gambe sotto il tavolo. Un fenomeno, veramente”. Il legame tra Taddeo e Gerosa si è consolidato ulteriormente quando Luca ha cominciato a fare da sponsor al Memorial Mazza: “Lui metteva sempre in palio un premio per il capocannoniere della categoria Allievi e il dono cambiava ogni anno: una volta un computer, un’altra un Ipad, un’altra ancora un tablet o un drone. Era un generoso, un uomo dal cuore grande e buono. Amava la compagnia, amava trascorrere il tempo con gli amici ed era una persona estremamente solare e disponibile, mai sopra le righe, che sapeva quando e come doveva parlare. Mai una parola di troppo, mai una frase fuori posto. Era un umile, un uomo intelligente. E per questo suo modo di essere, certamente speciale, ci mancherà tantissimo”.
Monica Pagani