Quella corsa e i miei mille ricordi, ero un giovane cronista che seguiva ogni giorno l’Atalanta e al giornale, proprio sulla colonna che divideva la mia scrivania da quella di Dario, c’era il poster della Nord, il tuo viso dentro al divieto di accesso con la scritta in blu sopra e sotto “A Bergamo io non posso entrare”. Mirabili quegli anni, col derby che era un derby, perché con te al comando il Brescia era forte, uguale alla Dea, la sfida infinita tra due squadre con le palle. E tu t’incazzavi per le prese per il culo dei bergamaschi, facendo la tua parte, ridendone un po’ troppo, perché sapevi che pure il campanilismo faceva bene al nostro divertimento. E poi le due interviste per Nerazzurro, con quella dolcezza e simpatia, paterno e unico, disponibile, meravigliosamente politicamente scorretto perché senza filtro, a raccontarle tutte, persino sul Divin Codino, il mio unico dio, il profeta del pallone. Con te se ne va il calcio migliore, quello del Mondo, sfottò, fantasia al potere e gol all’ultimo secondo, i migliori numeri dieci italiani che a fine allenamento si mangiano un panino col salame che gli hai appena preparato. Ciao, Carletto. E grazie per avermi dedicato tre ore della tua autentica e normalissima straordinaria vita
Matteo Bonfanti