Se sei di Bergamo, soprattutto delle sue valli che hanno tornanti in ogni dove, quasi sempre sei un asso del volante. Gli esempi sono mille, non stiamo qui a ricordarli. Perché? “E’ la voglia che ti viene fin da piccolo di avere la patente. Io smaniavo…”. Chi ci racconta la sua grande passione è un amico, Roberto Gotti, membro del consiglio di amministrazione di Tempjob, eccellenza orobica a cui è da sempre legato il nostro giornale, un uomo che è anche un pilota di assoluto talento. Che non passa con gli anni. Roby, infatti, dopo due decenni esatti, si è rimesso al volante di un’auto da rallly, l’occasione era la gara del Sebino, giocandosela alla pari con i migliori della nostra regione. “Matteo, ti confesso che ho pianto dall’emozione – mi dice sorridendo -. Avevo appena finito lo shakedown che è il momento dove si provano le macchine, per metterle a puntino prima del via. Ero pronto, concentratissimo e mi sono scese le lacrime. Mi sono commosso perché ero di nuovo lì, proprio come da giovanissimo, con la passione a mille”.
E allora via con un racconto che piacerà un sacco a tanti nostri lettori, quello di un ragazzo, appunto Roberto, che è originario di Almé e che cresce accanto a un gruppo di amici pazzi per ogni motore. Siamo negli anni novanta, i soldi sono pochi, ma per quei ragazzi nati in Val Brembana e in Val Seriana è il minore dei problemi. Insieme iniziano a modificare le prime automobili. Sognano di partecipare ai rally, allora come oggi seguitissimi nella Bergamasca, una terra di campioni, parecchi arrivati in un battito di ciglia alla ribalta nazionale. I sacrifici sono tanti, ma vengono ripagati. “Pensa che lavoravo alla Sigma, una ditta chimica di Mozzo – continua Roberto -. Il lavoro era pesante, ma la passione dei motori era troppo forte. Così, finite le mie otto ore in fabbrica, mi buttavo anima e corpo sulla mia seconda occupazione: le auto da rally. Il tempo si fermava, le ore volavano, davo una mano al Colombi Racing Team. E con quella scuderia ho fatto quattro cinque rally, corse che mi hanno regalato emozioni indimenticabili, attimi di adrenalina pura in tutto il corpo”.
Poi la vita cambia, la carriera diventa prioritaria, quindi si costruisce la propria famiglia. Capita quindi che il nostro Roberto non si metta più nell’abitacolo, “ma la passione non mi è mai passata”, ci spiega sorridendo, “grazie a Roberto Campagna ho provato anche a fare qualche giro sia con una F1 che con una F3, in pista, qualcosa di impressionante. A volte mi sembrava di volare”. Meglio del rally?, mi viene da chiedergli, “estremamente diverso, perché nel rally ci sono mille variabili, non c’è una strada tirata a lucido davanti a te, ad esempio puoi incappare anche nella ghiaia…”.
Roberto non ci dice quali siano le sue gare preferite, ma i suoi occhi ci parlano chiaramente, l’affermato dirigente di Tempjob è perdutamente innamorato dei rally. Dal passato al presente, ecco la corsa del Sebino. Come è andata? “Nella prima prova speciale abbiamo fatto una toccatina che ci è costata diversi minuti, nelle altre ce la siamo giocati alla pari con le altre scuderie, Ora, a metà novembre, ci aspetta il Monzino. Vedremo. La voglia è tanta”.
Quattro domande piccole piccole prima di far tornare Roberto al suo lavoro, la prima: com’è cambiato il mondo del rally in questi due decenni? “Moltissimo. Quando ero ragazzo, il nostro giro era molto amatoriale, potevi correre anche se non avevi grossi mezzi, insomma potevi prepararti la macchina da solo. Oggi è tutto estremamente professionale, si lavora in un team di persone incredibilmente preparate, studiandosi ogni cosa, non lasciando alcuna cosa al caso, con mezzi precisissimi che noi non avevamo a disposizione”.
La seconda: si è evoluto il tuo modo di guidare? “Certamente… Da giovane ero incosciente, sempre con l’acceleratore tirato al massimo. La vita, e quindi l’esperienza, ti porta a capire che a volte tenerlo alzato può rivelarsi un vantaggio”.
La terza: quali sono le differenze tra il mondo del pallone e quello dei motori? “Sostanzialmente una ed è per questo che non mi piace il pallone. Il calcio divide gli animi, ci si odia per una partita, perché uno tiene all’Inter e l’altro alla Juventus. Il movimento rallistico, e in modo identico quello, ad esempio, della Formula Uno, è invece coeso. Gli appassionati sono tutti amici, quelli a cui piace Hamilton come quelli che sono innamorati di Leclerc o di Verstappen”.
In ultimo, non certo per importanza, la tua stirpe. Tuo figlio ha ereditato la tua passione? “All’inizio sembrava di sì, correva sui kart, era anche bravo. Poi si è innamorato della pesca”.
Con Roberto ci lasciamo con un sorriso. L’amico che abbiamo in comune, Ottone Mesti, suo collega e dirigente del Villa Valle, mi ha raccontato che Roby è un asso della guida, uno unico. Lui, umile come i tanti che corrono, mi saluta con una frase che per noi che ci occupiamo di sport sarebbe da scolpire in ogni dove, “che poi, Matteo, nella vita, nei motori o nel calcio, non si arriva mai al successo da soli, ma grazie a un team. A ognuno di noi il compito di renderlo vincente lavorando sempre in armonia”. Parole che sottoscriviamo e che ci porteranno sulle strade a veder sfrecciare Roby Gotti al Rally di Bergamo, per la storica edizione numero quaranta.
Matteo Bonfanti