Musicisti, poeti, viaggiatori, artisti e calciatori, è la parte sognante in ognuno di noi, quella che ci fa sentire tutti una cosa sola, ogni volta Patria. Così, venendo al giornale a piedi, oggi mi sentivo col cuore monco. A Bergamo, che è la mia città, non suona nessuno, né lungo via Venti Settembre, né sul Sentierone. Stasera non ci saranno concerti e sembra di essere in un altro posto al mondo, in uno di quei luoghi tristi tristi, nel gelo, ai confini col ghiaccio. Non qui, ora che siamo al sole di fine maggio, che è il mese del cielo, delle stelle e delle feste dove andare a guardarle.
Canzoni e poesie, parole d’amore, spesso scritte alla compagna di banco su un bigliettino volante. Durante la terza ora, con la bic nera, due frasi messe in fila, in mezzo a migliaia di cuori. Passa di mano in mano, arriva a lei, che diventa rossa in viso, poi si mette a ridere, dicendomi “sei scemo”. Il solo luogo possibile è la scuola, le aule sudate in primavera, che mancano da morire al mio Vinicio, che si allunga ogni giorno perché va così quando si hanno da compiere quattordici meravigliosi anni. Avrebbe dovuto fare gli esami, qualcosa che ognuno di noi, almeno una volta al mese, ha bisogno di ricordare. Sarebbe stato mano nella mano alla sua bella, appena prima dell’interrogazione. Ma oggi le sue medie, come tutte le altre, hanno il cancello serrato e chissà quando riapriranno.
E poi, chiusi i libri, viaggiare. Che è un’altra cosa che sta nei nostri cuori perché l’Italia è uno stivale pieno di caramelle. C’è Città Alta, che è un capolavoro, ma pure Bologna con i suoi portici, Verona con Romeo e Giulietta affacciati sul balcone, Venezia con i suoi canali. Inizia giugno e la mia Panda va su e giù, a zig zag, a Genova con Zeno, tra i pesci dell’acquario, poi Livorno, l’hotel Amico Fritz, il porto e la sua gente, poi, di nuovo di là, in Riviera con mia nonna, io e lei su una panchina di Zadina di Cesenatico a mangiare un gelato subito dopo le preghiere della sera. Le luci a Roma, il mare a Napoli, l’intera Sicilia delle arance, il battello preso al volo per bersi un mirto in Sardegna, a Palau, che somiglia un sacco a come io mi immagino sia il paradiso. Vedremo, quest’estate potrebbe essere diverso, potremmo essere solo una regione. Senza più essere Patria.
Non ci sarà Marcel, monopattino, clave e migliaia di sorrisi in Piazza Vecchia, non ci sarà l’allegra settimana tra i tendoni del circo di Cecilia e Nicola. Gli spettacoli sono rimandati a data da destinarsi, gli artisti sono l’ultimo dei pensieri in testa ai nostri governanti, poco importa se non sanno come fare ad andare avanti. Loro, ma anche noi calciatori, che giochiamo per divertirci nei tornei notturni, testa, tacco, rovesciata, tripletta del Peso. Appuntamento all’anno prossimo, sperando che re Giorgio non metta addosso troppi chili.
Io non sono un regnante, ma un giornalista, non ho soluzioni, solo domande. E allora io chiedo al nostro governo, che ha riaperto le fabbriche, i ristoranti, i parrucchieri e i bar, di trovare il modo di far ripartire anche i musicisti, i poeti, i viaggiatori, gli artisti e i calciatori, la nostra Patria.

Matteo Bonfanti

Nella foto gli artisti di strada di Spazio Bizzarro