Torino – Atalanta 1-2 (0-1)
TORINO (3-4-2-1): V. Milinkovic-Savic 6; Djidji 5, Bremer 6,5 (29′ st Izzo 5,5), Rodriguez 5; Singo 7, Lukic 5,5 (1′ st Rincon 5,5), Mandragora (cap.) 6, Ola Aina 6,5; Linetty 7, Pjaca 6,5 (29′ st Verdi 6); Sanabria 5,5 (20′ st Belotti 6,5). A disp.: 1 Berisha, 99 Gemello, 99 Buongiorno, 27 Vijvoda, 6 Segre, 8 Baselli, 70 Warming, 23 Rauti. All.: Ivan Juric 7 (squalificato, in panchina Matteo Paro).
ATALANTA (3-4-2-1): Musso; Djimsiti, Demiral (38′ st Lovato), Palomino (cap.); Maehle, Pasalic, Pessina, Gosens (38′ st Piccoli); Ilicic (11′ st Miranchuk), Malinovskyi (31′ st Pezzella); Muriel (11′ st Lammers). A disp.: 31 Rossi, 57 Sportiello, 4 Sutalo, 42 Scalvini, 60 Da Riva. All.: Gian Piero Gasperini.
Arbitro: Chiffi di Padova 6,5 (Galetto di Rovigo, Vono di Soverato; IV Minelli di Varese. V.A.R. Abisso di Palermo, A.V.A.R. Giallatini di Roma 2).
RETI: 6′ pt Muriel (A), 34′ st Belotti (T), 48′ st Piccoli (A).
Note: serata calda, spettatori paganti 3.475 per un incasso di 75.615 euro. Ammoniti Demiral, Rincon, Bremer e Musso per gioco scorretto. Tiri totali 19-6, nello specchio 8-2, deviati/respinti 7-3, parati 7-0. Var: 2. Corner 5-1, recupero 1′ e 5′.

Torino – Mancanza di mordente, reparti scollegati, ritmi balneari. E quante albe rovina il Gallo col suo chicchirichì quando pensi di avere il sonno facile? Stavolta no, due tiri in porta e due gol sufficienti allo scopo, anche se l’orobico altrui c’è andato vicino a guastare la festa. Perché all’ultimo tuffo Djidji tiene tutti in gioco (Mandragora si fa passare la sfera tra le gambe) sull’ammollo di Maehle, Pasalic si gira da terra e Roberto Piccoli da Sorisole, promesso allo Spezia dal 14 luglio, insacca tenendola bassa da due passi. La botta e via, la sofferenza che non t’aspetti per l’assenza di Zapatone che ti avrebbe tenuto alta la squadra e anche del filtro frangiflutti De Roon-Freuler (c’era fuori anche Toloi, squalificato al loro pari) e… alla fine la porti a casina nonostante l’estemporanea alzata di cresta dello scavigliato Belotti. Più ostica del previsto la vittoria d’apertura di campionato dell’Atalanta nella tana di un Torino spuntato ma grintoso, forse perché reduce dalle durissime contestazioni prepartita al patron Cairo. Un Luis Muriel non esattamente in forma partita apre la strada confermando di avere il tiro chirurgico di sempre, però i bergamaschi senza gli assenti sono una squadra monca e subiscono conclusioni da ogni dove senza riuscire a confezionarne in proprio.
Un’apertura nello spazio di Ilicic, in un’azione raffinata quanto fulminea in combutta con Malinovskyi e Pasalic, consente all’unico colombiano sano in campo di convergere da destra rientrando sul mancino per una botta secca sotto il primo incrocio. Vantaggio subito da difendere, perché in asse con Singo e un Sanabria in posizione di rifinitore solo la scivolata a corpo morto di Palomino impedisce all’inserimento di Linetty di sfociare nel diagonale del possibile pari. Tutto tra 6′ e 9′, rischiando di beccare alla primissima offensiva locale, ma i granata si dimostrano vivi anche più tardi, quando il loro terminale svetta centralmente e debolmente sollecitando la presa a terra di Musso sulla palla a rientrare di Pjaca. Rientra invece nella categoria delle telefonate di cortesie il sinistro, ma da fermo, di Mandragora diretto nel sette opposto al quarto d’ora: basta il piazzamento per non svaccare. Cosa che stava riuscendo a SuperMario, poi comunque bravo a opporsi al conato da fuori di Aina sulla sua stessa costruzione dal basso dettata da Demiral e venuta un po’ corta. Scollinato il ventesimo, in mezzo a un gioco a sprazzi, il rompighiaccio spreca il possibile bis per il vezzo del passaggio di ritorno sulla combinazione tra l’ucraino e lo sloveno e quindi Singo (22′) chiude provvidenzialmente proprio su di lui dopo l’ammollo dello stesso attivissimo numero 72 con contrasto aereo Bremer-Gosens.
I nerazzurri in kit bianco a righine demodé tendono ad abbassarsi in eccesso, l’esterno di casa stoppa benissimo a un amen dalla mezzora la preghiera di ritorno di Malina a Pessina, che aveva in pratica la navata tutta davanti a sé. Il primo dei due difetta di precisione (31′) a rimorchio del nazionale tedesco sul solito santino di un San Giuseppe ubiquo e virato a centrosinistra nell’occasione. La risposta subalpina c’è e si sente. No stress per il tucumano nel calare la saracinesca di Linetty e per il pampero tra i legni arraffare la ribattuta dalla distanza di Lukic, impedendo loro di dire trentatré e accovacciandosi subito dopo sul dritto per dritto del paraguaiano in linea col polacco. La retroguardia ospite ha già spostato Palomino a perno con la doppia D ai lati (l’albanese a sinistra), ma rischia pure da situazione inattiva, ringraziando la zampata del brianzolo col 32 a una cinquina dall’intervallo per dire di no all’ascensore di Bremer sul corner a due Linetty-Mandragora. Mica finiscono lì i brividi freddi, leggi diagonale d’attacco Linetty-Pjaca-Ola Aina con l’arquero d’Argentina bravissimo a difendere il palo smanacciando a tutto braccio. Al 44′ il capitano dello squalificato Juric manca di poco la mira dai venti metri, roba che in vista della ripresa serve uno sveglione generale. Al rientro dal tunnel Sanabria colpisce da piazzato uno dei suoi in barriera e quindi la punta ex Bologna, anziché svettare, stoppa spalle alla porta il crossetto del suo pendolino a sinistra girando debolmente, disturbato da Palomino, tra le braccia dell’ultimo baluardo. Se Ilicic è costretto a recuperare in copertura sullo juventino in prestito, si fa dura (10′). Figurarsi se Pessina è l’unica ancora di salvezza per impedire alla deviazione di Sanabria sul terzo angolo contro di infilarsi tra sbarra verticale e portiere. Faticaccia infame, entrano Lammers-Miranchuk per Muriel-Ilicic: niente da fare, si subisce. Ci prova di seconda dalla lunga Djidji (17′) chiamando Musso al tuffetto in presa sul tentativo di spazzata di Malinovskyi sulla percussione di Singo entro il lato corto. L’ivoriano corre, anzi vola, e Palomino (23′) deve metterci un’altra estirada. Un giro di lancetta più tardi, il primissimo tiro dalla bandierina atalantino. Entra Pezzella per l’uomo dell’Est con sequela di Gosens a quasi ala, ma la beffa (meritata) è in agguato: azione confusa e insistita del Toro, Musso viene incornato dalla palombella a giro del Gallo (assit di Linetty) con deviazione decisiva di Maehle. Juan spende un fallo fuori area sul pareggiatore lanciato in contropiede da Aina, per fortuna del Gasp Verdi non scrive il suo nome sullo spartito del gol dal limite (43′) provandoci col destro liftato. Sembra tutto finito, invece c’è l’ariete della bassa Val Brembana, un falco, un centravanti opportunista, fisico e bergamasco fino al midollo. Una ciabattata perfetta, quando Rodriguez pareva aver liberato l’area di piena fronte. Il croato è tanto abile da usare Izzo come materasso per pivottare e smazzare l’assist decisivo. Da tenersi stretto, il ragazzo del 2001, salvo accordi con gli Aquilotti.
Simone Fornoni