di Marco Bonfanti
Io spero vivamente che questo giornale, nella sua versione on-line, abbia lettori anche  Crema e che così, di lettura in lettura, magari giunga anche a chi questo scritto è indirizzato, cioè lo staff tecnico della società Pergolettese. Infatti quello che sto per scrivere non è tanto un articolo, quanto un appello, incentrato sulla richiesta di salvare per l’appunto, il soldato biondo, il quale è un giocatore della Pergolettese, di cui, per le vicissitudini che narreremo, non conosciamo il nome e che resta perciò, per noi, un milite ignoto.   Ora diamo contorno all’appello e narriamo i fatti nella loro, per così dire, crudezza. Domenica a Crema si è giocata la partita Pergolettese-Lecco, valida per il girone B di serie D e finita poi in parità, sull’uno a uno. All’inizio del secondo tempo, quando quindi, lo dico per i profani, mancavano ancora quarantacinque minuti alla fine della partita, il Mister della Pergolettese, un certo signor Tacchinardi, ha mandato a scaldarsi quello che abbiamo definito il soldato biondo. E’ ormai consuetudine, da parecchio tempo, che, all’orario stabilito, l’allenatore mandi a scaldarsi l’intera panchina, poi al massimo ne entreranno tre, ma in questo modo, suppongo, ci si garantisce un’ampia scelta nel tempo che viene.  Il signor Tacchinardi (ma sarà poi quello che giocava nella Juve?) ha fatto invece, domenica, una scelta controcorrente e ha mandato, come già riferito, un solo giocatore al riscaldamento. Costui, cioè il giocatore che faceva biondo di capelli, si è messo di buzzo buono e ha doverosamente cominciato a sciogliersi i preziosi muscoli. Quello che definiamo il soldato biondo ha iniziato, con lieve corsa, ad andare su e giù dalla panchina, fino al limitare estremo del campo. E intanto che se la correva, muoveva in fuori prima una gamba poi l’altra, s’alzava e si abbassava, si girava a destra e poi a sinistra, quindi ricominciava da capo. Insomma faceva quello che serve ad un sano e coscienzioso riscaldamento.  E’ andato avanti così per una decina di minuti, poi si è fermato accanto alla rete di recinzione, ma non per questo ha smesso i doverosi esercizi. Stando fermo faceva ancora tric e trac, fric e froc, su e giù, aperto e chiuso, in alto e in basso. E altri dieci minuti sono andati via così. In tutto ne erano passati venti e il soldato biondo ha cominciato a rallentare  i suoi movimenti, avendo giustamente capito che un conto è riscaldarsi, un altro è friggersi e poi supponendo, a torto, che ormai fosse venuto il momento di entrare in partita. Ma anziché succedere l’inevitabile, vi è stato anche qui un colpo di scena, degno a mio modesto parere, di una storia dalle tinte gialle. Infatti il nostro Tacchinardi, che ci scuserà la confidenza, ha mandato a scaldarsi un altro giocatore della panchina, questa volta moro di capelli. Anche il moro si è impegnato nei movimenti richiesti, mentre il soldato biondo, siamo ormai al venticinquesimo del secondo tempo, li aveva a  tal punto rallentati da farne solo qualcuno, qui e là nel tempo.

Io, a  questo punto, ho detto a Beppe, col quale guardo fedelmente tutte le partite del Lecco, “se l’allenatore fa entrare il moro, io se fossi nel biondo mi incazzerei mica da ridere”. Ciò che presagivo, pur non volendo crederci, è puntualmente avvenuto:  il Tacchinardi ha chiamato il moro e, dopo soli cinque minuti di riscaldamento, lo ha messo in campo.  Il soldato biondo non ha dato segni evidenti di nervosismo, però si è come un po’ rassegnato. Ha quindi reso pressocchè impercettibili i suoi movimenti, ritagliandosi sempre lì vicino alla rete, un ruolo di spettatore, che era quello che principalmente gli spettava, anche perché ormai la partita volgeva alla fine. E qui, se prima eravamo sul giallo, si è invece scivolati nel comico. Il Tacchinardi infatti, vedendo il proprio giocatore bellamente oziare, lo ha richiamato all’ordine, ingiungendogli di riprendere all’istante il dimenticato riscaldamento. Il nostro uomo, che ormai si sentiva assai maturo per l’ingresso, si è tolto i pantaloni della tuta ma non la pettorina, col che io non ho visto il numero che portava sulla maglia e quindi non gli ho potuto assegnare un nome.  Alla fine fine ci sono stati quattro minuti di recupero, io ho pensato che il Mister gli avrebbe concesso almeno quella passerella ed invece niente, dopo un intero tempo di riscaldamento, il soldato biondo ed ignoto, non ha mai fatto il suo ingresso in campo.

Perché un allenatore faccia scaldare un proprio giocatore per tre quarti d’ora senza mai farlo entrare, si presta ad almeno tre ipotesi. La prima è che volesse in qualche modo punirlo per un qualche sgarbo commesso, però io la escluderei in quanto il soldato biondo aveva un viso ed un portamento che portavano ad escludere una qualche marachella in campo o fuori. La seconda, certamente più veritiera, è che l’allenatore abbia pensato ad un certo assetto tattico, ma poi abbia cambiato idea e quello che gli sembrava funzionale prima non lo era più dopo.  Questo assolverebbe il Mister, ma noi l’appello lo facciamo lo stesso: salvate il soldato biondo, signori miei, se lo fate scaldare dategli poi almeno una chance di farsi vedere, che poi magari sugli spalti ci sono pure amici e parenti che sono venuti apposta a vederlo.

Capisco, infine, che questo appello è diciamo così interfeste, andrebbe bene a Pasqua tanto quanto a Natale. Noi lo rendiamo comunque natalizio e diciamo che non è giusto farne venire uno, assegnargli la parte e poi, nella rappresentazione del presepe vivente, manco farlo minimamente recitare, foss’anche solo da pastorello. No, non è assolutamente giusto.

LA FOTO: Tacchinardi e De Paola, rispettivamente mister di Pergolettese e Lecco (LECCOCHANNELNEWS)