Torino – Roberto Piccoli, 21 anni, di Sorisole, ha già pronto da qualche settimana il trolley, destinazione La Spezia. Ma nel frattempo veste ancora la maglia nerazzurra, quanto basta per regalare all’Atalanta tre punti d’oro, realizzando il gol del 2-1 a pochi secondi dal fischio finale del bravo Chiffi. Un successo sofferto e, soprattutto, inatteso perché l’andamento della partita col Torino stava dicendo tutt’altro. Certo, la solita perla-gol di Muriel, al 6′, prometteva piuttosto bene. Si sa, il calcio è un gioco beffardo e anaffettivo, perché possiede una crudeltà specifica ed ecco che si può vincere anche giocando male. Spesso è sufficiente non demordere e cercare di azzannare l’avversario, in quel momento più forte. Sì, perché la formazione granata, almeno per quanto si è visto all’Olimpico Grande Torino, non è nemmeno un po’ lontana parente della squadra senza né capo né coda della passata stagione. Insomma la cura Juric sta funzionando tanto da mettere in seria difficoltà i nerazzurri dal 7′ del primo tempo al 92′. Infatti sono stati 85′ di sofferenza, dura e pura.

Tutti quanti noi bergamaschi, forse, ci siamo fatti abbindolare dal Toro messo in crisi dalla Cremonese in Coppa Italia. Seppur l’Atalanta abbia dovuto presentarsi con una formazione rabberciata, causa infortuni e assenze di Toloi, De Roon, Freuler, Zapata e Hateboer, si è subito pensato ad una partita facile, considerato lo stato di salute degli avversari. Invece è successo proprio il contrario, perché il Torino ha fatto la partita e i nerazzurri l’hanno subita. Dunque gol di Muriel e poi tutti costretti all’indietro, perché il Toro aveva una gran voglia di pareggiare. La tattica dei granata era ab bastanza semplice, addirittura banale: lunghi lanci di Milinkovic-Savic, il portiere fratello d’arte, per la testa di Sanabria, apposta per saltare il centrocampo nerazzurro, evitando così che potesse impostare la manovra. I difensori atalantini, un portentoso Palomino e un palliduccio Demiral, anticipavano a turno l’attaccante paraguaiano ma poi il pallone finiva tra i piedi di Linetty, Pjaca o Mandragora, un po’ meno di Lukic, sempre shcermato da Pessina, che avevano la meglio su un disorientato Pasalic. Permettendo così a Singo e Aina di spingere a tutta forza sulle linee laterali, costringendo Gosens e Maehle a starsene quatti quatti per evitare imbucate deleterie. Per fortuna i due esterni granata non hanno tra i piedi il senso del gol e per Musso le parate erano sicure.

Intanto però il Toro aggrediva e correva con maggior forza e in mezzo al campo Pessina e Pasalic erano spesso sopraffatti anche perché Malinovskyi, ancora lontano dalla condizione migliore, faticava a trovare una posizione di sostegno agli altri due. E allora sarà opportuno che arrivi l’ormai famoso centrocampista di complemento, Nandez o Thorsby che sia. Eppure la porta di Musso non correva pericoli esiziali. Nel secondo tempo stessa musica, anzi l’ingresso di Rincon aumentava la forza fisica e una certa brutalità calcistica dei locali, e allora in campo forze fresche: a sorpresa Lammers, poi Miranchuk al posto di Muriel e di Ilicic, un assist nell’occasione del gol e tanta fatica, quindi Lovato per Demiral, Pezzella per Malinovskyi con Gosens in posizione avanzata. Il gol del pari, seppur strameritato, era casuale: tiro di Belotti, deviazione di Maehle e gol beffa per Musso. A sette minuti dalla fine, ecco Piccoli, fuori Gosens. Fino a quando Miranchuk, Maehle e Pasalic confezionano l’azione del gol: pallone messo alle spalle di Milinkovic-Savic dall’enfant-du-pays, liberissimo nell’area piccola. Gioie e pianti si consumano al fischio finale, mentre i 500 tifosi atalantini esultano come matti. Chi ben incomincia…
Giacomo Mayer