Tra le piazze più calde del momento, in una fase scandita da incertezze economiche e dall’impossibilità di conoscere con esattezza il futuro di aziende e società sportive, spicca la Pradalunghese, sconquassata dalle dimissioni del presidente Giovanni Fiammarelli, emerse dal consiglio direttivo andato in scena la scorsa settimana. Una notizia a dir poco clamorosa, che acquisisce ancor più rilevanza con il ruolo di primissimo piano ricoperto, negli ultimi anni, da una realtà che non ha certo avuto paura di nascondere la propria ambizione. Dal favoloso “Double” offerto cinque anni fa, con tanto di campionato di Prima categoria e Coppa Lombardia alzata al cielo nella magica notte di Azzano San Paolo, ai sistematici favori del pronostico concessi, in Promozione, a una squadra che per quanto imbottita di fuoriclasse è andata immancabilmente a sbattere sul massiccio equilibrio che caratterizza la categoria. Alla luce dell’indubbio potenziale riguardante i biancorossi, le aspettative sono state disattese, ma non può nemmeno essere trascurato il dato proveniente dalle tre qualificazioni ai playoff, raggiunte in quattro anni comunque appassionanti. Dopo i playout della stagione scorsa, e una sofferta salvezza ottenuta grazie al successo nel doppio confronto con l’allora Atletico Chiuduno, il campionato appena andato agli archivi tiene fede al trend, con gli uomini di Giovanni Astori troppo discontinui e lontani da un primo posto che, ad oggi, vale da unica carta plausibile, verso il salto in Eccellenza. Nell’attesa che le istituzioni del calcio ci regalino maggior chiarezza, verso uno scenario definitivo ma pur sempre incerto, alla luce di un’emergenza sanitaria destinata a protrarsi nel tempo, ecco emergere il passo a lato compiuto dal presidente Fiammarelli, sì stanco ma sempre innamoratissimo della propria creatura sportiva. “I risultati non c’entrano con le mie dimissioni – sentenzia l’ormai ex numero uno biancorosso – semmai, per analizzare questa mia decisione bisogna considerare i tredici anni di presidenza, caratterizzati da una precisa impronta, che in quanto tale comporta anche una fatica. Ho mandato un preciso segnale a tutta la società, ma la mia volontà di restare nella Pradalunghese non è in discussione. Semplicemente, se arriverà qualcuno pronto a rilevare il mio testimone sarò ben lieto di offrire il cambio. E la mia passione per la Pradalunghese proseguirà immutata. Quando si analizzano tredici anni di presidenza, non si può vedere tutto nero, come è stato fatto in questi ultimi giorni. E’ chiaro che quando si vive di aspirazioni molto alte, come nel nostro caso, la pressione diventa un fattore molto delicato, ma non possiamo trascurare cosa è stato fatto nei cinque anni complessivi di Promozione: ci sono stati i playout, ma ci sono state anche tre qualificazioni ai playoff. Quando parti con i favori del pronostico e poi arrivi terzo o quarto, sembra tutta una sconfitta, ma bisogna più saggiamente accettare il verdetto del campo e ripartire da lì, verso il rialzo dell’asticella. In questo momento, non me la sento più di fare il presidente, ma deve essere ben chiaro che i risultati non hanno nulla a che vedere con la mia decisione”. Un’altra netta affermazione riguarda lo scenario forse più suggestivo che è stato mandato in onda negli ultimi giorni, scanditi dalle più variegate ipotesi e anche da qualche faciloneria. Fiammarelli respinge seccamente l’eventualità legata al “ritorno in patria” del suo profeta più rappresentativo, Gigi Zambelli, anch’egli protagonista della scorsa settimana con l’acclarato addio alla direzione sportiva del Ponte San Pietro e che, dopo le dimissioni di Fiammarelli, aveva speso, via social, parole al miele per l’ex presidente. I due eventi, per quanto altrettanto clamorosi, non sono correlabili: “Respingo fermamente che le decisioni, assunte da me e da Gigi, siano in qualche modo collegate. Ora sta alla società valutare l’eventuale ingresso di nuovi soggetti, ma ad ora il ritorno di Zambelli non è nei programmi. Io non me ne vado per i risultati, tantomeno per presunti dissidi con i giocatori o i direttori. Ho solo ponderato una decisione che è figlia dei tanti anni di presidenza e ora la palla passa al consiglio direttivo”.
Nik