Dai che ce la fai!
Non arrenderti!
Usa la volontà!
Forza!
Credi in te!
Tu puoi farcela!
Non fa male!
Succede spesso che, parlando di ciò che faccio con chi non conosce il lavoro, mi sento dare del “motivatore” o aggettivi simili.
Certe affermazioni possono essere valide se arrivano da un familiare appassionato che sta facendo il tifo e immagina di essere l’allenatore di Rocky.
La figura del motivatore esiste, non solo nella cultura anglosassone, ma si tratta di personaggi che hanno una sola grande qualità: sanno trascinare le masse con “effetti speciali”, magari il singolo si lascia prendere anche lui. E poi?
Parafrasando un vecchio proverbio: “passata la festa, gabbato lu santo”. Finita la manifestazione, il convegno, la riunione, l’eccitazione dell’evento va man mano alleviandosi fino a sparire. Uno rischia di trovarsi anche peggio di prima, perché si convince di essere caduto nell’illusione che l’evento da solo sarebbe bastato a fargli fare un salto quantico e avere un enorme successo e denaro a palate.
Sorry, non è così che funziona!
Motivazione viene da motiv-azione, ovvero la causa che ti mette in moto, che ti fa agire. Pensaci bene: credi davvero che se uno ti grida in faccia certe cose tu ti carichi come una molla e arrivi fino in fondo, vinci la gara e porti a casa la medaglia?
Se bastasse questo, allora puoi ingaggiare un branco di scimmie urlatrici, farle arrabbiare e poi portarle alla partita: vincerai alla grande!!!
In verità il nostro cervello funziona in una maniera differente: per ottenere la miglior performance serve un bel mix di fattori (che vedremo bene nei prossimi articoli) di cui però il più importante è il tuo PERCHE’.
Questo è – a mio avviso – il primo ingrediente della ricetta, quello che non deve mancare, anzi, che deve essere sempre presente nella giusta dose, altrimenti tutto fallisce.
Che si tratti di una partita o di un intero campionato, tu non farai un solo passo in avanti se non saprai chiaramente perché sei lì.
Poi ci sono gli obiettivi, il percorso, eccetera…
Senza un perché chiaro potrai al massimo vincere qualche partita, ma il campionato te lo puoi dimenticare!
E’ come un fuoco “sacro”, che ti brucia dentro costantemente e non smette mai; un’ossessione che non ti lascia, una passione morbosa.
Quando giocavo a basket, la mia squadra era anche il gruppo degli amici più stretti: giocavamo anche la domenica (invece di andare a messa, ma non ditelo a mia madre…), anche con la neve e la pioggia nei campetti all’aperto dei quartieri alla periferia Sud-ovest di Milano dove sono cresciuto.
Ci portavamo anche le ragazze, così si allenavano a fare il tifo per noi…
Sono passati un milione di anni da allora, eppure i ricordi sono ancora vividi, indelebili. Eravamo mossi da una passione autentica.
Cosa c’entra col perché? C’entra eccome: il tuo perché – se ben chiaro nella tua testa – ti metterà in moto e ti farà fare cose che nemmeno puoi immaginare per farti raggiungere il risultato a cui ambisci.
Ma deve essere chiaro nella tua mente. Questa è la VERA motivazione, altro che le scimmie urlatrici!
Massimiliano Bravin

Mindful Coaching
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