14 mesi di odissea e sospetti assortiti, vedi le malelingue da “er gatoreid de Gasperini”, possono bastare. José Palomino non è colpevole di assunzione di Clostebol Metabolita, uno steroide derivato dal testosterone (quindi prodotto dall’organismo) trovatogli nelle urine nei controlli a sorpresa di Nado Italia (Autorità Nazionale Antidoping) all’inizio del precampionato dell’anno scorso, nel luglio del 2020. Il Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas) di Losanna ha respinto l’impugnazione dell’assoluzione del Tribunale Nazionale Antidoping, avvenuta il 7 novembre scorso a 3 giorni dall’udienza, presentata della Procura Nazionale Antidoping guidata da Pierfilippo Laviani.

Confermata, quindi, la tesi difensiva dell’assunzione involontaria, dopo mesi passati a rovistare casa in cerca di chissà quale pomata cicatrizzante. Un caso durante il quale il difensore dell’Atalanta ha anche dovuto sopportare la separazione dalla compagna con cui ha una figlia piccola. Il trentatreenne difensore tucumano, attualmente l’unico perno a tre nella rosa di Gian Piero Gasperini, a dispetto del recente rientro col Monza prima della pausa per le nazionali, è ancora appesantito dal lungo lavoro di recupero dall’ultimo infortunio, la lesione muscolo/tendinea di terzo grado con riscontro di rottura del tendine distale del muscolo semitendinoso destro sofferta il 3 maggio scorso contro lo Spezia a Bergamo.

Domenica scorsa ha lavorato a Zingonia insieme a Emil Holm, tornato stanco dal doppio impegno con la Svezia (in gol contro l’Austria nelle qualificazioni europee), invece di prendere parte alla trasferta di Firenze. Smentite sul nascere le voci che lo volevano fuori dalla lista dei nerazzurri proprio per via della “trasferta” a Losanna davanti al Tas.