Torre Boldone – Nello scorso mese di dicembre il Comune di Bergamo ha attribuito, come tradizione, le civiche benemerenze ad alcune associazioni di volontariato della provincia. Tra esse l’Associazione “Piccoli Passi Per…” che si occupa delle persone con sofferenza psichica e fornisce un sostegno concreto anche ai loro familiari. Uno dei cardini dell’Associazione, come si legge nella presentazione del sito, si richiama a questa affermazione: “Vogliamo essere la Voce di chi troppo spesso non ha voce, lavorare insieme contro l’emarginazione, il pregiudizio, la solitudine, a volte l’abbandono, in cui si trovano, ancora oggi, coloro che vivono la dolorosa esperienza della malattia mentale”.
L’Associazione si ispira alla Dichiarazione sulla Salute Mentale per l’Europa (Conferenza Ministeriale Europea dell’OMS sulla Salute Mentale, gennaio 2005): “la salute mentale e il benessere sono fondamentali per la qualità della vita, mettendo in grado le persone di sperimentare la vita in modo denso di significati e di essere cittadini creativi ed attivi. La salute mentale è una componente essenziale della coesione sociale, produttività, pace e stabilità nell’ambiente di vita… La promozione della salute mentale migliora la qualità della vita e il benessere sociale di tutta la popolazione, includendo le persone con problemi di salute mentale e coloro che se ne prendono cura. Lo sviluppo e la realizzazione di piani efficaci per promuovere la salute mentale accresceranno il benessere mentale di tutti “.
Operativa su un vasto territorio che afferisce all’ASST-Papa Giovanni XXIII, al Distretto ATS Bergamo, agli Ambiti Territoriali di Bergamo e Dalmine, e negli ultimi anni, anche ad altre realtà provinciali, sempre più “Piccoli Passi Per …” è diventata un punto importante della rete di salute mentale del territorio.
Per conoscere meglio questa importante realtà abbiamo incontrato la Presidente Camilla Morelli, a pochi giorni dall’Assemblea Ordinaria che si terrà il 10 maggio p.v. h. 20,30 c/o Sala Zapparoli a Bergamo Via Borgo Palazzo 130, che ci ha aperto il cuore e la mente per raccontarci la difficile ma esaltante esperienza di volontariato. Un gruppo che negli ultimi due anni ha dovuto fare i conti con le gravi difficoltà generate dalla pandemia che ha colpito pesantemente anche il mondo del disagio psichico, un virus che non ha colpito solo il corpo ma anche le menti, soprattutto quelle più fragili, creando nuovi e più complessi bisogni di salute mentale.
Camilla, ci racconti innanzitutto da quanto esiste l’Associazione “Piccoli Passi Per …” e da quanti volontari è composta.
“Era il 1996. Eravamo un piccolo gruppo di familiari di persone con disagio psichico, madri, padri, fratelli, sorelle, incontratisi per uno di quei casi fortunati della vita, che attraverso l’esperienza dell’auto-mutuo aiuto scopriva il valore dello “stare assieme” per sostenersi reciprocamente decidendo poi, come si dice oggi, di mettersi in gioco: affidammo l’uno nelle mani dell’altro la solitudine e la fatica della condivisione quotidiana di una delle sofferenze più grandi per “agire” insieme un percorso di cambiamento. È nata così “Piccoli Passi Per…”: un luogo fisico e del cuore dove, passo dopo passo, abbiamo camminato per le finalità che ci eravamo dati: favorire una migliore qualità di vita delle persone con sofferenza psichica attraverso la promozione e tutela dei diritti di salute e cittadinanza, sostenere la famiglia, incentivare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà. Oggi “Piccoli Passi Per…” conta oltre cento soci, familiari, utenti, volontari, sostenitori, ed opera nel territorio di Bergamo con attività divenute via via più ampie e diversificate, aumentando costantemente, nell’ottica del “fareassieme” in cui crediamo da sempre, collaborazioni e sinergie con i Servizi sanitari e sociali, le Istituzioni, la Cooperazione Sociale, altre associazioni di volontariato e tante realtà del territorio.
Nel 2021 ricorrevano i 25 anni della nostra storia che non abbiamo potuto festeggiare anche a causa delle limitazioni anti-covid, vorremmo recuperare quest’anno festeggiando con la Comunità il 25+1!”.
Tra i vari progetti che si possono apprezzare nel vostro quotidiano, più volte ricorre la parola “sollievo”, che mi piace leggere non solo come un elemento caritativo, ma anche come un concreto braccio teso verso le famiglie che vivono ogni giorno questo disagio. Sollievo è il termine più adatto se pensiamo che stiamo parlando di sofferenza, e quella psichica è la più subdola e difficile da intercettare in una società sempre più tesa all’individualismo. È una parola che porta speranza oltre il buio. Direi ancora di più, un “faro” che guida verso una vita meno complicata, dando anche dei sostegni concreti che non siano solo percorsi pedagogici. Camilla, come riuscite a concretizzare questa azione volta al “sollievo”?
“Noi siamo nati con l’esperienza dell’automutuoaiuto e questo rimane il primo sostegno che offriamo quando incontriamo un familiare. La famiglia, in cui il problema del disagio mentale irrompe a sconvolgere equilibri, certezze, aspettative, sostiene oggi il maggior carico di cura, e tuttavia è spesso lasciata sola mentre avrebbe bisogno di ascolto e sostegno. Nel gruppo di automutuoaiuto si prova il ‘sollievo’ di sentirsi compresi senza bisogno di troppe parole o spiegazioni, men che meno giudizi. È un luogo di accoglienza delle emozioni, dello scambio di conoscenze, esperienze, affetti, attraverso cui si impara a convivere con la realtà, ad accettarla per riuscire poi a migliorarla e a migliorarsi, come dice bene il titolo del libro scritto dal gruppo che racconta questa esperienza.: “Accettarsi per rinascere. Gocce di serenità”. Come dice Lei, la parola chiave diventa la SPERANZA. Il nostro sostegno si esprime concretamente anche nell’accompagnamento dei familiari nella ricerca di risposte ai loro specifici bisogni, in particolare nei rapporti con i servizi del territorio, bisogni aumentati in questi anni di pandemia”.
Parliamo appunto della pandemia. Come avete dovuto riprogrammare e “tarare” le mille esigenze che questo disagio crea? Nella sua relazione annuale scrive una frase molto bella: “…accettare i limiti ma non la condizione di impotenza, e provare ad esserci nonostante tutto, rinsaldare i legami, raccogliere esperienze affinché diventino patrimonio…”
“È stato proprio così e speriamo di esserci riusciti. Con la pandemia abbiamo attraversato come tutti lo smarrimento, il tempo sospeso, la consapevolezza dei nostri limiti e della fragilità che appartiene a tutti, il dolore della perdita di persone care e per una comunità sofferente nella nostra terra più che altrove, l’incertezza del futuro…Ma nella quotidianità già segnata dalla sofferenza la fatica si fa più fatica, la solitudine più dolorosa con un senso di abbandono. Per questo, dopo l’inevitabile spaesamento iniziale e sospensione/riduzione delle attività, ci siamo fortemente impegnati ad “adattarci” al cambiamento per portare avanti il compito di “prenderci cura” di chi sperimenta la sofferenza psichica e delle famiglie, in un tempo in cui la salvaguardia dei diritti e della dignità delle persone richiede ancora maggiore attenzione perché più precaria e la pandemia ha accresciuto le fragilità e i bisogni di salute mentale. Abbiamo cercato risorse, prima di tutto dentro noi stessi e nella nostra storia, per reinventarci in ciò che potevamo fare, grazie anche alla ‘rete’ nel territorio che è rimasta attiva e per alcuni aspetti rafforzata, e aggiunto competenze e strumenti nuovi e flessibili per rimanere in relazione al di là dei limiti imposti dalla situazione e tornando in presenza ogni volta fosse possibile. Perché la “relazione” è il fondamento di ogni azione di “cura”, è essa stessa “cura””.
Emblematico in questo senso il progetto “Senza Paura”, un importante progetto pluriennale con focus sul domicilio della persona, realizzato negli Ambiti Territoriali di Bergamo e di Dalmine all’interno del Progetto Distrettuale per la salute mentale (Distretto Papa Giovanni XXIII): “ESCO: DALLA CASA AL TERRITORIO. Percorsi di autonomia per la salute mentale”, finanziato dalla Fondazione della Comunità Bergamasca con la compartecipazione degli Ambiti al 50% dei fondi. Anche durante i periodi di lockdown le attività riabilitative e risocializzanti per persone con disagio mentale (adulti e minori) sono continuate con modalità adatte alla situazione.
In questi anni di pandemia è stata ancora più necessaria anche l’attenzione alla famiglia che, già spaesata di fronte alla novità e problematicità dell’emergenza sanitaria e sociale, vive grandi difficoltà nel prendersi cura della persona fragile e gestire la vita quotidiana: abbiamo mantenuto sempre attivo il Centralino sociale, contattato soprattutto da familiari, e il Gruppo di socializzazione dei familiari con i volontari; rinnovato il Gruppo di auto-mutuo-aiuto e avviato con risorse nostre un nuovo progetto di sostegno “INSIEME SI PUO’”.
Oltre al progetto per la famiglia, ci sono altri progetti nati durante e in relazione alla pandemia?
“Come ho già detto, ciò che è emerso da subito, e purtroppo oggi ampiamente confermato, è che l’emergenza covid non ha certo attenuato i problemi legati alla salute mentale dei cittadini, semmai li ha accentuati e connessi ad altre problematiche. Particolarmente preoccupante l’aumento di persone anche molto giovani che manifestano fragilità psichica. Grazie al contributo dell’Associazione HOMO abbiamo avviato recentemente il Progetto “LABORATORI MICA VAN GOGH…” per ampliare alcune delle attività già promosse dall’Associazione a favore di adolescenti e giovani con disagio psichico, con modalità nuove per aumentare le possibilità di ingaggio e sperimentazione dei giovani.
Un altro bisogno evidenziato dalla pandemia è stata la necessità di saper utilizzare anche gli strumenti virtuali: da qui nel 2020 è nato il progetto: “Connettiamoci: il digitale al servizio del cittadino” realizzato nel gruppo di lavoro “Terra di mezzo” composto da Piccoli Passi Per, Centro Diurno Day-Care, CPS Ovest, Provincia, Circolo Day-Care APS. Si è pensato di creare uno sportello, aperto a tutti e gratuito, per assistenza tecnologica fornita da utenti del Day-Care, in uno spazio concesso dal Comune di Bergamo e in collaborazione con l’Associazione RetroEdicola”.
Ci sono invece progetti che ancora non avete ancora potuto riprendere per la pandemia?
“Purtroppo sì. Ci sono 2 progetti dal carattere innovativo in cui crediamo molto, avviati nel 2019 e tuttora sospesi ma con l’impegno di riprenderli non appena possibile. Parto dal “Progetto ESP”, l’Esperto in Supporto tra Pari, un utente dei servizi di salute mentale che diviene protagonista del proprio percorso di cura e del sostegno ad altre persone. Prevedeva nel 2020 anche un importante convegno sul protagonismo delle persone, con la titolarità della ASST-Papa Giovanni XXIII, sospeso per la pandemia. Altrettanto importante il Progetto “Percorsi alternativi alle sanzioni disciplinari” con il quale Piccoli Passi Per…, attraverso il CSV (Centro Servizi Volontariato) di Bergamo, aveva offerto la disponibilità all’accoglienza di studenti nei propri contesti operativi e progettuali per convertire i provvedimenti disciplinari in attività a favore della comunità, ritenendola un’opportunità significativa per tutti: per i ragazzi coinvolti come momento di crescita, per l’associazione di intercettare persone giovani facendo conoscere la nostra realtà e insieme sensibilizzare sulla problematica della salute mentale, a vantaggio dell’intera comunità. Ho lasciato per ultimo un progetto che ci sta particolarmente a cuore perché riguarda direttamente il rispetto dei diritti e della dignità della persona: “Città libere da contenzione. Insieme si può”. Vogliamo riprendere il confronto con le istituzioni avviato prima della pandemia, con altre realtà operative in salute mentale a livello regionale e nazionale, con la volontà di introdurre un percorso partecipato per costruire Città libere da contenzione a partire da Bergamo”.
In tal senso il “fare comunità” appare uno dei “cementi” principali, soprattutto di fronte agli ostacoli e, come si diceva in apertura, dei pregiudizi che le famiglie che assistete vivevano già prima del covid.
“È così, per questo ho già nominato spesso la “Comunità”. La salute mentale, infatti, un “bene collettivo” come dice l’OMS, si realizza con e nella comunità, una comunità capace di “prendersi cura” della fragilità attraverso reti di sostegno per la persona e la famiglia e attivare da sé risorse per favorire percorsi di cittadinanza: casa, lavoro, socialità, diritti ancora oggi fortemente disattesi per le persone con problemi psichici. Da questo principio nascono i nostri progetti, tutti finalizzati a realizzare, pur con modalità differenti, percorsi per l’autonomia e l’integrazione sociale delle persone con disturbi psichici attraverso l’individuazione e la costruzione di nuove forme di accoglienza e inclusione in una logica di valorizzazione e dialogo all’interno della comunità locale, dei contesti di vita. Giustamente Lei ha parlato di pregiudizi, e io aggiungo stigma e l’esclusione sociale che ne deriva, che pesano ancora oggi su chi vive la sofferenza psichica e sulla famiglia. Da qui il nostro impegno, fin dall’inizio, per attività di informazione/formazione rivolte alla comunità per favorire la corretta conoscenza della problematica della salute mentale e nello stesso tempo individuare potenziali risorse, come i volontari, persone preziose che scelgono di “fare un pezzo di strada” accanto alla persona che soffre per sostenerla nelle difficoltà e aiutarla a ‘ritrovare un posto in mezzo alla gente’”.
Come procede il lavoro di collaborazione in sinergia con le Istituzioni? Il sistema sanitario pubblico è da due anni messo a dura prova dal covid: riesce lo stesso a sostenere le vostre iniziative? E le Istituzioni locali come i Servizi Sociali comunali?
“La situazione creatasi con la pandemia è stata ed è molto difficile. Molte attività dei servizi con la prima ondata sono state sospese o rallentate e, sia pure con qualche variazione nel tempo, non sono mai completamente riprese, con una ricaduta negativa sulle risposte ai bisogni delle persone, in particolare sui percorsi riabilitativi. Ne deriva tuttora un senso di solitudine se non di abbandono della persona e della famiglia, mentre entrambi avrebbero bisogno di ancora maggiore sostegno e interventi mirati a partire dai maggiori bisogni. Purtroppo, il Covid ha fatto emergere e peggiorato le criticità del sistema di “cura” che le associazioni da tempo evidenziavano sottolineando l’urgenza di maggiori investimenti nella salute mentale, oggi del tutto insufficienti, e soprattutto rivolti a potenziare il “territorio”. È un tema molto importante che qui posso solo accennare. Devo dire che abbiamo trovato ascolto soprattutto dal Sociale, in particolare nei Tavoli di Salute Mentale degli Ambiti di Bergamo e di Dalmine ai quali partecipiamo, ripartiti dopo una iniziale sospensione. Tuttavia, permane innegabilmente la complessità e drammaticità della situazione, i bisogni restano alti e insufficienti le risposte, mentre, lo sottolineo di nuovo, cresce costantemente il numero di persone che manifestano fragilità psichiche, quella che viene ormai definita un’emergenza di salute mentale. La questione della salute mentale deve ritrovare OGGI centralità e dignità nelle politiche, nelle istituzioni, nella Comunità!”.
Presidente, ci racconti il progetto che le sta più a cuore in questo momento e che il vostro Direttivo vorrebbe riprendere con vigore.
“Ogni progetto è importante perché costruito a misura della “persona”, dei suoi bisogni ma anche potenzialità e risorse, e richiede continuità per un percorso di ripresa efficace, e auspichiamo che questo avvenga per i progetti già in atto. Ma certamente oggi è prioritario rispondere alla sofferenza psichica tra i giovani e gli adolescenti ed è in questa direzione che vorremmo poter potenziare le progettualità esistenti e avviarne di nuove”.
Sappiamo che anche l’attività di volontariato vive non solo di idee e disponibilità in termini di tempo ma anche di sussidi monetari. In quale modo i lettori di Bergamo&Sport, e chiunque dimostri sensibilità verso questa malattia, possono contribuire anche economicamente, al sostegno delle vostre attività o di un progetto in particolare?
“La nostra associazione realizza attività e progetti, oltre che mediante contributi da parte di Enti Pubblici e Privati, anche con risorse proprie come i proventi dei laboratori, in particolare la falegnameria, che sono in grado non solo di autofinanziarsi ma anche di contribuire ad altre attività dell’Associazione; inoltre, con manifestazioni con raccolta di offerte libere, come il “Vintage per la Gioia” che si è appena concluso con risultati molto soddisfacenti. Rimane tuttavia fondamentale il sostegno anche economico della comunità, del cittadino, sia per favorire la prosecuzione dei progetti anche dopo la scadenza temporale del finanziamento da Enti Pubblici o Privati, dando così continuità ai percorsi riabilitativi e risocializzanti, sia per realizzare nuove progettualità. Sappiamo che la comunità sa dimostrare sensibilità più di quanto si creda e ringraziamo fin d’ora tutte le persone che vorranno sostenere i nostri progetti con donazioni sul nostro c.c. IBAN IT61 G030 6909 6061 0000 0135 863 o con il 5 per mille C.F.95085230167“.
Quale messaggio, per concludere, si sente di lanciare a chi ci legge?
“Anzitutto La ringrazio per l’attenzione dedicata ad una problematica spesso poco “visibile”. Credo che In questi tempi difficili, e accenno solo a quanto sia dolorosa per tutti la nuova tragica vicenda della guerra che si aggiunge alla pandemia, tutti sperimentiamo una qualche forma di fragilità. Questo ancor più dovrebbe chiamare ciascuno a riconoscersi nella fragilità dell’altro e a costruire insieme Salute Mentale di Comunità!!”.
“Piccoli Passi per …” dove di fronte al disagio al disagio mentale ci si propone con la “relazione”, fondamento di ogni azione di “cura”, essa stessa “cura”, come ci ha raccontato con tanta passione la Presidente Camilla Morelli, per non sentirsi più soli, per fare comunità anche nella difficoltà.
Giuseppe De Carli