Bergamo – Mentre sono ancora vivi degli occhi dei 50.000 bergamaschi i colori ed i suoni della carovana rosa, indubbiamente una delle tappe più belle del Giro d’Italia 2023, proviamo a riavvolgere il nastro delle emozioni nel ricordo di Felice Gimondi.
Una kermesse internazionale che mancava da un po’ di anni nella nostra città, ma che ha confermato ancora una volta come il ciclismo faccia parte del dna bergamasco. Onore al merito a Giovanni Bettineschi ed il suo staff che ha permesso di “regalarci” questo evento sportivo mondiale.
Per ricordare le fresche emozioni vissute domenica abbiamo incontrato Norma Gimondi, figlia dell’indimenticato campione di Sedrina, donna di sport ed attuale consigliere del C.O.N.I.
A Norma abbiamo chiesto come ha vissuto questa tappa quasi interamente bergamasca.
Norma, quanta emozione ha provato domenica vedendo i ciclisti percorrere le “nostre” strade nel ricordo di papà?
“Tanta emozione perché su quelle strade mio padre si allenava e vinceva: credo che molti bergamaschi, ancora oggi a distanza di quasi cinquant’anni, custodiscano il ricordo di aver visto mio padre in bicicletta sulle strade percorse domenica dai girini”.
Un particolare pensiero è andato alla comunità di Sedrina, paese natale di papà, che ha visto il passaggio dei ciclisti. Il tempo passa ma non si spegne il ricordo e soprattutto l’orgoglio per aver visto un giovanissimo Felice già in sella ad una bicicletta, un vero e proprio destino nella vita di questo grande campione.
“Sedrina non solo geograficamente è stato il punto di partenza di mio padre: sul finire degli anni ’50 inizio anni ’60, ovvero nel dopoguerra, la comunità di Sedrina era molto unità ed i giovani del paese sono cresciuti in un contesto sociale in cui il sacrifico ed il lavoro, oltre che la fede cristiana, erano alla base della comunità. Mio padre non ha mai dimenticato il suo paese d’origine ed i suoi compaesani. Domenica mi sono emozionata nel vedere quante persone a Sedrina erano assiepate a bordo strada: la comunità sedrinese ha nuovamente dimostrato compattezza ed unione in ricordo di un suo figlio”.
Nell’anno di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura, ancora una volta abbiamo potuto constatare che anche il ciclismo è cultura (come argutamente indicato anche nell’annullo filatelico emesso proprio domenica su richiesta di Promoeventi Sport). Una cultura forse ingiustamente e superficialmente considerata “di massa” ma che va oltre i luoghi comuni.
“Tocchiamo un argomento delicato che mi rimanda subito ai numerosi incidenti stradali che vedono coinvolti i ciclisti: di base credo ci sia la mancanza di rispetto e di cultura. La cultura del ciclismo non può scindersi dalla cultura / rispetto per chi utilizza la bicicletta”.
Per sottolineare la figura di Felice è stata realizzata anche una scultura in legno, voluta fortemente da Domenico Bosatelli e Gianpaolo Sana e realizzata da Emiliano Facchinetti. Oltre e ricordare i successi sportivi del grande campione (vincitore di tre Giri d’Italia e di tutte le principali grandi corse oltre che campione del mondo) ci piace ricordare l’iscrizione del cavalier Alfredo Ambrosetti: “il rumore non fa bene, il bene non fa rumore”, chiaro tributo alla statura morale di Felice.
“L’opera di Facchinetti è stata fortemente voluta dall’ingegner Domenico Bosatelli con il quale mio padre ha collaborato negli anni in cui è stato team manager del Team Gewiss – Bianchi: tra loro si era creato un profondo rapporto di stima. Gianpaolo Sana è stato poi fondamentale nel dare esecuzione al desiderio dell’ingegner Bosatelli, coinvolgendomi nel progetto: Giampi è figlio di Tino Sana, amico fraterno del mio papà. L’epitaffio sulla scultura è del cavalier Alfredo Ambrosetti, illustre statista che mi onora della sua preziosa amicizia. L’opera è quindi il frutto di una condivisione di sentimenti e valori che hanno unito grandi uomini e le loro famiglie”.
Norma, dunque il tempo passa ma il ricordo è indelebile e le gesta sportive vengono valorizzate ulteriormente del carattere di papà, uomo di poche parole ma con un cuore grande, vera icona dello sport bergamasco.
“Poco tempo prima che mancasse, chiesi a mio padre: papà, come vorresti essere ricordato? Mi rispose: come un uomo onesto! Prima del Campione mio padre è stato un uomo che ha saputo incarnare i valori non solo cristiani ma anche quelli che contraddistinguono la comunità bergamasca: la professionalità, la determinazione, la serietà, l’onestà e la moralità. Il bergamasco non è di molte parole: contano di più le azioni”.
Pure il suo eterno “rivale” Merckx ne riconobbe la grandezza e, ironia della sorte, fu battuto da Felice proprio nella “tappa del cuore” di Bergamo (Giro del 1976). Basterebbe la frase che pronunciò, con un filo di voce, il giorno in cui papà mancò “…se ne va un pezzo della mia vita…” per illustrare il rapporto tra questi due grandi campioni.
“Sono stati gradi rivali quando correvano ma terminata la carriera agonistica sono diventanti amici in forza della stima reciproca che ha contraddistinto gli anni in cui gareggiavano l’uno contro l’altro”.
Domenica all’arrivo in volata ci è sembrato che lo spirito di Felice aleggiasse sui corridori mentre, con quel sorriso sornione e buono che ne ha contraddistinto la sua vita, li guardava sprintare.
“Sicuramente ma il sorriso più grande è stato senz’altro per il pubblico presente, per tutti i tifosi bergamaschi assiepati a bordo strada e per la sua Sedrina che ancora oggi lo porta nel cuore”.
Mentre termina l’intervista leggendo tanta emozione in Norma, chiudiamo idealmente gli occhi e proviamo a ripercorre la vita di quest’uomo. Ha scritto pagine sportive che tanto ci piacciono e cioè la sana competizione che, come sull’altare della vita, a volte riconosce valore e correttezza dell’antagonista. Per Felice è stato sempre così e questo lo ha eletto campione schivo, leale, nostro.
Giuseppe De Carli