Villa di Serio – Calcio, ciclismo, prospettive e aspettative dell’informazione sportiva ai tempi di internet, oltre all’immancabile divagazione enogastronomica sull’asse Italia-Francia. Tutto questo nella serata dedicata dal Festival dei narratori “Presente Prossimo” all’incontro con Gianni Mura. Si è tenuto venerdì sera, presso l’auditorium della biblioteca di Villa di Serio, l’atteso appuntamento con una delle firme più pregiate del giornalismo sportivo italiano, degno interprete di quella scuola che partì con Gianni Brera e che, a ben vedere, cerca ancora oggi una sua futuribilità e una sua collocazione in un panorama condizionato dall’avvento di internet e di modi di raccontare lo sport decisamente più gridati. “Negli ultimi 10-15 anni il primo interlocutore è diventato la pancia della gente, anche nello sport – ha chiosato Mura – e oggi nello sport si sente gridare troppo, quando in realtà il volume annulla le parole. Ripenso a un certo giornalismo dai toni discreti, alle telecronache dei Pizzul e Martellini che potremmo definire da “abito grigio”, dal garbo e dalla discrezione che c’era allora, mentre oggi per raccontare il calcio sembra di entrare in una discoteca. Ai tempi andava forte ascoltare le telecronache del calcio sudamericano, e ridevamo tutti per le urla e gli strilli di quei telecronisti, ma a ben vedere nemmeno l’Italia oggi ne è immune. Credo ancora nel giornale cartaceo, se guardiamo all’operazione attuata da Amazon che ha compiuto massicci investimenti per il “Washington Post” nulla può dirsi perduto, ma in Italia si continua a tagliare, sia gli spazi che le risorse, e non c’è più spazio per il racconto epico. Resto affezionato al ruolo che oggi più mi compete, ossia quello di chi può dire quello che vuole, ma certo non sono i tempi migliori per lo sport, che senza un elemento etico diventa uno spettacolo, uno show. I giornali hanno dato una bella mano all’intero Paese, poi l’avvento della televisione ha obbligato alla precisione, a discapito del colore e delle emozioni, e la scommessa dei giornali di oggi è diventata un’altra: perdere lettori certi per trovare lettori incerti”. Tra una digressione sulla fede calcistica – “in gioventù ero interista ma la cessione di Angelillo mi fece diventare milanista, mentre oggi provo soltanto un impeto per squadre piccole, povere e coraggiose, come l’Atalanta di Gasperini” – e un’altra sull’improbabile “Operazione Spugna” – “quando vado al Tour de France sono immerso da mattina a sera nell’atmosfera, per me è la vacanza dell’anno” – la serata scivola alla fine con due toccanti momenti, coincisi con il racconto del caso doping legato al marciatore Alex Schwazer e un ricordo di Marco Pantani: “Mi ha sempre colpito il modo di festeggiare le vittorie di Pantani e il suo modo, colto e pulito, di parlare davanti alle telecamere. Era un capitano senza esercito. Anzi, un capitano con l’esercito contro. Sulla vicenda Schwazer continuo a nutrire grossi dubbi, di mezzo c’è il fango gettato su Donati, che continua a risaltare tra i massimi operatori in ambito di antidoping. Ma non sono stanco di raccontare queste cose, perché lo sport è fatto di storie, non di favole. E secondo me, anche oggi, con spazi sempre più ridotti e le emozioni offuscate dalle grida, si possono raccontare delle belle storie”.
Nikolas Semperboni