Così com’è, ieri, all’inizio della notte, erano più o meno le undici, esco dal bagno, pulito e profumato tra i sinceri applausi dei miei famigliari, costretti in questi due mesi di clausura allo stordimento provocato dai miei piedi puzzolenti, che sanno sempre di gorgonzola.
Nella profonda soddisfazione di aver fatto finalmente la mia parte per contribuire al benessere della nostra piccola comunità, metto le ciabatte e la vestaglietta celeste sottratta anni fa a mia mamma, e vado sul balcone a bere un bicchiere di vino e a fumarmi una sigaretta. Scopro che sono finite, guardo che ore sono sul telefono e mi dico, “va beh, non ci sarà in giro nessuno, chissene, faccio una corsa a prenderle vestito così”.
Prendo la mascherina, quella di Costi, con la bocca e il naso disegnati. Trovo tra le chiavi i sei euro che mi servono e tra i pantaloni la tessera sanitaria, non la mia, persa in chissà quale tabaccaio della Bergamasca, ma quella di Fabio Viganò, collega di Bergamonews, bravo tipo e bravo giornalista, che l’ha scordata un annetto fa nella nostra redazione, una volta che era venuto a farsi due chiacchiere. Ho i capelli freschi di shampoo, quindi ricci ricci, indomabili. Insomma non sono un bel vedere e manco ho messo le mutande, devo stare attento alla vestaglietta, o meglio a tre dei suoi bottoni che sono ribelli, un po’ stronzi e che spesso si aprono quando meno me l’aspetto.
Scendo in strada e in via Santa Caterina è il deserto dei tartari, qualcosa che di solito mi mette addosso un’angoscia fottuta, mentre stavolta mi rassicura. Sono in piazzale Oberdan, sto aspettando il verde per attraversare, diretto alla macchinetta del Gamba, ed ecco la sfiga: da viale Giulio Cesare spuntano una macchina della polizia e un furgone dell’esercito, di quelli con la scritta a mò di sponsor “Strade sicure”.
Li vedo che stanno per svoltare verso via Santa Caterina e tiro un sospiro di sollievo, poi mi notano, fanno la famosa u e si avvicinano, tirano giù il finestrino e mi chiedono: “Cosa sta facendo?”. Li guardo e sono due agenti giovani, un maschio e una femmina, sorridenti. Mi giustifico: “Ragazzi, immagino i vostri pensieri, ma sono una brava persona, sto solo andando a comperare le sigarette, sono appena uscito dal bagno, ho messo la prima cosa che ho trovato”.
Ridono e, forse, giocano: “Ha con sé i documenti?”. Sento una fitta al cuore, che l’unica carta che ho, è la già citata tessera sanitaria di Fabio Viganò. Penso “la rischio”, fingendo con loro di essere il giovane cronista di Bergamonews, che tra l’altro è parecchio bellino, non un bruttone come me. Poi ci ripenso, decido di confessare… “Ragazzi, sono in giro senza portafoglio, ma abito qui, se volete venire su a casa, vi do la mia patente e vi offro pure una birretta per il disturbo”. Mi guardano, e dal loro sorriso mi accorgo che hanno capito che non sono un pericolo per la città di Bergamo, sono solo un po’ scemo, ma tranquillo. E chiudono così il nostro incontro: “Vada pure a comperare le sigarette. Ma faccia un piacere a noi e ai suoi cari: butti via quell’orribile vestaglietta”.
Non lo farò, perché è troppo comoda e poi ci sono affezionato. Ma con lei, al prossimo giro notturno dal tabaccaio, porterò anche gli sguardi divertiti dei due poliziotti, rassicuranti come ce ne sono tanti, come vorrei fossero tutti.

Matteo Bonfanti