Dall’estate del 2016 quando Giampiero Gasperini ha firmato il contratto che lo ha legato all’Atalanta ad oggi, la storia nerazzurra è cambiata radicalmente. Prima una Coppa Italia, due partecipazioni alla Coppa Coppe (semifinale) e alla Coppa Uefa e tanti stagioni tra serie A e B (e uno in C). Dal 2010 con l’avvento della famiglia Percassi consolidamento della permanenza nella massima serie. Poi l’exploit. In quattro stagioni due partecipazioni alla Champions raggiungendo prima i quarti e poi gli ottavi, due all’Europa League, una finale di Coppa Italia e in campionato due volte al terzo posto, una volta al quarto, e un’altra al settimo posto. E la conferma di essere tra le grandi della serie A, in maniera stabile e convincente. Nella stagione in corso in lotta per la terza partecipazione alla Champions con gli ottavi giocati contro il Real Madrid nonché finalista di Coppa Italia. Come corollario, peraltro non secondario, i tanti milioni di euro arrivati sul conto corrente del club atalantino grazie alle cessioni dei suoi giocatori, in Italia e in Europa.
Questa lunga ma necessaria premessa per raccontare il lavoro di Gasperini, autentico Re Mida nerazzurro. La “sua” Atalanta sta ottenendo un’alta considerazione e consacrazione soprattutto nel Vecchio Continente ed è attentamente osservata e rispettata da tecnici come Guardiola, Klopp, Zidane, Tuchel, mentre in Italia è una delle squadre più temute dagli allenatori avversari, anzi, senza esagerazione, la più temuta, vista e considerata la scelta tattica di Conte nell’affrontarla qualche sera fa.
Per un cronista che segue direttamente le sorti atalantine da trentacinque anni l’avvento di Gasperini ha significato un’autentica rivoluzione tecnica, tattica e fisica. Passando dal “prima non prendere gol” di tutti (quasi) gli allenatori precedenti al suo “segnare un gol più dell’avversario”. Sembrava un dogmatico invece ha dimostrato uno spirito innovativo, ancorché pragmatico, cambiando assetti e modificando posizioni dei giocatori. Prediamo la recente partita col Verona: a corto di esterni titolari ha scelto una difesa a quattro, seconda volta dal lontano 11 settembre 2016 (Atalanta-Torino 2-1) , mentre tutti i cronisti si arrovellavano sulla formazione ipotizzando come laterale Ruggeri, De Roon e Toloi, invece la sorpresa con il 4-2-3-1 che ha esaltato Malinovskyi e, per un tempo, Miranchuk. Con la seguente spiegazione: “C’era l’assenza degli esterni di ruolo e poi l’esigenza di trovare una collocazione ad alcuni giocatori come Miranchuk, che ha disputato una buona gara, e Malinovskyi. Là davanti abbiamo tante soluzioni: ci sono poi Kovalenko, Pasalic, Ilicic e Muriel, mentre Pessina così fa l’incursore”. E una dote non comune, quella di “leggere” le partite in corso. Girovagare lungo la penisola durante il week end per commentare le partite dei nerazzurri era ed è prassi consolidata ma il coast to coast calcistico in Europa era un sogno proibito. Dal Grimaldi Forum di Montecarlo per i sorteggi in una cerimonia che sembra un’udienza papale tanto è la forma, agli stadi di Lione, di Liverpool (sponda Goodison Park), di Dortmund, di Copenaghen, di Manchester, sponda City, di Zagabria, di Karkhiv, nelle sperdute lande dell’Ucraina, di Lisbona, di Madrid e, perché no, di Nicosia, nella Cipro splendente di fine autunno ma anche Sarajevo, Haifa e Herning. Senza dimenticare che la pandemia ci ha tolto Valencia, Parigi, Liverpool (sponda Anfield Road) e Amsterdam. Soprattutto il Santiago Bernabeu perché, rispetto all’Alfredo Di Stefano di Valdebebas, è un’altra cosa. Insomma con Gasperini si gira il mondo.
Giacomo Mayer