Mi rubano il portafoglio o lo perdo per la dodicesima volta in questo 2023, un anno che ricorderò soprattutto perché l’ho passato quasi interamente nella condizione di clandestino, senza soldi e senza papel per la gran parte dei giorni, tipo i due terzi, insomma per più di duecento notti e altrettanti pomeriggi. Scopro di non avere il borsellino tra domenica e lunedì, a mezzanotte, subito dopo aver presentato al Piazzale degli Alpini il mio ultimo libro, a un giorno e mezzo dal viaggio che mi porterà in Grecia, precisamente ad Atene, martedì intorno alle 17, con imbarco su un volo Ryanair super low cost e che, proprio per questo, è fissato nel momento più sacro per noi italici, il pranzo, le 13.15. Entro in un panico sostenibile, in trentadue ore, ovviamente facendo solo quello, so che troverò un uomo buono e gentile che riuscirà a rifarmi la carta d’identità per permettermi di decollare verso il sole, il caldo, il mare, la filosofia, Omero, Socrate, Zeus e Pollon, la culla dell’umanità tutta, lo yogurt, il gyros e la feta. Blocco il bancomat, blocco la carta di credito, entrambi Nexi, ci metto poco, settantasette minuti, con solo ventotto telefonate al numero verde, probabilmente un apparecchio a gettoni dell’anno sessantotto che mi immagino stia nel centro di Istanbul (ma non ho alcuna prova). Intorno alle quattro di mattina mi reco al comando dei carabinieri che sta vicino all’Eco di Bergamo. Scopro che è chiuso. Mi bevo una Tennents che ho sulla maghina. Mi calmo. Chiamo il 112, la guardia di turno prova a convincermi che la cosa giusta da fare sia rimandare i miei problemi all’indomani, “ma tenente (il grado è alla cazzo, solo per ingraziarmelo, ndr) sono in auto e non ho la patente”, gli spiego. Lui, serafico, mi chiede “dove sei?”, io gli rispondo “in stazione”, lui mi fa un’altra domanda, “dove abiti?”, io ci penso su e poi gli dico “in via Santa Caterina”, lui chiude la nostra chiamata con un consiglio, “e allora lasciala lì, fatti due passi, fa bene, camminare mantiene in forma, fa dimagrire…”. Mi chiedo come il gendarme possa sapere che sono in sovrappeso, mi controlla? Mi intercetta ogni qualvolta mia mamma mi cerca per ricordarmi che sono grasso? Così finisco nella mia versione complottista e infrango bellamente le regole tornando a casa con la Pandona Aranciona a Metano. Tracanno la boccetta di melatonina che trovo in cucina e mi addormento. Il tempo passa e chi dorme non piglia pesci. Mi alzo alle undici, bollito, a ventisei ore scarse dalla mia partenza.
Ormai nervosetto, vado un’altra volta dai carabinieri vicino all’Eco e c’è lui, baffetto, protagonista di un altro mio racconto sempre sul tema. Mi dice: “Non puoi fare la denuncia se non hai un documento che attesti la tua identità. Come faccio a sapere che sei tu? Vai in Comune…”. Vado in Comune, un signore, che poi scoprirò bravissimo, mi dice: “Non posso farti la carta d’identità se non hai una denuncia con te”. Piango. Torno dai carabinieri, torno in Comune, ritorno dai carabinieri. Alle 14 scelgo l’unica strada possibile in Italia, il ricatto, il famoso lei non sa chi sono io. Del resto mi trovo nel classico cul de sac, prendo coraggio e dico al militare: “Sono un giornalista, se non me la risolvete, faccio l’articolo perché nessuno deve più soffrire come me”. Temendo l’arresto per insubordinazione, parlo sottovoce, pianissimo, e non ho la minima idea se l’appuntato senta anche solo una delle mie parole di sfida, di certo c’è che cede e mi fa la denuncia fidandosi il giusto. Gli dico che sono Matteo Bonfanti nato a Lecco il 15 febbraio dell’anno 1977, glielo provo con la vecchia carta d’identità fotografata sul telefono per chissà quali cazzi lavorativi. Poi chiamo il numero che mi ha dato l’uomo buono del Comune e quelli dell’anagrafe mi fissano immediatamente un appuntamento alle nove di mattina per rifare la carta d’identità, “ci mettiamo cinque minuti, tranquillo, vedrai che ce la fai e salutaci l’acropoli”. Mi commuovo. Mi accorgo che Dio esiste. Vado a Brivio a tirare quattro sassi all’Adda per ringraziarlo a modo mio. Corro a trovare mia mamma a Valgreghentino. Preghiamo. Mi dà una sostanziosa mancetta. Mi sento a posto. La mattina dopo riesco a fare il documento. Sono felice. Parto onesto, al pelo. E mi sento fiero della mia amata patria, delle sue brillanti istituzioni, e pure della nostra premier, la Meloni, e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. Cippalippa.
Matteo Bonfanti
Nella foto: angosciato e sbattuto nella foto tessera per la nuova carta d’identità