Carlos non c’è (squalifica), il Vin Diesel atalantino sì. E contro il Bologna torna a recitare da duro a centrocampo. Sempre lì, lì nel mezzo, cantava il Liga. Riferendosi a un altro che vestiva nerazzurro, il mundiàl interista Lele Oriali, uno che oltre a battagliare nel vivo del gioco a gentile richiesta si piazzava sulla terza linea. Cosa che a Giulio Migliaccio, bergamasco per la seconda volta in carriera ma sempre agli ordini dello stesso mister, è ricapitata a Livorno: “Colantuono mi conosce bene e sa che può impiegarmi in più ruoli. A Firenze ho giocato centrale difensivo a quattro, a Palermo in marcatura a tre: nessun problema”.
Il problema, casomai, è che da presidio – sul centrosinistra – della Piccola Muraglia  al “Picchi” le cose non hanno funzionato granché: “Non mi sono trovato a disagio. Yepes (fuori per sei settimane, NdR) ha accusato problemi in rifinitura e io ero lì, purché non dovessi fare il perno centrale. È stata tutta la squadra ad aver sbagliato partita. Questione di approccio, di mentalità: dopo trenta secondi rischiavamo già di andare sotto contro una concorrente diretta”. Al trentaduenne di Mugnano di Napoli, di nuovo abile e arruolato, è toccato dribblare due infortuni per potersi mettere sull’attenti davanti al suo mentore: “Tra un fastidio e l’altro sono stato ai margini quasi due mesi, e solo giocando posso trovare il top della condizione. Senza la grinta, la forza e la corsa divento un giocatore come ce ne sono tanti”. L’impossibilità di sentirsi normale, di sparire nel cono d’ombra della mediocrità. Ecco la molla che fa scattare nel cervello la voglia di andare all’abbordaggio superando gli scogli del mestiere, leggi la distorsione di fine estate al ginocchio destro e – dopo 67 minuti da mezzodestro nel 3-5-1-1 perdente con la Fiorentina alla quarta giornata – la lesione al gemello del polpaccio sinistro che prima della nefasta trasferta amaranto gli aveva concesso solo le briciole nel finale di Atalanta-Inter. Ma a Migliaccio gli alibi vanno di traverso: “Non aggrappiamoci alle emergenze dovute agli acciacchi e alle squalifiche, scontiamo solo i troppi blackout. Ormai ho recuperato, l’aver dovuto giocare dietro la prima partita intera non significa nulla. Anzi, mi dispiace di non aver saputo dare quello che sono in grado di dare: con una settimana di lavoro in più, posso garantire già sulla carta una prestazione migliore dell’ultima”.
Spiegare le montagne russe del rendimento globale, nondimeno, è come arrampicarsi su una vetta himalayana senza bombole d’ossigeno anche per uno abituato a scalare mille difficoltà come il ragazzone col numero 8: “Non voglio sentir dire che sarebbe colpa della mancanza di personalità. Nessuno qui si culla sugli allori: siamo solo alla dodicesima, abbiamo tredici punti, possiamo fare risultato e divertirci senza perdere di vista l’obiettivo della salvezza”. Bando alle distrazioni, dunque, anche se qualche difesa d’ufficio s’impone: “Gente che contro l’Inter aveva fatto una partita pazzesca, come Maxi e German, domenica scorsa ha denunciato una certa stanchezza”. E il Tanque, stavolta, è costretto a rimanere dietro la lavagna del giudice sportivo: “Chiunque ci sia in campo, vogliamo dimostrare che le quattro-cinque partite di fila positive, compresa anche quella di Genova con la Samp nonostante il ko di misura, non sono state una parentesi isolata. Le sconfitte ti pungono sempre nell’orgoglio, e sentendomi responsabile ho il dovere di porvi rimedio moltiplicando gli sforzi nella sfida immediatamente successiva”. Nessuna paura dell’avversario di turno, insomma: “Il posticipo col Chievo è stato bruttino, quindi non siamo solo a noi a non esprimerci al meglio. Però il Bologna è al settimo punto in tre gare. In più, il blocco è lo stesso della scorsa stagione e l’organico è rafforzato”. Ma per San Giulio da Mugnano, l’uomo che fa le pentole lì nel mezzo pronto alla bisogna a occuparsi dei coperchi davanti a Consigli, la ricetta della merendina a base di tortellini potrebbe presentare almeno un ingrediente indigesto: “Diamanti è il loro elemento più insidioso. Quando si spegne lui, fanno fatica: chi gravita nella sua zona dovrà tenerlo d’occhio per impedirgli di creare e finalizzare”. E tra un ribaltone tattico e l’altro, chissà che non debba pupparselo proprio il Vin Diesel de noantri.
Simone Fornoni