E’ difficile inquadrare la gioia che ci pervade per l’ennesima impresa della nostra squadra in un contesto in cui, purtroppo, il mala Covid fa assurgere la nostra città a tristissimi primati.
Non sto a citare cifre che lasciano il tempo che trovano perché queste descrivono solo parzialmente il dolore e l’immensità della nostra tragedia.
Continuiamo a sentire parole di vicinanza, affratellamento, condivisione, vediamo politici più o meno importanti sfilare nelle nostre strade quasi volessero accomunarsi al nostro dolore magari solo per meri fini personali, ma la realtà è che niente e nessuno potrà restituirci ciò che è stato tolto.
Bergamo colpita, ferita, in ginocchio, Bergamo che, come sempre, da SOLA cerca di rialzarsi, Bergamo che spesso si identifica nella sua squadra di calcio, il tanto bistrattato oggetto che può diventare fanatismo, violenza, razzismo ma che nel nostro contesto sa anche di rinascita.
Il prato del nostro stadio è come un giardino nel quale l’Atalanta è la pianta che produce a getto continuo nuovi boccioli che diventano fiori dai colori immaginifici.
Non voglio essere frainteso e non mi permetterei di mischiare calcio a dolore, tifo a tragedia, ma togliete il blu ai nostri colori e resterà il nero che sa di lutto. Questa sofferenza ci accompagnerà per tutta la vita, dobbiamo però permetterci di sorridere quando i nostri ragazzi ed il loro condottiero ci regalano imprese, vittorie, sorrisi, che leniranno, seppur molto parzialmente, quello che questa terza guerra mondiale ha provocato.
Non so se siete d’accordo ma ho la sensazione che spesso le nostre imprese che durano ormai da 4 anni, vengano sottostimate quasi fossero exploit che prima o poi finiranno.
Leggevo mercoledì mattina sul Corriere un articolo di uno dei più famosi giornalisti sportivi italiani, Mario Sconcerti, che, in sede di pronostico, ci dava per sconfitti.
Giovedì lo stesso giornalista iniziava il suo articolo scrivendo “la Lazio perde una partita che vale forse una stagione. Un risultato incredibile e al tempo stesso logico, quasi piccolo per l’Atalanta”.
Lo scrivente, scrittore per hobby (tifoso incallito ma presumo obiettivo) avrebbe iniziato l’articolo in questo modo “Dopo 4 goal al Sassuolo, l’Atalanta asfalta anche la seconda in classifica reduce da una lunga striscia di vittorie confermandosi l’unica squadra nel contesto italiano ad abbinare spettacolo a risultati, la Lazio è rimasta in partita solo un tempo”.
Si dirà che sono sottigliezze ma avrei dato subito merito a chi ormai è una realtà consolidata nel panorama calcistico mondiale e non alla squadra sconfitta.
Grazie ai ragazzi e al mister per averci regalato queste due gioie dopo una fase della nostra vita a dir poco infernale. Grazie per aver dimostrato che l’attaccamento alla maglia qui a Bergamo non è parola abusata ma applicata nella realtà. Grazie per non aver esultato esageratamente perché il dolore merita rispetto. Grazie per quegli sguardi che esprimevano vero dolore quando nel silenzio dello stadio risuonavano le note e le parole di “rinascerai, rinascerò”.
Noi siamo Bergamo, noi siamo l’Atalanta.
Danilo Rota