di Matteo Bonfanti
L’ho scritto senza pensarci, al volo, perché ho visto giocare Yuri Cortesi e faceva tutto lui. Recuperava una miriade di palloni a centrocampo, poi faceva ripartire l’azione, servendo gli attaccanti, così per novanta minuti. Pareva che avesse delle pile duracell al posto dei polmoni. Qualche volta menava pure gli avversari più bravi, sempre però senza fargli male, per interrompere il gioco quando i suoi compagni sembravano in difficoltà.
In un articolo di mercato ho definito Yuri Cortesi un top player. Ovviamente per la Promozione, una categoria molto particolare, incentrata, tanto, sull’agonismo, meno sui piedi buoni che si trovano a bizzeffe in Serie D e in Eccellenza. E si è aperto un dibattito tra gli esperti. Pur se qualcuno mi ha sparato addosso definendomi un giornalista poco esperto di calcio, le frasi dei lettori mi sono piaciute assai. Un po’ perché venti commenti a un nostro articolo non li avevamo mai visti. Il record precedente era sette. Ma la cosa che mi ha entusiasmato è che il pallone è diviso esattamente in due: i mediani e il resto del mondo.
Io ho giocato, una modesta carriera prima che mi cedesse per la terza volta il ginocchio destro, sul campo di Dubino, in Valtellina. Rottura della rotula e del legamento crociato mentre stavo cercando di falciare il trequartista avversario. Mi sono lanciato per stenderlo, mi si è girato tutto, ho sentito un male cane, mi hanno portato all’ospedale, consigliandomi vivamente di darmi a un altro sport.
Che c’entra con Cortesi? C’è che io sono stato un centrocampista di quelli lì, i giocatori che più amo perché esprimono una determinata filosofia del pallone, quella legata al gruppo, opposta all’altra, all’individualismo che c’è a volte nell’ala destra, spesso nel trequartista, sempre nel centravanti, che gioca per segnare. E che, anche se non lo dice, preferisce una partita dove fa una tripletta e la sua squadra perde 4-3 a un successo di misura dove non tocca mai il pallone perché lo stopper è in gran giornata.
Il mediano no. Corre come un ossesso, disturba l’avversario, ha in testa il gruppo e i tre punti. E capita che non si veda. Ma si sente, perché è lui a mettere il piede e il cuore nei momenti difficili, quando gli altri dominano e il ko sembra inevitabile.
Può un mediano, anche uno bravo bravo come Yuri, essere un top player? Questo ha scatenato il dibattito sul nostro sito. Per me sì, anche se forse hanno ragione i lettori che non va così. Basta leggere la Gazzetta dello Sport dove gli articoli e i super ingaggi sono per Messi, Ronaldo e Ibra. Di Medel si parla una volta all’anno. E, allora, via con una serie di provocazioni (sperando vi facciano parlare): chi ha contato di più nell’Italia di Bearzot? Tardelli o Pablito?  E nel primo Milan di Sacchi? Ancelotti o Gullit? Chi in quello record di Capello? Desailly o Savicevic? E nell’Inter del Triplete? Cambiasso o Eto’o?
La Juventus di oggi, la seconda squadra più forte in Europa, gioca con quattro centrocampisti che propongono. Il mediano (di rottura) non ce l’ha. E forse un randellatore alla Gattuso (me lo ricordo a uomo su Cristiano Ronaldo) gli farebbe colmare il gap con il Barcellona. Che in mezzo ha Busquets, uno che fa legna.